Esposizioni online > Beautiful Minds > Premi Nobel italiani > |
|
|
|
|
|
|
Renato Dulbecco - 1975Catanzaro 1914
-
La Jolla 2012
|
|
testo di catalogo
di Daniel J. Kevles
Nel 1975 Renato Dulbecco condivise con David Baltimore e Howard Temin il Premio Nobel per la Medicina per i suoi contributi alla comprensione della trasformazione delle cellule normali in tumorali in seguito all'azione di virus tumorali. Dulbecco descrisse in particolare «il processo di infezione con virus tumorali a DNA», per citare il discorso di presentazione di Peter Reichard, mostrando che il DNA virale viene integrato nel DNA della cellula infettata, nella quale diviene parte del materiale ereditario, consentendone la crescita illimitata – cioè, tumorale (Reichard, in Nobel Lectures 1992).
Il viaggio di Dulbecco verso Stoccolma ebbe inizio a Porto Maurizio, una piccola città ligure sulla costa nord-occidentale, dove era cresciuto con l'incoraggiamento di un padre informato sugli sviluppi scientifici e una madre affettuosa. Come molti ragazzi degli anni Venti, Dulbecco si costruì una radio a galena, appassionandosi all'elettronica. Ebbe il primo contatto con la ricerca in un progetto condotto all'osservatorio sismologico locale; egli ricorda che questo successo lo spinse a essere aperto alle nuove idee e alle tecnologie più recenti, ad adottare un comportamento progressista e a essere pronto ad abbandonare le consuetudini del passato. Nel 1930, al momento di entrare all'università, la sua inclinazione lo spinse verso la medicina, in parte perché uno zio era chirurgo, in parte perché – ricorda Dulbecco – la medicina era «un campo che mi incuriosiva più di altri, proprio perché ne sapevo poco» (Dulbecco 1989, p. 44).
|
Iscrivendosi all'Università di Torino, frequentata dal padre prima di lui, Dulbecco si avvicinò al professor Giuseppe Levi, che lo indirizzò alla ricerca citologica. Durante il servizio militare, tra il 1936 e il 1938, rimase vicino alla ricerca lavorando sulle osservazioni effettuate durante gli studi universitari e pubblicandone i risultati. Allo scoppio della guerra, fu richiamato alle armi e destinato a Sanremo, ma riuscì a prepararsi per l'esame per la docenza, che conseguì a Roma nel 1941. Il servizio militare si concluse nel 1943, dopo essere stato ferito in combattimento.
Nel 1945, Dulbecco divenne assistente ricercatore di Levi all'Istituto di Anatomia di Torino. Facendo ricerca embriologica, osservò con stupore che gli embrioni di pollo esposti alle radiazioni sviluppavano solo gonadi maschili. Il risultato stimolò Dulbecco a intraprendere un programma generale di ricerca sugli effetti delle radiazioni sullo sviluppo cellulare. A quel tempo, non sapeva nulla sulle radiazioni e i loro effetti biologici. Spinto da Rita Levi-Montalcini, un'altra assistente di Levi, si iscrisse all'Università di Torino per un biennio di studi di fisica e matematica, discipline per le quali aveva già mostrato un considerevole talento e che conosceva abbastanza da poter saltare il primo anno del curriculum di studi. Iniziò quindi delle ricerche sull'impatto delle radiazioni sulle colture cellulari di embrioni di pollo, sperando, ricorda, di «penetrare il mistero dei geni e del controllo della vita» (Dulbecco 1989, p. 132).
|
Proprio mentre Dulbecco dava inizio al lavoro sulle radiazioni, Salvador Luria si recò a Torino, dove anch'egli aveva studiato medicina prima della guerra. Negli Stati Uniti, durante la guerra, aveva contribuito alla creazione del cosiddetto “Gruppo del Fago”, insieme a Max Delbrück, diventato professore al California Institute of Technology, e Alfred D. Hershey, professore della Washington University a Saint Louis. Le peculiarità scientifiche del Gruppo del Fago erano l'enfasi sull'uso di sistemi biologici semplici e uniformi – per esempio, batteri e fagi isolati e cresciuti in modo da avere caratteristiche standard – e lo studio di questi sistemi con tecniche sperimentali quantitative. Il loro strumento sperimentale di base era una coltura uniforme di batteri che rivelava l'azione di un fago infettivo per mezzo della presenza di insiemi visibili di cellule morte – le cosiddette placche, facilmente osservabili sulla superficie delle colture. L'approccio del Gruppo del Fago affascinava Dulbecco, con la sua formazione di matematica e fisica. Nel 1947 si unì al laboratorio di Luria, all'Università dell'Indiana, e cominciò ad apprendere i metodi del Gruppo.
Nel 1948, su invito di Delbrück, Dulbecco accettò un posto da ricercatore al CalTech di Pasadena, uno dei centri di riferimento mondiale nel campo in rapido sviluppo della genetica molecolare, della biochimica e del fago. Nel 1950 il CalTech ricevette finanziamenti per studiare le malattie virali umane da parte di un donatore locale che soffriva di attacchi di nevralgia post-erpetica, una dolorosa patologia dovuta al virus herpes zoster. Delbrück impiegò il denaro per ricerche di virologia animale, e invitò Dulbecco a seguire il progetto. Dulbecco fu chiamato perché il progetto combinava i suoi interessi medici con la possibilità di estendere alla virologia animale i metodi esatti e quantitativi del Gruppo del Fago. Gran parte della ricerca sui virus animali era condotta su animali vivi, diventando lunga, scomoda e costosa. In parte veniva effettuata in colture animali, ma pochi virus erano stati coltivati in colture cellulari animali e anche i metodi più avanzati mancavano di esattezza e specificità.
|
All'inizio del 1952, Dulbecco era riuscito a ottenere uno strato piatto di cellule animali in coltura, grazie al quale poteva utilizzare la tecnica delle placche per vedere e misurare l'attività del virus dell'encefalite equina. I sui risultati dimostrarono, come scrisse, che «il conteggio delle placche è una tecnica di analisi molto efficace» e definirono «un concetto elementare sull'azione dei virus animali, cioè che l'infezione di un embrione è prodotta da una particella di virus» (Dulbecco 1952).
