Processo di Galileo
Mentre si diffondeva in tutta Europa l'eco delle scoperte celesti di Galileo, si faceva sempre più aperto il contrasto con la Chiesa cattolica. Nelle lettere a Benedetto Castelli del 1613 e a Cristina di Lorena del 1615, Galileo rivendicava l'autonomia della scienza dalla fede. Nel dicembre 1614, a Firenze, dal pulpito di Santa Maria Novella, il domenicano Tommaso Caccini denunciò il carattere eretico del sistema copernicano. Il 24 febbraio 1616 la Chiesa di Roma condannò la tesi eliocentrica e il 5 marzo decretò la sospensione dell'opera di Copernico fino a quando non fosse stata corretta. Galileo fu ammonito da Bellarmino ad abbandonare l'ipotesi copernicana. L'elezione nel 1623 di Papa Urbano VIII fece sorgere nuove speranze in Galileo, che si illuse di poter riprendere la battaglia in difesa della nuova astronomia. Queste speranze lo indussero a pubblicare, nel 1632, il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, un'opera scopertamente copernicana. Il Dialogo venne sequestrato e nel gennaio 1633 Galileo fu convocato a Roma dal tribunale dell'Inquisizione. Il processo ebbe termine il 22 giugno 1633 con la condanna al carcere a vita di Galileo, che fu costretto ad abiurare.
Data aggiornamento 24/gen/2008