Il cannocchiale di Galileo - Dalla bottega agli astri

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Galileo (1564-1642) (fig.1) realizzò il suo primo cannocchiale, capace di 3 soli ingrandimenti, nell’estate del 1609. Ma già il 21 agosto di quell’anno, sul campanile di San Marco (fig.2), alla presenza del Doge e di altri notabili veneziani, egli presentò uno strumento da 8 ingrandimenti, che gli valse la conferma a vita della cattedra padovana di matematica con mille fiorini all’anno di stipendio (fig.3) . In novembre, Galileo disponeva di un cannocchiale (fig.4) capace di ben 20 ingrandimenti, cioè di gran lunga più potente di tutti quelli all’epoca circolanti in Europa, i quali utilizzavano comuni lenti da occhiali, di bassa qualità e di focali non idonee. Gli strumenti approntati da Galileo avevano prestazioni nettamente superiori al cannocchiale (fig.5) ad esempio da 6 ingrandimenti col quale l’inglese Thomas Harriot (1560-1621) (fig.6), aveva eseguito nel luglio del 1609, osservazioni e disegni della superficie lunare. Grazie alla potenza del suo strumento, Galileo ottenne risultati straordinari nelle osservazioni della luna (fig.7), dimostrò, infatti, che la sua superficie (fig.8) non è perfettamente sferica ne immacolata riuscendo perfino a calcolare l’altezza delle montagne lunari (fig.9). Successivamente, Galileo effettuerà l’eccezionale serie di scoperte astronomiche, esposte nel Sidereus Nuncius (Venezia, 1610) (fig.10), pubblicato nel marzo del 1610, e destinate a rivoluzionare per sempre la tradizionale visione del cosmo. Egli scoprirà, da prima l’esistenza, di una miriade di nuove stelle (fig.11), mostrando che la stessa Via Lattea «non è che un ammasso di innumerevoli stelle disseminate a mucchi». E ancora, osserverà (fig.12, fig.13) le strane apparenza di saturno, delle quali quasi mezzo secolo dopo, Christiaan Huygens (1629-1695) individuerà la vera causa, la presenza, cioè,di un anello intorno al pianeta (fig.14); poi osservò per primo le fasi di Venere (fig.15), che dimostravano in maniera conclusiva il moto di rivoluzione del paineta attorno al Sole. Ma la scoperta che gli procurerà fama immortale fu quella compiuta, nel gennaio del 1610, dei quattro satelliti di Giove (fig.16), che Galileo, in omaggio alla dinastia che governava la Toscana , denominò Astri Medicei (fig.17).

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