Maremma
Si deve alla grande abbondanza di tufo la singolarità del paesaggio maremmano ad est del fiume Fiora. Da sempre sfruttata per le sue qualità edilizie, questa pietra di origine vulcanica fu scavata per ricavarne abitazioni, necropoli, fortezze e vie di comunicazione. Sempre alla natura vulcanica del territorio è legata anche la presenza di sorgenti calde e sulfuree, sfruttate da secoli.
Tra le numerose testimonianze antiche conservate fino ad oggi, che comprendono anche la splendida necropoli etrusca di Sovana, l'abitato medievale di Vitozza, a circa 7 chilometri ad est di Sorano, costituisce, con le sue oltre 200 abitazioni scavate nel tufo, uno dei più grandi centri rupestri d'Italia.
Avventurarsi tra i diverticoli incassati nella roccia tufacea è, oggi, un'esperienza rara ed affascinante. Eppure, per gli Etruschi che scavarono le vie cave, era forse il modo più comune di viaggiare nella zona attorno a Sorano e Pitigliano.
Il tufo domina incontrastato il paesaggio di questo angolo della Toscana meridionale e nel corso della storia i suoi abitanti hanno imparato a sfruttare sapientemente questa tenera pietra per scavarvi strade, tombe e persino case.
Monumento simbolo di questa civiltà del tufo è Vitozza che, con le sue oltre 200 grotte, è, oggi, uno dei più grandi centri rupestri dell'Italia centrale. Il paese conobbe il suo momento di massima fortuna tra il XIII e il XIV secolo, quando furono costruite le mura, la chiesa e la rocca, gli unici edifici realizzati in elevato nel paese. Tutte le abitazioni, infatti, furono scavate interamente nel tufo, spesso anche su due o più piani. Persino l'arredo interno (nicchie, armadi, mangiatoie) fu accuratamente intagliato nel banco roccioso.
La città, definitivamente abbandonata nel Settecento, è oggi una "Pompei di tufo", sistemata a Parco Archeologico, facilmente visitabile grazie a recenti restauri che hanno consentito anche la realizzazione di sentieri ottimamente attrezzati.
Per i buoni camminatori potrebbe risultare interessante anche la visita ai resti delle opere murarie dell'acquedotto Vitozza-Sorano, costruite subito dopo l'Unità d'Italia, visibili lungo il corso del fiume Lente.
(Elena Fani)
A circa 10 km di distanza, lungo la SS74/SR74, Pitigliano, con la fuga d'archi in tufo del suo acquedotto, offre uno spettacolare esempio di edilizia e ingegneria idraulica di epoca medicea e lorenese.
Risalente al secolo XVI ed edificato su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, l'antico acquedotto di Pitigliano è formato da due grandi archi sorretti da un enorme pilastro in blocchi di tufo, risalenti al periodo mediceo, e da tredici piccoli archi realizzati nel periodo lorenese. La scenografica costruzione si erge a picco sulle balze di tufo. Tre fontane nell'adiacente piazza della Repubblica costituiscono il terminale dell'acquedotto. Merita proseguire l'itinerario lungo le strade del paese, con le sue caratteristiche case "sospese" sullo sperone di tufo.
(Graziano Magrini)
Pochi chilometri lungo la SP46 e la SP22 separano Pitigliano da Sovana, nel cui incantevole borgo medievale è ospitata, in un palazzo dell’XI secolo, l’importante collezione di malacologia terrestre, la prima del suo genere in Italia.
Per la sua singolarità, il Museo di Malacologia Terrestre, ospitato in un antico edificio del secolo XI, può considerarsi unico in Italia. Fu fondato nel 1988 dall'Associazione Malacologica Internazionale, con sede a Roma, ed è il risultato di anni di ricerche e di studi sui rapporti tra molluschi terrestri, piante e ambiente, con particolare riferimento alle aree montane e ai corsi delle acque interne.
L'esposizione, distribuita su due piani, presenta quattro grandi spazi espositivi suddivisi per aree geografiche. La collezione, oltre alle vetrine con le conchiglie dei molluschi terrestri, comprende grandi terrari e acquari con esemplari vivi. In particolare, sono presenti conchiglie di molluschi provenienti dalle foreste tropicali, dai fiumi, dai laghi, dagli stagni, dalle zone aride e boschive di tutto il mondo. Si segnalano rari esemplari, tra cui alcuni estinti e altri reperibili solamente in forma subfossile.
(Stefania Mangia)
Non legata al tufo, ma ugualmente debitrice della sua fama alle risorse mineralogiche del territorio è, invece, la località termale di Saturnia, ricca di travertino. La si può raggiungere proseguendo lungo la SP22 per circa 20 km.
Le terme di Saturnia hanno origini molto antiche, come testimoniano alcuni reperti etruschi ritrovati nella zona. Furono apprezzate anche dai Romani, che ne fecero una stazione di sosta lungo la via Clodia. Nel Medioevo, come molti altri centri termali, Saturnia registrò una fase di declino. Alterne furono le vicende dei secoli successivi. Alla fine del Settecento il naturalista Giorgio Santi, descrivendo il territorio delle due province senesi (Grosseto e Siena) nel suo Viaggio secondo per le due provincie Senesi, non mancava di parlare della «diruta e deserta Saturnia», le cui acque erano utilizzate, sin dai tempi più remoti, per le malattie degli uomini e per quelle del bestiame: «Vengon a far' uso di questi Bagni per immersione e Uomini, e Bestiame, essendo essi, e con ragione, accreditati per la cura dei mali cutanei. Il loto pregno di Zolfo depositato dall'acqua nel Vascone si raccoglie, si riduce in piccole masse rotonde, e si vende così seccato ai Pastori, i quali rammollendolo poi con acqua ne fan frizioni alle Pecore scabbiose, e per l'attività del Zolfo spesso con buon successo».
Santi non solo descriveva il Bagno di Saturnia e il Bagno Santo, ma proponeva anche un'ipotesi sull'origine dei travertini così abbondanti in quella zona: «L'aspetto dei Travertini mi fece giustamente, io credo, pensare, che in tempi antichissimi, ed anteriori alla fondazione di Saturnia sorgesse sull'alta, e pianeggiante cima di quel colle l'acqua del Bagno attuale, che quivi accumulando incrostazioni, e sedimenti venisse a formar quelle masse di Travertino, le quali superioreggiando, e dilatandosi finalmente ne acciecarono le Sorgenti, e ne ostrussero il corso: che così obbligata a farsi strada altrove dovè sgorgare nella pianura aggiacente, ove trovasi adesso, per quindi pure subir col tempo nuove ostruzioni, e nuovi cambiamenti di sito».
Agli inizi del Novecento, grazie a migliori condizioni ambientali, debellata la malaria che in passato aveva duramente colpito la Maremma, le terme subirono una ristrutturazione complessiva, imponendosi come un importante e spettacolare luogo di turismo termale. Oggi le acque e i fanghi di Saturnia, famosi in tutto il mondo, sono impiegati per la cura di molte malattie.
(Graziano Magrini)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 09/feb/2008