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Ex Ospedale psichiatrico di Fregionaia

Nel 1769 il Senato della Repubblica lucchese formulò al Pontefice Clemente XIV (Lorenzo Ganganelli) una richiesta per ottenere la soppressione del Monastero dei Canonici Lateranensi di Santa Maria di Fregionaia. L'anno seguente, dopo altre "suppliche", il Papa, con breve «Bonus ille pastor aeternus», sancì la soppressione del Monastero, a condizione di utilizzare gli utili in opere di assistenza nello Spedale lucchese di San Luca della Misericordia. Fu così deciso di destinare la struttura al ricovero e alla custodia dei folli.

Dal 1772 al 1775 furono realizzati i primi lavori di adattamento dell'ex complesso monastico alla nuova struttura manicomiale. Lorenzo Bartolini, rettore dello Spedale di San Luca della Misericordia, cominciò a gettare le basi per una efficiente organizzazione dell'istituto, inviando alcuni assistenti a Firenze affinché prendessero visione dei metodi adottati presso la "casa de' pazzerelli" di Santa Dorotea. Il 20 aprile 1773, con l'insediamento del personale, fu ufficialmente aperto lo Spedale de' Pazzi di Fregionaia come dipendenza dallo Spedale cittadino di San Luca della Misericordia e il giorno seguente arrivarono i primi undici malati, provenienti dal Carcere cittadino della Torre.

I primi anni di vita dell'ospedale videro la prevalenza di sistemi custodialistici, mentre a partire dal secondo decennio dell'Ottocento, grazie all'opera di Giovanni Buonaccorsi, fu adottata come terapia riabilitativa l'occupazione manuale dei malati. Così mentre gli uomini erano occupati prevalentemente nei lavori agricoli, le donne erano impiegate in lavori di pulizie e di riassetto. Tra le terapie più significative è da segnalare, nel 1860, l'acquisto di un organo a tastiera e cilindro e l'apertura di una sala da ballo, metodi quasi antesignani della moderna musicoterapia.

L'istituzione lucchese, nella seconda metà del secolo XX, è stata legata al nome dello psichiatra e letterato Mario Tobino, che per molti anni ha svolto il ruolo di primario del reparto femminile. Molti sono i romanzi nei quali lo scrittore viareggino si richiama alla sua esperienza professionale. Basti ricordare Le libere donne di Magliano (Firenze, 1953), Per le antiche scale (Milano,1972), Gli ultimi giorni di Magliano (Milano, 1982) e Il manicomio di Pechino (Milano, 1990).

Oggi l'imponente struttura e il parco circostante, in precario stato di conservazione, sono in attesa di una nuova destinazione.

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Scheda a cura di Graziano Magrini

Data aggiornamento 25/feb/2008