Pistoia e piana pistoiese
Pistoia è una città che ha saputo mantenere un invidiabile equilibrio fra l’urbanizzazione recente, conseguenza di un’attività manifatturiera e industriale di primo piano, e il prezioso centro storico, attentamente preservato. Il cuore della città, infatti, è ancora oggi dominato dalle grandi fabbriche di età comunale e rinascimentale, alcune delle quali, come il Palazzo Comunale e l’Ospedale del Ceppo, furono per secoli teatro dei dibattitti scientifici che accompagnarono le scoperte in campo medico e tecnologico.
Il Palazzo del Comune, affacciato sull’armoniosa Piazza del Duomo, può essere considerato la culla della ricerca scientifica pistoiese. Qui, infatti, ebbe sede, dal 1803, l’Accademia di Scienze, Lettere e Arti che per secoli fu attiva promotrice di ricerca e sperimentazione in campo medico, agricolo e tecnologico.
Prima della Rivoluzione Francese ogni città, anche all'interno di un medesimo Stato, adoperava le proprie unità di misura. A partire dal 1791 fu proposta in Francia una nuova unità di lunghezza, detta metro. L'uso di questo sistema (sistema metrico decimale) si diffuse progressivamente in vaste aree a partire dal secolo XIX. In questo contesto assumono notevole significato le lapidi di raffronto fra le varie unità di misura, solitamente collocate sulle facciate degli edifici pubblici. Sul portico del Palazzo Comunale di Pistoia se ne trova un esempio che mostra il braccio fiorentino e il metro a confronto.
Il Palazzo è stato anche sede di antiche adunanze scientifiche. Nel Salone Maggiore si svolsero le riunioni dell'Accademia Pistoiese di Scienze, Lettere ed Arti dal 1803 (anno di fondazione dell'Accademia) al 1811, anno in cui Napoleone donò agli accademici i locali del soppresso convento di Santa Maria del Carmine di Pistoia. L'Accademia nacque come "Accademia di varia Letteratura" grazie all'iniziativa di alcuni insegnanti del Collegio Forteguerri e di eminenti personalità cittadine. I soci promuovevano studi letterari, storici, filosofici, sociali e scientifici con una preferenza, nei primi anni, per le scienze fisiche e matematiche. In seguito, sotto l'influenza degli studi di economia promossi dall'Accademia dei Georgofili, furono discussi anche problemi legati all'economia e all'agricoltura. Nel 1813 furono formate quattro classi: scienze morali, scienze matematiche e fisiche, scienze economiche, Letterature e Belle Arti. Dal 1831 al 1838 fu chiusa come misura preventiva per i disordini politici legati al clima risorgimentale. Alla riapertura, partecipò con numerose delegazioni ai Congressi degli Scienziati Italiani e organizzò esposizioni artistiche, industriali ed agricole per il circondario pistoiese. Nel 1891 cessò ogni attività.
Nell'ambito dell'Accademia Pistoiese sorse nel 1821, prima in Italia, la "Società dei Parentali ai grandi italiani", che si richiamava idealmente agli antichi parentali celebrati dai Romani. Le ricorrenze pistoiesi, fatte a spese della Società, si tenevano nelle sale accademiche del Collegio Forteguerri o nel salone del palazzo municipale. Fra le varie figure ricordate, dobbiamo segnalare anche uomini di scienza come Galileo Galilei e Filippo Pacini. Dal 1857 l'attività della Società cessò, ma le celebrazioni continuarono fino al 1885 a carico della sola Accademia Pistoiese di Scienze, Lettere ed Arti.
(Graziano Magrini)
Percorse poche decine di metri, seguendo via Filippo Pacini, si giunge all’altra celebre emergenza architettonica della città: lo Spedale del Ceppo. La facciata in stile brunelleschiano nasconde un’istituzione ospedaliera che, sin dal Seicento, fu una delle più celebrate scuole di chirurgia in Toscana e a cui memoria rimane l’interessantissimo Musei dei Ferri chirurgici.
Fondato nel 1277, lo Spedale degli Infermi, detto di Santa Maria del Ceppo, è uno dei più antichi ospedali della Toscana. L'appellativo gli viene da un'antica tradizione che ricorda un "ceppo" di castagno utilizzato per raccogliere i primi contributi per l'edificazione della struttura ospedaliera. Negli anni seguenti l'ospedale crebbe rapidamente grazie a numerose donazioni. Durante il Medioevo, come altre istituzioni similari, esercitò un’azione di sostegno nei riguardi dei poveri e degli infermi, soprattutto durante le ricorrenti carestie e contagi. Sul finire del Quattrocento l’Ospedale fu oggetto di forti conflitti di interesse tra i partiti cittadini al punto che nel 1502 fu messo alle dipendenze del fiorentino Santa Maria Nuova.
