Giulia Ammannati
La famiglia Ammannati, alla quale la madre di Galileo apparteneva, era originaria di Pescia e si era trasferita a Pisa intorno al 1536. Gli Ammannati non erano di umili origini: tra gli antenati di Giulia, infatti, viene ricordato il card. Iacopo Ammannati (1422-?), segretario di papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini (1405-1464).
Giulia aveva tre sorelle, Diamante, Dorotea ed Ermellina, e un fratello, Leone. Del padre, Cosimo, che era stato commerciante di legnami, è noto solo che alla data del matrimonio della figlia con Vincenzo Galilei, il 5 luglio 1562, era già morto. A farsi carico della dote fu Leone, il quale, oltre a versare una somma di denaro, garantì ai due sposi il vitto per un anno.
Giulia raggiunse il marito a Firenze nel 1574, portando con sé i figli. Alla morte di Vincenzo, nel 1591, l'onere del sostentamento di madre e fratelli ricadde sulle spalle del giovane Galileo, da poco professore di matematica allo Studio di Pisa. Di questo periodo rimane una lettera, nella quale imputava a un periodo di malattia della madre la causa delle sue mancate lezioni all'Università di Pisa, per le quali dovette corrispondere una multa: Galileo parla addirittura di una "gravissima infermità, et quasi che mortale", che non ebbe, però, esiti fatali.
Di Giulia rimangono alcune lettere inviate a Galileo, trasferitosi a Padova, nelle quali lamenta il silenzio del figlio oppure lo invita a ricordarsi del debito contratto per la dote della sorella Virginia. Ogni tanto la donna lo raggiungeva a Padova e queste visite, a causa del suo carattere difficile risultavano molto pesanti per il figlio. Nel 1604 Silvestro Pagnoni, un dipendente di Galileo, denunciò lo scienziato all’Inquisizione perché praticava l’astrologia giudiziaria e non era ligio alla prassi religiosa. A sostegno delle proprie accuse citò anche la testimonianza di Giulia Ammannati (“Ho ben inteso da sua madre che lui mai si confessa e si comunica”), la quale arrivò addirittura a farlo spiare, per vedere se andasse a messa o piuttosto si recasse dalla compagna Marina Gamba. Mai accettò di buon grado la relazione del figlio e nella seconda parte del 1609, dopo essersi recata in visita a Padova, tornò a Firenze portando con sé la nipote Virginia, della quale si prese cura fino al ritorno del padre in Toscana l'anno seguente.
Morì nell'agosto del 1620 e venne sepolta nella Chiesa del Carmine a Firenze.
Data aggiornamento 17/dic/2008