Area Archeologica di Roselle
Abitata sin dal VII secolo a.C. e abbandonata definitivamente solo nel Seicento, Roselle costituisce una delle più grandi aree archeologiche visitabili in Toscana.
L'aspetto più interessante da un punto di vista tecnico-scientifico è costituito dall'imponente cinta muraria (costruita a metà del VI secolo a.C. ma rimaneggiata in periodi successivi) conservatasi per l'intero perimetro, lungo 3.270 metri. Recenti interventi di restauro ne hanno messo in luce le caratteristiche tecniche. I criteri utilizzati nella scelta dei materiali edilizi (rocce calcaree, arenaria, galestro) furono essenzialmente basati sulla prossimità dei luoghi di estrazione ai cantieri, come sembrano dimostrare alcune cave ancora leggibili vicino alle mura. La cinta era realizzata, all'esterno, in opera poligonale, con grandi blocchi di forma irregolare posati sulla roccia appositamente spianata per assicurare stabilità. Il profilo irregolare del muro veniva, poi, uniformato con l'aggiunta di piccoli tasselli in funzione di zeppa. La facciata interna, invece, era costruita con pietre di minori dimensioni. La parte centrale fra i due paramenti veniva, infine, riempita con un conglomerato di terra e scaglie di pietre, probabilmente per garantirne un buon drenaggio.
Oggi è possibile percorrere a piedi il sentiero che costeggia le mura, ben visibili soprattutto sul lato settentrionale, dove le strutture hanno talvolta conservato fino a cinque metri della loro originaria altezza.
Anche le vestigia romane offrono interessanti testimonianze delle cognizioni tecniche degli antichi, soprattutto nel campo dell'edilizia e dell'ingegneria idraulica. Basti pensare alla grande piscina, profonda oltre due metri, delle terme di età adrianea, sulle pendici della collina nord di Roselle, o alla monumentale cisterna in muratura di epoca imperiale, impermeabilizzata con uno strato di cocciopesto, ancora visibile sulla collina meridionale. Di grande interesse sono, inoltre, i numerosi e ben conservati tratti di strada lastricata che attraversano l'abitato: tra questi, il cardo maximus mostra ancora i solchi prodotti dal transito dei carri, contrariamente al decumanus che doveva essere adibito esclusivamente ad uso pedonale.
Grazie ai restauri operati negli ultimi 20 anni, è oggi ben visibile la differenza del manto stradale che da un selciato a grossi ciottoli fluviali (via glareata) si trasforma, in prossimità del foro romano, in un basolato costituito da grossi blocchi poligonali irregolari (via silicata) incastrati tra loro e affondati in una preparazione cementizia su fondo battuto.
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 09/feb/2008