Livorno
Livorno è la più importante fra le città italiane fondate in età moderna. Sin dalle sue origini, risalenti alla metà del XVI secolo, la città ha visto il suo destino legarsi strettamente all’acqua. Il porto costituì uno degli interventi più impegnativi e all’avanguardia nell’Italia dei secoli XVI e XVII. Basti pensare al quartiere della Venezia Nuova, intersecato da canali appositamente scavati per accrescere al massimo grado, secondo l’esempio di Amsterdam, la superficie di contatto delle banchine. A queste opere si aggiunsero, nell’Ottocento, gli imponenti lavori idraulici per la realizzazione di un acquedotto che sopperisse alla secolare carenza d’acqua dolce della città.
Il Cisternone costituisce il monumentale punto d’arrivo dell’acquedotto realizzato in età lorenese.
Il Cisternone, imponente edificio in stile neoclassico, fu progettato dall'architetto aretino Pasquale Poccianti ed inaugurato dal Granduca Leopoldo II di Lorena nel 1842. La grande cisterna, la cui costruzione fu iniziata a partire dal 1828, doveva filtrare l'acqua proveniente dalle sorgenti di Colognole e garantire, in caso di guasti dell'acquedotto, l'approvvigionamento idrico della città. La cisterna misura 38 metri in larghezza, 42 in lunghezza e ha una capienza di 11.000 metri cubi.
«Varcato l'ingresso – così descrive l'edificio Giuseppe Piombanti, nella sua Guida di Livorno – si entra in un atrio semicircolare. Nella stanza a sinistra sbocca da un grosso tubo di ghisa, che giunge fino al Cisternino di Pian di Rota, l'acqua di Colognole, e, sotto l'atrio stesso, sono i canali che al Cisternino la conducono e alle altre fonti. Dinanzi alla porta centrale dell'atrio si estende la grande cisterna di cinque navate in larghezza e sette in lunghezza; l'ultima delle quali, essendo separata per un muro intermedio, riceve la prima le acque, serve di purgatorio alle medesime, e poi le getta nel deposito interno».
L'edificio, recentemente restaurato, presenta sulla facciata una caratteristica cupola dimezzata. Una curiosità: le vicende costruttive dell'apparato idrico livornese sono celebrate in un bassorilievo scolpito sulla base della statua eretta in onore del Granduca Ferdinando III di Lorena in piazza della Repubblica. La statua fu realizzata dallo scultore di Portoferraio Francesco Pozzi fra il 1831 e il 1837, mentre il bassorilievo, che raffigura il Granduca che sollecita la costruzione dell'acquedotto di Colognole, è del livornese Temistocle Guerrazzi. L'altro bassorilievo, che mostra Ferdinando III promotore di arti, industria e commercio, è stato scolpito dal fiorentino Ulisse Cambi.
(Graziano Magrini)
La grandiosa architettura di gusto neoclassico richiama da vicino quella del Cisternino, posto nella non lontana piazza Guerrazzi, raggiungibile percorrendo Via De Larderel e superando Piazza della Repubblica.
Elegante esempio di architettura neoclassica nel contesto cittadino, il Cisternino costituisce l'ultima delle tre grandi cisterne progettate da Pasquale Poccianti (le altre due sono il Cisternino di Pian di Rota e il Cisternone di Livorno ). Presenta una pianta rettangolare con abside semicircolare. Sul massiccio basamento si alza, sul lato prospiciente via Grande, un elegante loggiato di ispirazione ionica.
La cisterna doveva ricevere l'acqua dall'Acquedotto di Colognole per poi alimentare, attraverso un sistema di condotti e gallerie, progettato dall'architetto livornese Angelo della Valle, le fontane cittadine. Tuttavia l'edificio non entrò mai in uso. Attualmente è destinato ad accogliere la Casa della Cultura; nella parte inferiore si trova un teatro.
(Graziano Magrini)
Continuando a camminare in direzione nord si incontra, dopo poco, l'imponente mole della Fortezza Nuova che, portata a termine negli anni a cavallo fra il XVI e il XVII secolo, domina il quartiere Venezia Nuova.