Verso la fine della primavera, con l'aiuto della National Foundation for Infantile Paralysis, Dulbecco intraprese un programma di ricerca sul virus della polio, in collaborazione con Marguerite Vogt, ricercatrice di biologia molto abile con le colture tissutali. Dulbecco e Vogt dimostrarono presto che le tecniche di coltura e di analisi che avevano funzionato con il virus dell'encefalite funzionavano anche con il virus della polio. Alla metà degli anni Cinquanta, essi avevano sfruttato la tecnica delle placche per osservare la crescita intracellulare del virus della polio, il suo rilascio da parte delle cellule infettate, le sue proprietà genetiche e la sua inattivazione da parte degli anticorpi. Le tecniche di coltura, i metodi di analisi e, soprattutto, l'approccio quantitativo al comportamento virale, si guadagnarono sempre più spazio tra i virologi animali e vennero ulteriormente sviluppati; negli anni Sessanta divennero fondamentali per questo campo di ricerca, entrato a far parte della biologia molecolare.
|
Dulbecco iniziò a lavorare con i virus tumorali nella seconda metà degli anni Cinquanta. Il suo interesse fu suscitato da una ricerca al CalTech condotta da Harry Rubin, un ricercatore post-dottorato, e Howard Temin, un dottorando. Insieme, Rubin e Temin dettero inizio allo studio quantitativo in coltura cellulare del virus oncogeno del sarcoma di Rous, individuando la trasformazione virale delle cellule per mezzo dei foci – cioè le pile di cellule tumorali che esse formavano – e utilizzandoli come le placche per l'analisi. Dulbecco era curioso di capire cosa succedeva a un virus trasformante quando entrava nella cellula. Trovando tecnicamente difficile usare per la ricerca il virus di Rous, composto di RNA, scelse di usare il virus del polioma, scoperto nel 1957, composto di DNA, e capace di trasformare le cellule in molti organismi diversi.
Nel 1960 Dulbecco e Vogt infettarono delle cellule di criceto con il virus del polioma. In alcune cellule, il virus si riprodusse in abbondanza, distruggendole senza trasformarle. Molte altre cellule, tuttavia, si trasformarono, ma una volta che la trasformazione aveva inizio il virus smetteva di riprodursi. Il fenomeno ricordò a Dulbecco il comportamento latente del cosiddetto fago temperato e il modo in cui alcuni virus animali – per esempio, il virus del papilloma di Shope, l'herpes zoster o anche il virus del sarcoma di Rous – si comportavano nelle cellule animali. Dulbecco, a partire dall'ipotesi di Temin sul funzionamento del virus del sarcoma di Rous, si chiese se il materiale genetico del virus del polioma nelle cellule di criceto trasformate non fosse più disponibile per la riproduzione virale perché si era in qualche modo associato ai geni della cellula e ne aveva corrotto i meccanismi di crescita regolata, facendola moltiplicare malignamente.
|
Dulbecco continuò questa ricerca, in collaborazione con colleghi di laboratori esteri e del nuovo Salk Institute di La Jolla, in California, al cui team di ricerca si unì nel 1962. Gli indizi più importanti vennero da esperimenti fatti all'inizio del 1968: il DNA del virus rimaneva nella cellula trasformata anche se, apparentemente, non rimaneva il virus. Inoltre, il DNA virale era trasmesso lungo le successive generazioni di cellule tumorali. Ciò fece supporre che il DNA virale fosse realmente integrato nel DNA nativo della cellula. In caso contrario, il DNA cellulare, lungo e pesante, sarebbe stato fisicamente separabile dal DNA virale, più breve e leggero, per mezzo della centrifugazione. Dopo aver escogitato diverse tecniche speciali necessarie per l'esperimento di centrifugazione, Dulbecco scoprì che i due DNA non erano fisicamente separabili: ciò significava che erano diventati un unico DNA. Egli controllò poi che i DNA cellulare e virale fossero chimicamente legati tra loro, non solamente associati fisicamente. Nel giugno del 1968, mentre stava riferendo sulle ricerche del suo laboratorio sugli oncovirus durante un incontro a Cold Spring Harbor, arrivò un telegramma dal suo laboratorio, annunciando che i due DNA erano effettivamente chimicamente integrati. Il pubblico, saputa la notizia, esplose in un'ovazione, una gioiosa premonizione del Nobel che sarebbe arrivato sette anni dopo.
Letteratura citata
Dulbecco 1952: R. Dulbecco, Production of Plaques in Monolayer Tissue Cultures by Single Particles of an Animal Virus, “Proceedings of the National Academy of Sciences”, 38, 1952, pp. 747-752.
Dulbecco 1989: R. Dulbecco, Scienza vita e avventura, Milano 1989.
Reichard, in Nobel Lectures 1992: P. Reichard, The Nobel Prize in Physiology or Medicine 1975, in Nobel Lectures. Physiology or Medicine 1971-1980, Singapore 1992.
|
|
|
|
ESPLORA...
Risorsa Web
|