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  • Salto detto del "Cavalciotto" sul fiume Bisenzio, Prato.zoom in altra finestra
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Salto del "Cavalciotto" sul Bisenzio

La città di Prato era dotata di un complesso sistema di canalizzazione delle acque che, grazie a sbarramenti e gore, attraversava la città in varie direzioni. Le acque del Bisenzio erano incanalate a monte di Prato, nella zona detta salto del "Cavalciotto", intorno alla quale si espresse anche Galileo Galilei (le strutture idrauliche del "Cavalciotto" si incontrano lungo il suggestivo percorso ciclabile che da Prato sale verso Vaiano). Nei pressi di Porta al Serraglio le acque si ripartivano in quattro gore, di cui una, diretta verso la campagna, era utilizzata per l'agricoltura e per alcuni mulini e opifici, mentre le altre tre entravano in città, fornendo forza motrice alle varie manifatture cittadine.

Le minacciose piene del Bisenzio furono sempre oggetto di grande attenzione. Nel 1630 Galileo fu invitato dal Granduca Ferdinando II de' Medici, in qualità di suo matematico primario, a partecipare ad un sopralluogo presso il fiume Bisenzio, insieme all'architetto granducale Giulio Parigi e agli ingegneri Alessandro Bartolotti e Stefano Fantoni. La visita fu poi rinviata per dar modo a Galileo e a Parigi di esaminare le proposte elaborate dagli ingegneri. Bartolotti pensava di eliminare le tortuosità del fiume riducendolo a canale, mentre Fantoni riteneva che il fiume dovesse mantenere il suo corso naturale, intervenendo soltanto nei punti più pericolosi, soprattutto rafforzandone gli argini. Quest'ultima ipotesi fu sostenuta anche da Galileo in una lunga lettera a Raffaello Staccoli del 1631. Fantoni e Galileo, riconoscendo la causa principale delle inondazioni del Bisenzio, proponevano di liberare il letto del fiume, liberandolo dai depositi che provocavano il rialzamento del livello dell'acqua. In merito alle soluzioni proposte dal Bartolotti, lo scienziato pisano si espresse, invece, piuttosto criticamente, avvalendosi di alcuni ragionamenti matematici. Successivamente, Galileo denunciò la presenza dello stesso problema per altri fiumi dell’Osmannoro, per i quali esortò a prendere analoghi provvedimenti. Gli studi sul Bisenzio costituirono motivo di scambi epistolari tra Galileo, Benedetto Castelli, Andrea e Niccolò Arrighetti sul problema della velocità delle acque correnti. A Castelli, Galileo inviò copia della sua lettera allo Staccoli. Anche Cesare Marsili, nel 1631, scrisse a Galileo a proposito del Bisenzio, sottolineando le analogie tra questo fiume e il Reno.

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Scheda a cura di Graziano Magrini

Data aggiornamento 12/gen/2008