Il cannocchiale di Galileo - L'altezza delle montagne lunari

Versione dinamica

Sin dall'autunno del 1609 Galileo (1564-1642) intraprese l'osservazione della Luna, della quale realizzò alcuni disegni di grande efficacia.
In aperto contrasto con la tradizione aristotelica che voleva i corpi celesti perfettamente sferici e levigati, la superficie lunare, osservata al telescopio, presentava avvallamenti e protuberanze. Galileo aveva inoltre notato la presenza di piccole zone luminose situate nella parte oscura del disco lunare in prossimità del terminatore, la linea di separazione tra la parte illuminata e quella in ombra. Col progredire dell'alba sulla superficie lunare, le macchie luminose si univano poi alla zona illuminata. Galileo attribuì correttamente il fenomeno alla presenza di rilievi montuosi le cui alte cime vengono raggiunte dai raggi solari prima delle zone sottostanti, esattamente come avviene sulla Terra quando, all'alba, le vette delle montagne sono già illuminate dai raggi del Sole, mentre il fondovalle è ancora immerso nel buio. Con un metodo semplice ma ingegnoso, Galileo fu in grado di calcolare l'altezza dei monti lunari. Egli infatti stimò la distanza della montagna dal terminatore in circa un ventesimo del diametro apparente della Luna. Dividendo quindi per 20 la lunghezza del diametro lunare vero, nota fin dall'antichità, ricavò la lunghezza del segmento FA. Applicando poi il teorema di Pitagora, al triangolo rettangolo GAF, trovò l'ipotenusa FG. Essa rappresenta la distanza della vetta della montagna dal centro della Luna. Sottraendo da questa il raggio lunare, si ottiene così l'altezza della montagna.

 

 

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