Empolese - Valdelsa
Nel cuore collinare della regione, solcato dalle valli dell’Arno e dell’Elsa, si è sviluppato, nei secoli, un distretto economico che si è distinto, nel panorama italiano, per la sperimentazione in campo agricolo e per la lavorazione del vetro. In particolare quest'ultima affonda le sue radici nel medioevo e costituisce, ad oggi, una delle voci più importanti nell'ambito della produzione vetraria nazionale.
Nel centro di Colle Val d'Elsa, a circa 25 km da Siena, si trova l'interessante Museo del Cristallo che illustra, attraverso reperti storici e ricostruzioni d'ambiente, lo sviluppo della produzione vetraria nella Valdelsa ed in particolare nella cittadina di Colle.
Fondato nel 2001, il Museo presenta la storia della lavorazione del cristallo a Colle di Val d'Elsa dall'Ottocento fino ai nostri giorni. La sezione più estesa è dedicata all'industria vetraria colligiana dal 1820, anno dell'impianto della prima fornace, fino alla realizzazione del cristallo a piombo nel 1963. Sono esposti anche reperti vitrei dei secoli XIV e XV che documentano la storica attività vetraria in Valdelsa, oltre a oggetti incisi con l'antica tecnica alla ruota di rame. Significativa la sezione tecnologica, dove l'ambiente di lavoro tradizionale – con la riproduzione a grandezza naturale di un forno visto in sezione – è accostato a quello moderno automatizzato. Il Museo è situato in uno spazio sotterraneo dove si trovavano antiche vetrerie e cristallerie.
(Stefania Mangia)
Volendo approfondire l'argomento, si consiglia una visita alla mostra permanente di Gambassi Terme, che, con un taglio più archeologico, presenta la produzione di vetro locale, con una breve introduzione relativa a quella nazionale, dall'antichità al secolo XVI. Per raggiungerla è necessario percorrere circa 30 km in direzione nord seguendo la SS68 e deviando sulla SP26.
Nata come mostra temporanea nell'ambito delle iniziative collaterali al convegno "La produzione del vetro pre-industriale a Gambassi e in Valdelsa", è stata trasformata nel 1996 in mostra permanente, visto l'interesse scientifico e la risposta della cittadinanza, in attesa della costituzione del Museo del Vetro.
La mostra si articola in varie sezioni: la produzione del vetro in Italia, dalla protostoria fino al secolo XVI; la tecnologia vetraria preindustriale, con particolare riferimento alle materie prime, alle strutture produttive, agli attrezzi e alla modellatura degli oggetti nelle fornaci tra il XIII e XVI secolo nel territorio di Gambassi; la vita quotidiana nei luoghi di produzione di Gambassi fra Trecento e Cinquecento. Tutti i reperti provengono da scavi eseguiti dall'Associazione Archeologica della Valdelsa Fiorentina, in collaborazione con l'Università di Siena e la Soprintendenza Archeologica della Toscana.
L'esposizione si integra con un progetto che comprende itinerari sul territorio, come il parco archeologico di Germagnana con la ricostruzione dell'officina vetraria trecentesca e il Centro per la Documentazione della Tecnologia e la produzione del vetro preindustriale in Valdelsa, che sarà ospitato nell'ex teatro di Gambassi.
(Donato Monaco)
Riprendendo la SP64 si giunge, dopo una quindicina di chilometri, alla fattoria di Meleto, dove, nell'Ottocento, l'allora proprietario Cosimo Ridolfi aprì un innovativo istituto agrario.
Nel 1827 il marchese Cosimo Ridolfi, presidente dell'Accademia dei Georgofili, scriveva sul «Giornale Agrario Toscano» che gli agricoltori toscani «ben spesso impiegano inutilmente le loro forze ed il loro sudore perché nel lavoro non sono sempre guidati da giusti criteri». Era dunque necessario formare una classe di agricoltori tecnicamente qualificati in grado d'impiegare nuovi metodi e nuovi strumenti per la razionalizzazione dei processi produttivi. Una delle più significative iniziative in questa direzione fu la creazione di un istituto agrario nella fattoria di Meleto di proprietà dello stesso Ridolfi. La scuola, aperta nel 1834 e sostenuta con favore dall'Accademia dei Georgofili, era dotata di un'officina per la costruzione di strumenti agrari e di un podere sperimentale per l'istruzione pratico-rurale. Il piano di studi che gli alunni dovevano seguire si articolava in tre fasi. Le materie della prima fase erano il disegno, la geografia, la geologia e la botanica; in un secondo momento venivano studiate la geometria, la meccanica e la chimica; infine, si seguivano corsi di veterinaria, pastorizia, manipolazione dei prodotti agricoli e amministrazione della fattoria. Inizialmente la scuola registrò diciotto alunni che ben presto arrivarono a trenta.
Nella villa di Cosimo Ridolfi si tennero periodicamente, dal 1837 al 1853, le famose "giornate agrarie". Erano occasioni di incontro fra grandi, medi e piccoli proprietari terrieri. Alle riunioni partecipavano anche le delegazioni di numerose accademie (Georgofili di Firenze, Fisiocritici di Siena, Labronici di Livorno, ecc.). Venivano presentate nuove macchine agricole, lette memorie sui temi posti in discussioni e organizzate esposizioni per lo scambio dei prodotti. Le riunioni, come del resto lo stesso Istituto di Meleto, costituivano sì lo strumento per favorire l'innovazione in agricoltura, ma avevano anche una valenza "sociale", cercando di mantenere la coesione fra i proprietari toscani al fine di garantire l'ordine costituito.
Dopo nove anni l'Istituto cessò la propria attività con un bilancio positivo. L'esperienza proseguì in un istituto di istruzione agraria annesso all'Università di Pisa e in altre scuole che si ispirarono al modello proposto da Ridolfi nella sua fattoria.
(Graziano Magrini)
A conclusione del giro, il Museo della Vite e del Vino di Montespertoli, raggiungibile prendendo la SS429 in direzione sud e deviando a Castelfiorentino sulla SP4, illustra l'importanza della attuale produzione enologica del territorio.
Il Museo illustra le varie fasi di produzione del vino: dalla raccolta dell'uva, alla vinificazione, all'imbottigliamento. L'allestimento, supportato da postazioni multimediali che illustrano l'importanza di questa tradizione nel territorio locale, presenta gli attrezzi da lavoro e una serie di fotografie. Fa parte del Museo anche il "laboratorio dei sensi" dove è possibile assaporare il vino, percependone al tempo stesso i profumi. Il Museo, un centro congressi e una enoteca fanno parte del Centro per la Cultura del Vino "I Lecci".
(Graziano Magrini)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 12/gen/2008