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La Gioconda in Toscana

ritratto di leonardo

 
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La notorietà a livello planetario della Gioconda è un fenomeno che si è affermato nel XX secolo in conseguenza di clamorosi eventi che portarono questo dipinto all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. L’audace furto del 1911, la dissacrante rivisitazione di Duchamp con la scritta L.H.O.O.Q. ("Elle a chaud au cul") del 1919, l’attentato del 1957, i contestatissimi viaggi in USA nel 1963 e quindi in Giappone e in URSS nel 1974, quasi scompaiono dinanzi alla celebrità di cui l’opera ha goduto in anni recentissimi a seguito del libro Il Codice da Vinci di Dan Brown.

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Problemi di identificazione

C'è un ampio dibattito intorno all'identità, alla committenza e alla datazione della Gioconda.

Le ipotesi più accreditate collegano, comunque, il dipinto a Firenze: esso sarebbe stato eseguito per ritrarre Monna Lisa Gherardini, nella quale André Chastel riconosce la Gioconda ricordata nella leggenda vasariana. Secondo l'autore aretino, infatti, l'opera sarebbe stata dipinta per Francesco del Giocondo, tra il 1502 e il 1506, restando incompiuta. Invece, in base a quanto dichiarò lo stesso Leonardo al cardinale d'Aragona, mostrandogli il quadro nella sua residenza di Cloux (Clos Lucé) ad Amboise, il dipinto raffigurerebbe una «certa donna fiorentina, facto di naturale ad instantia del quondam Magnifico Juliano de Medici». Si tratterebbe quindi del ritratto di una favorita di Giuliano de' Medici che, in base allo stile della pittura, sarebbe databile agli anni intorno al 1514, quando Leonardo era al seguito di Giuliano a Roma e a Firenze.

 

Se accettiamo l'ipotesi di Chastel, nella Gioconda dovremmo quindi riconoscere Lisa Gherardini, nata Firenze, in Via Maggio, nel 1479. La sua famiglia possedeva poderi dati in affitto a Panzano in Chianti (Ca' di Pesa) e San Donato in Poggio (Cortine, Selvaramole e San Silvestro) oltre a una villa a Vignamaggio, venduta in seguito a dissesti economici. Il podere di San Silvestro costituì invece la dote di Lisa quando costei, nel 1495, andò in sposa al setaiolo Francesco di Bartolomeo del Giocondo.

Dall'unione nacquero cinque figli; del primogenito, nato nel 1496, Leonardo, secondo la testimonianza dell'Anonimo Gaddiano, fece il ritratto "al naturale". Nel 1502 nacque il terzogenito Andrea e l'evento avrebbe potuto giustificare l'esecuzione di un ritratto della madre.

In base ai documenti pubblicati da Giuseppe Pallanti, oltre che da Josephin Rogers Mariotti, sappiamo che Lisa Gherardini rimase vedova nel 1538; trascorse gli ultimi anni nel Convento fiorentino di Sant'Orsola, dove morì il 15 luglio 1542 e fu sepolta (anziché nella tomba di famiglia del marito alla Santissima Annunziata). Ciò smentisce definitivamente un'altra tradizione che la vorrebbe morta e sepolta a Lagonegro, in Basilicata.

 

Per quanto riguarda invece l'ipotesi che vorrebbe riconoscere nella Gioconda una favorita di Giuliano de' Medici, la proposta di identificazione più accreditata è quella con Isabella Gualanda. Quest'ultima teoria non appare, però pienamente convincente essendo lei di famiglia toscana ma originaria di Pisa e non di Firenze. Isabella era nata intorno al 1491 a Napoli (ciò spiegherebbe la denominazione, da parte di Lomazzo, della Gioconda come "Mona Lisa napoletana") dal pisano Ranieri Gualandi e da Bianca Gallerani, cugina di quella Cecilia che era stata ritratta da Leonardo nella Dama con l' ermellino.

Rimasta vedova (e questo spiegherebbe il velo nero della Gioconda) nel 1514, poteva essere a Roma, nella cerchia di Vittoria Colonna, la donna amata da Giuliano de' Medici, un anno prima che questi sposasse Filiberta di Savoia. Era la bella Lisa Gualanda la donna amata anche da Enea Irpino, che ne esaltò nel Canzoniere un ritratto eseguito da Leonardo?

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Lo sfondo

Per l’individuazione del paesaggio, un tentativo interessante è stato compiuto nel 1993 da Carlo Starnazzi e Cesare Maffucci, che hanno proposto l’identificazione del ponte con quello di Buriano, sull’Arno presso Arezzo. Questo ha evitato che l’antico ponte fosse sommerso dalle acque di un lago artificiale; la proposta di identificazione non è però priva di problemi perché Leonardo tendeva a ispirarsi all’osservazione dal vero della natura per poi idealizzarla.

 

Sicuramente Leonardo attraversò il ponte di Buriano; ma quando lo disegnò nella carta RLW 12278, databile intorno al 1503, lo raffigurò in maniera chiaramente diversa rispetto a quello della Gioconda. Tuttavia Leonardo potrebbe averlo attraversato e memorizzato ancora verso il 1513-1514, andando a Roma e tornando a Firenze, per poi rappresentarlo idealmente nel paesaggio del dipinto.

 

L’altra ipotesi che le montagne sullo sfondo del quadro siano state ispirate dai calanchi del Valdarno, nella zona di Reggello, si contrappone, invece, all’opinione di coloro che vi riconoscono la suggestione di paesaggi alpini.

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Testimonianze

È più che probabile che Leonardo abbia eseguito il cartone di una Dama al balcone come la Gioconda nei primi anni del Cinquecento: di questo, come di altri cartoni fiorentini, quali ad esempio quelli della Sant’Anna o della Battaglia di Anghiari, non si conosce la collocazione; da questo cartone Raffaello avrebbe potuto trarre ispirazione per ritratti come quello di Maddalena Doni che si conserva a Firenze, nella Sala di Saturno della Galleria Palatina (Palazzo Pitti).

 

Nel 1739 una Gioconda era inventariata a Firenze nel Palazzo dei Mozzi.

 

Un affascinante dipinto in chiave di romanticismo storico, con la rievocazione leggendaria di Leonardo che dipinge la Gioconda attorniato da musici, si conserva a Siena presso l’Istituto Statale d’Arte ed è una grande tela che Cesare Maccari dipinse a 23 anni, nel 1863.

Una serie di incisioni sulla fortuna del dipinto è esposta a rotazione presso il Museo Ideale di Vinci, insieme a due delle Gioconde L.H.O.O.Q. di Duchamp.

 

Nel 1913, due anni dopo il furto compiuto al Louvre da Vincenzo Peruggia, la Gioconda fu ritrovata a Firenze, grazie all’antiquario Geri e al soprintendente Poggi, in una camera dell’albergo "Tripoli e Italia" (oggi "Hotel La Gioconda" in Via Panzani 2). Si trattò di un recupero clamoroso; il quadro fu temporaneamente esposto agli Uffizi e poi tornò a Parigi, nel gennaio 1914, mentre la sua celebrità s’ingigantiva.

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Scheda a cura di Alessandro Vezzosi, con la collaborazione di Agnese Sabato

Data aggiornamento 05/feb/2008