Nei primi anni del secolo XVI fu costruita la loggia, che ricorda quella brunelleschiana dell'Ospedale degli Innocenti. Sulla facciata, sopra il loggiato, fu realizzato, fra il 1526 e il 1528, il bellissimo fregio di terracotta invetriata ad opera di Giovanni della Robbia e di Santi Buglioni, ad eccezione di un pannello ("Dare da bere agli assetati") del pistoiese Filippo di Lorenzo de' Paladini. I sette grandi pannelli che compongono il fregio rappresentano le Opere di Misericordia, intervallati dalle virtù Cardinali e Teologali.
Efficace, dal punto di vista dell'iconografia relativa alla medicina, è il pannello che illustra la visita agli infermi: su un fondo bianco che evoca l'ambiente ospedaliero, un medico sente il polso ad un vecchio malato, dal volto sofferente, mentre un personaggio anziano, forse un inserviente, mostra un'ampolla. Dietro, gli allievi attendono che il medico pronunci la diagnosi. Al centro della scena si trova Leonardo Buonafede, spedalingo del Ceppo, in atto di ascoltare un medico. La scena prosegue con due assistenti che aiutano un chirurgo che cura una ferita alla testa di un giovane paziente.
Nel 1778 lo Spedale del Ceppo recuperò la sua antica indipendenza da Firenze e, pochi anni dopo, il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena lo riunì a quello di San Gregorio, un antico ospizio di Pistoia che accoglieva i figli abbandonati, decretando così l'atto di nascita degli Spedali Riuniti.
L'Ospedale disponeva di una Scuola Medico-chirurgica, forse fondata negli anni Ottanta del Seicento, anche se probabilmente già dal secolo precedente vi si impartivano lezioni di medicina. Nel 1784 il Granduca ne approvò il regolamento, istituendovi cinque cattedre (Medicina Pratica, Istituzioni Chirurgiche, Anatomia, Casi Pratici, Operazioni e Ostetricia) con la necessaria dotazione di strumenti. Alla fine dei corsi, gli studenti dovevano recarsi a Firenze per l'esame finale. La scuola formò medici di valore, tra cui l'anatomista Filippo Pacini, finché nel 1839, con la riforma del sistema di studi superiori, ne fu decretata la chiusura a causa del basso numero di studenti. Della Scuola rimane testimonianza nella raccolta degli antichi ferri chirurgici conservati in un apposito museo.
Il Museo dei Ferri Chirurgici, allestito in un'antica saletta dell'Ospedale, raccoglie ferri urologici, ostetrici e ortopedico-tramautologici databili principalmente tra il Settecento e i primi anni dell'Ottocento. Gli strumenti sono di fabbricazione pistoiese, nazionale (Bologna) e internazionale (Inghilterra e Francia). Il Museo conserva, inoltre, una raccolta di testi medici. Nel giardino dell'Ospedale si trova il restaurato anfiteatro anatomico del Seicento.
Il laboratorio di farmacia, infine, conserva vari reperti databili dal XVIII al XX secolo: banchi per la preparazione dei prodotti galenici, vetreria farmaceutica, una raccolta di vasi e armadi per la conservazione delle essenze officinali. Attualmente è in fase di realizzazione il Museo Storico della ASL 3 di Pistoia, che comprenderà anche le collezioni del Museo dei Ferri Chirurgici.
(Graziano Magrini)
L’immediata periferia della città nasconde ville e parchi di inaspettata eleganza. E’ questo il caso di Villa Puccini, su via Dalmazia, il cui immenso parco, creato da Niccolò Puccini fra il 1820 e il 1840, è popolato di monumenti e padiglioni dedicati ai grandi uomini della scienza.
La villa, nota con il nome di "villone", fu fatta costruire da Tommaso Puccini nella prima metà del secolo XVIII, con i guadagni che ricavò dalla sua professione di medico, e fu modificata nel corso del tempo fino ad assumere l'attuale aspetto neoclassico.
Nell'Ottocento, Niccolò Puccini, uno dei promotori della Società dei Parentali ai Grandi Italiani, mise a disposizione di Filippo Pacini un microscopio con il quale il grande scienziato pistoiese condusse, proprio nella villa, le prime ricerche anatomiche e istologiche.
L'ampio giardino, realizzato tra il 1821 e il 1844 per volere di Niccolò Puccini, fu arredato con vari edifici, alcuni dei quali dedicati alla scienza: un Pantheon agli Uomini Illustri, un "Tempio di Pitagora", un monumento alla scienza, uno all'industria, un emiciclo dedicato a Galileo Galilei e una colonna sovrastata dalla statua di Carlo Linneo, alla cui memoria fu dedicato il parco. Per la sistemazione della struttura idraulica dei due laghi e dei ruscelli incaricò l'architetto pistoiese Giovanni Gambini, che in quel periodo lavorava anche a villa Celle.
