Giovanfrancesco Sagredo
Giovanfrancesco Sagredo nacque a Venezia da Niccolò e Cecilia Tiepolo il 19 giugno del 1571. Poco più giovane di Galileo, fu uno dei suoi più grandi amici. I due si conobbero probabilmente a Venezia, dove lo scienziato si recava spesso negli anni del soggiorno padovano. Teatro dell'incontro fra i due potrebbe essere stato il "ridotto Morosini", un circolo di intellettuali che si ritrovavano nel palazzo dei fratelli Morosini sul Canal Grande. Ma non è da escludere che Sagredo seguisse le lezioni private di Galileo.
Versato nella ricerca scientifica, Giovanfracesco si interessò di ottica, termometria e magnetismo. Le calamite lo affascinavano in modo particolare, come emerge dalla corrispondenza con Galileo, il quale gliene aveva mandate alcune armate per compiere osservazioni, o come testimonia una lettera del 1602 nella quale Sagredo comunicò allo scienziato la volontà di scrivere a William Gilbert (1544-1603), autore del De Magnete (Londra, 1600), per "avere la sua amicitia". Sagredo era proprietario, inoltre, di una calamita di grande potenza che il Granduca di Toscana Ferdinando I (1549-1609) acquistò per la bella cifra di 100 doble (equivalenti a più di 200 scudi d'oro), attraverso la mediazione di Galileo.
Il nobile veneziano favorì lo scienziato toscano in ogni modo possibile: intercedendo presso i Riformatori dello Studio di Padova perché gli aumentassero lo stipendio, facendosi garante nei prestiti a cui dovette ricorrere per pagare la dote delle sorelle, e ancora nel condividere con lui gli agi che venivano dalla sua condizione invitandolo nei suoi possedimenti in Cadore o ospitandolo a Venezia in occasione di feste e regate. Invitò ripetutamente Galileo nella città-fortezza di Palmanova, baluardo veneziano contro le incursioni ottomane, presso la quale ricoprì l'incarico di tesoriere dal 1605 al 1607.
Rientrato a Venezia dopo alcuni anni trascorsi in Siria, dove era stato inviato come console della Serenissima dal 1608 al 1611, Sagredo non trovò più Galileo, che nel frattempo aveva concluso felicemente la sua trattativa per il ritorno a Firenze come Primario Matematico e Filosofo del Granduca di Toscana, in seguito alla rinomanza acquisita grazie alle scoperte celesti. Sagredo si rammaricò molto della scelta dell'amico e in una lettera del 13 agosto 1611 lo mise in guardia dal "tempestoso mare della Corte" e dai "furiosi venti della emulatione" che avrebbe affrontato in Toscana, lasciandosi dietro le spalle la libertà della Repubblica veneziana.
La corrispondenza fra i due riprese intensa fino al 1620, anno della morte di Sagredo. I temi trattati spaziano dalla termometria all'ottica, passando per considerazioni morali, consigli pratici e scambi di doni reciproci.
Il grandissimo affetto che lo scienziato ebbe per Giovanfrancesco è testimoniato dal fatto che scelse di chiamare "Sagredo", con il permesso del fratello del defunto amico, il sagace interlocutore dell'innovatore Salviati e dell'aristotelico Simplicio nelle opere della maturità: il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (Firenze, 1632) e i Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (Leida, 1638). Galileo, infine, anni dopo la scomparsa dell'amico arrivò a definirlo, in una lettera a Fulgenzio Micanzio (1570-1654) del 1636, come "il mio Idolo".
Data aggiornamento 02/dic/2008