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  • Esterno dell'ex Ospedale di Santa Fina dove è ubicata la Spezieria di Santa Fina, San Gimignano.zoom in altra finestra
  • Utello (ampollone) con versatoio a becco, con l'emblema dello Spedale di Santa Fina, San Gimignano.zoom in altra finestra

Spezieria di Santa Fina

La Spezieria fa parte, insieme al Museo Archeologico e alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea "R. De Grada", dei Musei Civici di San Gimignano, ospitati nell'ex Conservatorio di Santa Chiara.

La sua origine è molto antica, perché è collegata direttamente all'Ospedale di Santa Fina, fondato all'indomani della morte della Santa (12 marzo 1253) grazie alle offerte dei pellegrini e all'intervento del Comune che ne promosse la costruzione e ne assunse il patrocinio. L'Ospedale accrebbe rapidamente il suo patrimonio grazie a donazioni che consentirono acquisti di terre, di case e di mulini e, nel corso del Quattrocento, accorpò anche altri piccoli ospedali. Nel 1584 passò alle dipendenze del Magistrato del Bigallo di Firenze sotto il quale rimase fino al 1777. Nel 1816 fu infine accorpato allo Spedale di Santa Maria della Scala di Siena.

Intorno al 1505, all'interno dello Spedale, furono adibiti a spezieria due locali che nel corso del tempo, in particolare tra il 1679 e il 1685, furono ampiamente ristrutturati: lo spazio a disposizione occupò quattro ambienti e la farmacia divenne accessibile al pubblico. L'ultimo ampliamento, su sette ambienti, è del 1876, ma pochi anni dopo la farmacia fu soppressa.

Tra i rendiconti delle spese effettuate al tempo delle grandi epidemie di peste (1630-33), si leggono curiose testimonianze dei rimedi preparati nella farmacia e applicati durante l'epidemia. Centinaia di libbre di miele furono usate come lenitivo e anticatarrale. Una notevole quantità di viole mammole, oltre che essere parte in vari medicamenti, dovevano essere impiegate per disinfettare ed odorare gli ambienti chiusi dello Spedale. Si riteneva, infatti, che il contagio avvenisse attraverso l'aria miasmatica e, quindi, un grandissimo numero di ricette riguardava la fabbricazione di pomi odoriferi da accostare alle narici per "filtrare" l'aria da respirare. Inoltre, per evitare che il "veleno" inalato si mescolasse con la saliva, si consigliava di masticare radici amare che disinfettavano il cavo orale, e si prescrivevano preparati sudoriferi o purganti per espellere il "veleno" attraverso la traspirazione o per via intestinale.

Oggi la raccolta della farmacia comprende prevalentemente vasi in ceramica (dalla seconda metà del Quattrocento al Seicento provenienti dalle manifatture di Montelupo Fiorentino) e contenitori in vetro (dal Seicento all'Ottocento) con preparati medicamentosi, oltre a suppellettili e arredi. L'esposizione occupa un piccolo corridoio e due sale, una delle quali riproduce la farmacia con gli scaffali e il bancone dell'Ottocento, mentre l'altra presenta la ricostruzione del laboratorio.

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Scheda a cura di Antonella Gozzoli

Data aggiornamento 04/gen/2008