Concepita sulla base dei disegni di molteplici artefici (Bernardo Buontalenti, Giovanni Cantagallina, Vincenzo Bonanni, Giovanni de' Medici), l'imponente Fortezza fu costruita a cavallo fra il XVI e il XVII secolo. Sebbene realizzata posteriormente, rientrava nel grande progetto di Livorno come città-fortezza commissionato dal Granduca Francesco I de' Medici al Buontalenti. Nel 1629 una parte della Fortezza Nuova fu demolita (compresa la cortina di unione con la Fortezza Vecchia) per consentire l'edificazione dei caratteristici quartieri di Venezia Nuova e di San Marco voluti dal Granduca Ferdinando II de' Medici.
La Fortezza Nuova presenta una pianta poligonale e un'articolata struttura interna, alla quale si accede dal ponte sugli Scali. Fu utilizzata per scopi militari fino al termine della Seconda Guerra Mondiale. Dopo varie destinazioni, nel 1972 è stata restaurata dal Comune di Livorno, e la parte superiore è stata adibita a parco pubblico.
(Graziano Magrini)
Procedendo verso la parte occidentale della città, che mantiene ancora un leggibile e rigoroso impianto geometrico cinquecentesco, si giunge all’area portuale ricca di numerose testimonianze del passato. Il porto, dal quale salparono Amerigo Vespucci e Giovanni da Verrazzano, appare difeso da uno splendido esempio di architettura militare rinascimentale, la Fortezza Vecchia, terminata nel 1534.
Costruita su disegno di Antonio e Giuliano da Sangallo come ampliamento del fortilizio quadrato (conosciuto come "quadratura dei pisani") realizzato accanto al mastio di Matilde, la Fortezza Vecchia fu anche residenza livornese di Cosimo I de' Medici, che, nel 1544, vi fece costruire il Palazzotto sul bastione Canaviglia che domina l'ingresso del porto. Il duca di Firenze fece inoltre scavare una famosa cisterna, la cui acqua fu lodata da Francesco Redi.
Il 2 aprile 1662 la torre della Fortezza fu teatro delle osservazioni sul moto dei proiettili fatte dagli accademici del Cimento per confermare sperimentalmente le conclusioni di Galileo Galilei. Fra la fine del 1657 e gli inizi del 1658 la città labronica era già stata scena di alcune esperienze degli accademici del Cimento sugli "agghiacciamenti", cioè sul congelamento dei liquidi.
La Fortezza non fu solo un luogo di verifica sperimentale della fisica, ma anche luogo di "osservazione naturalistica". Nella sua Guida di Livorno, Piombanti racconta come nell'ottobre del 1734 una tempesta gettava ai piedi della Fortezza una balena, e di come l'evento si replicasse nel gennaio del 1753, quando due cetacei furono abbattuti a cannonate in prossimità del porto, dall'alto del bastione.
(Graziano Magrini)
Il porto stesso, godibile nella sua completezza da via del Molo Mediceo, rappresenta un importante esempio di ingegneria portuale pluristratificata. Dalle testimonianze di età medievale si giunge, infatti, agli imponenti muraglioni curvilinei realizzati a metà Ottocento.
Fu voluto da Cosimo I de' Medici ma realizzato solamente negli anni successivi al suo granducato. Il progetto originario prevedeva la costruzione di due moli paralleli che dovevano raggiungere, rispettivamente, il Fanale dei Pisani e la Fortezza Vecchia. Il primo braccio, fatto costruire da Ferdinando I, si arrestò prima del previsto, sulla scogliera della Sassaia, mentre il secondo fu realizzato sotto Cosimo II. Agli stessi anni si deve anche l'allestimento dell'ampia darsena antistante la Fortezza Vecchia ed il completamento del canale navigabile tra Pisa e Livorno. Protetto da una catena di scogli, poi rimossa nel 1864, il porto non poteva contenere molti bastimenti a causa della scarsa profondità dei fondali. Ad una certa distanza dal porto furono costruiti dei lazzaretti per la quarantena delle navi che giungevano da paesi che potevano veicolare epidemie.
