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Il planetario di Archimede

Cicerone (106-43 a.C.) riferisce che, dopo la conquista di Siracusa nel 212 a.C., il console romano Marcello aveva portato a Roma un globo celeste e un planetario costruiti da Archimede (287-212 a.C.). Il planetario era un oggetto straordinario che mostrava a ogni rotazione la Luna levarsi dopo il Sole sopra la Terra immobile, le eclissi di Luna e di Sole a intervalli di tempo debiti, nonché i moti degli altri cinque pianeti noti: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno (De re publica, I, 14, 21-22; Tusculanae disputationes, I, 63). Questo planetario è menzionato anche da Ovidio (I sec. a.C.) nei Fasti (VI, 263-283), da Lattanzio (IV sec. d.C.) nelle Divinae institutiones (II, 5, 18) e in un epigramma di Claudiano (IV sec. d.C.) intitolato In sphaeram Archimedis. In particolare, Claudiano aggiunge che lo strumento era racchiuso in una sfera stellata di vetro.

Purtroppo non è rimasta alcuna descrizione dettagliata dei meccanismi che animavano il planetario di Archimede. Nel 1974 lo storico della scienza Derek J. De Solla Price ritenne che lo strumento funzionasse con treni di ingranaggi simili a quelli presenti nel meccanismo di Antikythera, risalente al I secolo a.C. Al contrario, nel 1975 lo storico dell'astronomia Otto E. Neugebauer concluse che nessun meccanismo del genere poteva combinare il moto diurno degli astri attorno ai poli celesti e i moti del Sole, della Luna e degli altri pianeti lungo l'eclittica, come sembra emergere dalle parole di Cicerone.

Con il planetario esposto in mostra non si intende avanzare alcuna nuova ipotesi sul reale aspetto dello strumento realizzato da Archimede, bensì, più modestamente, evidenziare la complessità di un meccanismo in grado di simulare, all'interno di una sfera stellata di vetro: 1) il moto diurno degli astri intorno a una Terra immobile, 2) i moti mensile e annuo della Luna e del Sole lungo l'eclittica, 3) le eclissi di Sole e di Luna a intervalli di tempo debiti.



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