Tommaso Caccini
Nato a Firenze nel 1574, Tommaso Caccini, al secolo Cosimo, entrò nel convento domenicano di San Marco a soli quindici anni. Rivelate precocemente doti di predicatore, tenne quaresimali a Santa Maria Novella fin dal noviziato. Il suo nome è legato all’offensiva che intraprese contro Galileo a partire dal 1614. I primi attacchi allo scienziato pisano erano arrivati nel 1612 dal confratello Niccolò Lorini (1544-p. 1617), ma non avevano avuto pesanti conseguenze. La quarta domenica di Avvento del 1614, Tommaso Caccini, dal pulpito di Santa Maria Novella, denunciò ai fedeli la matematica come arte diabolica e portatrice di eresie, concludendo la predica con l’inequivocabile gioco di parole basato sulla citazione del primo capitolo degli Atti degli Apostoli: “Viri galilaei, quid statis adspicientes in caelum?”. Caccini fu probabilmente istigato all’attacco da una altro avversario galileiano, l’aristotelico fiorentino Lodovico delle Colombe (1565-?), più volte arrivato con Galileo allo scontro diretto. Niccolò Lorini nello stesso torno di tempo aveva inviato al cardinal Paolo Camillo Sfrondati della Congregazione dell’Indice una copia della Lettera a Benedetto Castelli, nella quale Galileo affrontava il tema del rapporto tra scienza e fede. Nella copia inviata da Lorini vi erano alcune espressioni, modificate rispetto all’originale, che potevano compromettere la posizione di Galileo. Lo scienziato, tramite l’amico Piero Dini (?-1625), fece pervenire al matematico gesuita Grienberger e al cardinale Bellarmino la propria versione. Tommaso Caccini il 20 marzo del 1615 si presentò di sua iniziativa al Sant’Uffizio per testimoniare contro Galileo. In primo luogo dichiarò di ritenere eretico il sistema copernicano e in secondo luogo di aver saputo che i galileisti professavano proposizioni contro la fede; senza essere interrogato in proposito, inoltre, depose anche contro gli accademici lincei, che accusò di essere in corrispondenza con scienziati tedeschi e quindi di avere simpatie per il luteranesimo. A conferma dei sospetti furono chiamati a testimoniare due prelati, Ferdinando Ximenes e Giannozzo Attavanti, ma mentre il primo confermò le dichiarazioni di Caccini, il secondo smentì nella sostanza tutte le accuse. Dopo aver preso in esame la vicenda, il Sant’Uffizio, nella seduta del 25 novembre del 1615, scelse di non procedere contro Galileo, anche se veniva segnalato in nota al verbale di avviare un attento esame dell’opera dello scienziato sulle macchie solari. Tommaso Caccini, constatando il fallimento delle proprie macchinazioni, si risolse ad attendere Galileo, che si recava a Roma per meglio difendersi dai sospetti. Nell’occasione porse allo scienziato le sue poco credibili scuse e si disse pronto a dargli soddisfazione.
Tornato a Firenze, Caccini divenne confessore delle monache del convento della Orsina e penitenziere a Santa Maria Maggiore; nel 1622 ottenne la patente di magistero in teologia e fu scelto come priore di San Marco. Morì nel 1648 e fu sepolto nella chiesa di Santa Croce.
Data aggiornamento 26/feb/2008