Microscopia ed entomologia
Nonostante che il microscopio nasca composto di due o più lenti, il protagonista delle prime ricerche su insetti, vermi e animaletti non visibili a occhio nudo fu il microscopio semplice, che garantiva maggiore ingrandimento e un più elevato grado di risoluzione.
L'olandese Antoni van Leeuwenhoek costruì circa cinquecentocinquanta microscopi costituiti di una sola, piccolissima lente biconvessa. Nove dei suoi microscopi sono ancora conservati. Il migliore di questi ha un potere di ingrandimento di circa 270 diametri: ma alcuni particolari dei suoi disegni fanno pensare che egli ne possedesse di più potenti, con i quali poté osservare, a partire dal 1677, globuli rossi, spermatozoi, rotiferi, batteri.
Anche il suo connazionale Jan van Musschenbroek si servì, per la ricerca entomologica, di un microscopio semplice, montato su un braccio snodato che si rivelò efficacissimo. Utilizzato da Abraham Trembley, esso si impose come microscopio "acquatico", per l'osservazione di flora e fauna dall'esterno di un contenitore di vetro: e permise al naturalista ginevrino, nel 1740, di osservare per primo non soltanto il comportamento del "polipo d'acqua dolce" ma anche la sua sorprendente capacità di rigenerazione delle parti amputate.
L'evoluzione del microscopio semplice passò quindi attraverso la "tavoletta anatomica" di Pieter Lyonet, di cui si servì fra gli altri Lazzaro Spallanzani per minute dissezioni. Il naturalista italiano utilizzò tuttavia, per la ricerca entomologica, probabilmente il microscopio concepito da James Wilson e costruito da John Cuff intorno al 1742, noto anche come "portatile" o "da tasca". Esso, che è solo in apparenza un microscopio composto, permise fra l'altro a Spallanzani, nel 1773, di scoprire i tardigradi e la loro capacità di morire e "risorgere" più volte: ovvero quel fenomeno noto oggi come anabiosi, che costituì uno dei più importanti rompicapo della biologia teorica settecentesca.
Data aggiornamento 16/feb/2008