Significativi furono gli interventi dell'ultimo Granduca di Toscana, Leopoldo II. Nel 1852 decretò l'erezione di un imponente muraglione curvilineo, distante dall'antico molo 800 metri. Lungo 1130 metri e profondo in media 8,50 metri, il nuovo porto distava dal Fanale 400 metri. Nel mezzo dell'antico molo fu scavato un canale in grado di servire da transito alle navi che dovevano entrare nella darsena del cantiere per le riparazioni. Inoltre, per rendere più facili e più celeri le comunicazioni fra il mare e la terra, tra le navi e la via ferrata, deliberò la realizzazione della stazione marittima. Progettata dall'ingegnere Giuseppe Laschi, la costruzione della stazione ebbe inizio nel 1856: fu colmato a tal fine un vasto spazio di mare, scavata una darsena quadrilatera per comodità delle barche, ed eretti lungo i suoi lati grandi capannoni per il deposito delle mercanzie. Dalla parte di terra fu realizzato un edificio per accogliere gli uffici, mentre uno più piccolo fu edificato in mezzo all'acqua per ospitare le guardie di finanza. La via ferrata, prima di arrivare alla stazione San Marco, attraversava il Canale dei Navicelli su un ponte girevole di ferro, per giungere alla darsena e proseguire poi lungo i moli del deposito franco. La stazione marittima fu inaugurata il 12 agosto 1858.
Il porto mediceo di Livorno è un luogo della scienza associato al nome di Galileo Galilei. Tra il 1590 e il 1592 don Antonio de' Medici propose una macchina per vuotare la darsena di Livorno e Galileo, secondo quanto riferisce Vincenzo Viviani nel Racconto istorico, espresse un giudizio negativo.
Lo scienziato pisano utilizzò il porto anche per alcuni esperimenti con il cannocchiale. Il 22 marzo 1617 Galileo scriveva da Pisa a Curzio Picchena, descrivendogli l'esperienza compiuta con il "celatone", un dispositivo concepito per utilizzare il cannocchiale su una nave anche con il mare mosso. Galileo dichiarava di aver potuto verificare l'effetto dell'occhiale solo sopra una navetta dentro al molo, poiché non c'erano vascelli fuori. Il moto dell'acqua era scarso, anche se il vento era fortissimo, e quel poco movimento non danneggiava l'uso dell'occhiale.
(Graziano Magrini)
A breve distanza dal molo mediceo, all'estremità occidentale della moderna area portuale, è visibile la svettante mole del fanale dei Pisani, luogo carico di memorie galileiane.
Distante dal molo mediceo circa 400 metri ed alto ben 52 metri, il Fanale dei Pisani è formato da due torri merlate sovrapposte con base a tronco di cono. Fu distrutto dai bombardamenti nel 1944 e ricostruito nel 1955. Il disegno originale è probabilmente da attribuirsi a Giovanni di Nicola Pisano, che lo realizzò negli anni in cui lavorava al pergamo del Duomo di Pisa. L'opera fu costruita vicino alla città in sostituzione della Torre della Meloria, collocata sulle secche a ovest di Livorno e irrimediabilmente danneggiata dai Genovesi nella celebre battaglia omonima (1284) che li vide vincitori sui Pisani.
Il cronachista fiorentino Goro di Stagio Dati definì il Fanale uno dei più bei fari del mondo; si ritiene addirittura che sia stato fonte di ispirazione a Dante Alighieri nei celebri versi «sta come torre ferma che non crolla / giammai la cima per soffiar di venti» (Divina Commedia, Purgatorio, V, 14-15). La torre è ricordata anche da Francesco Petrarca nel suo Itinerario siriaco come «validissima, dal cui vertice ogni notte la fiamma indica ai naviganti il più sicuro lido». Nel 1584 ospitò, per volontà del Granduca Francesco I de' Medici, un piccolo lazzaretto. La torre è anche un luogo emblematico legato a Galileo Galilei che vi compì numerosi esperimenti per la messa a punto del suo cannocchiale.
(Graziano Magrini)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 21/ott/2008