Emanuele Repetti definiva il giardino come un luogo «incantato che difficilmente si potrebbe descrivere come merita». Attualmente esso non si presenta più nelle sue forme originarie ed alcuni suoi monumenti sono scomparsi. Sostanzialmente invariato è rimasto, invece, il Castello Gotico (o Fortezza), uno degli edifici monumentali che arricchiva il giardino e che diventò, dal 1836 dimora abituale di Niccolò Puccini. Come testimoniano accurate descrizioni ottocentesche redatte in occasione della vendita all'asta delle proprietà, la torretta centrale possedeva, oltre ad un parafulmine alla sommità del tetto, curiosi marchingegni che secondo un'aneddotica assai diffusa avrebbero permesso a Niccolò Puccini di non allontanarsi dalla sua camera da letto per ricevere gli ospiti: «Nella parete interna di questa camera trovansi diverse maniglie d'ottone che servano con adattato meccanismo ad aprire e chiudere la finestra, aprire e chiudere il cancello di cinta esterno ed ad altri usi oggi fuori servizio».
Una divisione della proprietà fu originata prima dalla costruzione della strada per Porretta, la nuova via Leopolda (1847), e poi dalla costruzione della strada ferrata Porrettana (1864). L'area che comprende la Fortezza, il tempio gotico, il pantheon e alcuni monumenti, quali quello a Galileo, furono acquistati nel 1867 dall'avvocato fiorentino Oreste Ciampi. La parte rimanente del complesso è oggi destinata a parco pubblico.
(Graziano Magrini)
Tornando indietro e imboccando via del Villone e di seguito via Bartolomeo Sestini e via Montalese si scopre, invece, la barocca villa Celle, la cui tortuosa strada di accesso si deve probabilmente a Leonardo Ximenes.
La villa Celle cominciò ad assumere le sembianze attuali a partire dalla seconda metà del secolo XVII, quando i Fabroni iniziarono alcuni lavori di ammodernamento. In particolar modo, il cardinale Carlo Agostino Fabroni organizzò le piantagioni di frutteti, le sistemazioni dei poderi e il riordino del sistema delle acque con la costruzione di vasche, ninfei e fonti. La facciata è caratterizzata da un grande frontone barocco con orologio che ricorda l'analoga soluzione della villa di Bellavista. Alla seconda metà del Settecento risalgono i lavori per la nuova strada di accesso alla villa, che la tradizione vuole realizzata su progetto di Leonardo Ximenes. I giardini e il bosco furono disposti secondo schemi geometrici, tipicamente barocchi. Nel 1812 fu costruita una voliera alla "cinese" in mattoni e ferro. Tra il 1841 e il 1842, sul limite settentrionale del bosco, fu scavato un invaso rettangolare per la produzione del ghiaccio destinato alla ghiacciaia, costituita da un pozzo di forma tronco-conica in blocchi di pietra posati a secco, dotata di canale di drenaggio e pozzetto di raccolta delle acque di infiltrazione. L'acqua della ghiacciaia veniva utilizzata anche nella burraia, un piccolo edificio che ricorda le ghiacciaie della montagna pistoiese.
La trasformazione in parco romantico fu operata a metà del secolo XIX, sotto la direzione dell'architetto pistoiese Giovanni Gambini. Nel 1845 fu inaugurato il laghetto alla "cinese" in forme naturali, con un'isoletta posta su grotte per l'attracco di piccole barche, su cui fu costruito un tempietto in pietra in forme neoclassiche. Al laghetto si accedeva da un ponticello posto su un orrido roccioso con cascata. Nel 1848 iniziarono i lavori per un anfiteatro in forme naturali alla cui sommità fu posto il "Tempietto della Fonte" (oggi "Casetta del The") in stile neogotico. I risultati ottenuti da Gambini furono talmente notevoli che Niccolò Puccini lo chiamò per i lavori del lago della sua villa a Scornio.
Alla fine dell'Ottocento fu ristrutturata la limonaia nelle forme attuali e furono commissionati alla Fonderia Michelucci i cancelli per la villa e per la fattoria. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la villa fu occupata da un comando militare tedesco e trasformata in ospedale, mentre nel parco fu scavato un bunker. Nel 1969 la proprietà di Celle fu acquistata dall'imprenditore Giuliano Gori che ne ha fatto il luogo di raccolta di opere d'arte contemporanea, costituendo la prima collezione di arte ambientale.
(Graziano Magrini)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 17/ott/2008