Museo di Anatomia Patologica dell'Università degli Studi di Firenze
Nel 1742 Antonio Cocchi, nella sua "Relazione dello Spedale di Santa Maria Nuova", segnalava la necessità di istituire un'Accademia medica a Firenze. Dopo vari tentativi, finalmente, nel 1824, grazie anche a Giovan Pietro Vieusseux e al suo Gabinetto, fu fondata la Società Medico-Fisica Fiorentina. I soci si proponevano di studiare le scienze mediche secondo un'impostazione prettamente sperimentale. Fra i membri più attivi e famosi del primo periodo di attività sono da ricordare Pietro Betti, Maurizio Bufalini e Filippo Pacini. Quest'ultimo, nel 1835, consegnò ai soci una relazione nella quale era illustrata la scoperta dei corpuscoli del tatto, denominati nel 1844 "corpuscoli del Pacini". Particolarmente interessante fu anche la vivace discussione sulla natura del colera, che consentì di approfondire gli studi sulle norme igieniche e sulla potabilità delle acque. Nel 1886 la Società assunse l'attuale denominazione di Accademia Medico-Fisica Fiorentina.
Negli anni della fondazione della società fu decisa, soprattutto per volontà del presidente Pietro Betti, anche la creazione di un Museo Patologico. Il Museo acquisì un ruolo centrale nel panorama medico toscano grazie ad una sovrana deliberazione del 28 gennaio 1839 che ne definiva i compiti. Nella stessa si specificavano le regole per effettuare le autopsie nell'Ospededale di Santa Maria Nuova: ogni autopsia doveva essere presieduta dal direttore del Museo Patologico; doveva essere letta e archiviata la storia clinica del paziente deceduto; la diagnosi fatta dal medico curante doveva essere confrontata con i risultati dell'autopsia; le parti del corpo ammalate, asportate con l'operazione chirurgica, dovevano essere consegnate al Museo. In caso di guarigione del paziente, fu stabilito che il medico curante dovesse far pervenire al Museo la relazione della cura postoperatoria.
La difficoltà di garantire un'adeguata conservazione dei materiali patologici impose la necessità di creare alcuni duplicati in cera. I modellatori del Museo si richiamarono alle esperienze e alle tecniche praticate nell'altro laboratorio di ceroplastica di Firenze, quello del Museo della Specola. Furono così realizzati molti modelli con sorprendente realismo che ci offrono uno spaccato sulle più importanti patologie del secolo XIX. La collezione di cere anatomiche comprende numerose riproduzioni, opera in gran parte di Giuseppe Ricci, Luigi Calamai ed Egisto Tortori. Tra quelle attribuite a Calamai, si ricorda il cosiddetto "lebbroso" (1851). Delle cere più antiche non si conosce l'autore. Straordinario esempio della simbiosi fra scienza e arte, le cere avevano soprattutto un valore didattico, consentendo di illustrare ai futuri medici le malattie più importanti senza ricorrere alla dissezione dei cadaveri. Il Museo, che divenne meta di illustri ricercatori della medicina europei, conserva una piccola collezione di anatomia che comprende reperti organici, come scheletri e pezzi anatomici. Nel 1840, anche in seguito all'attività promossa dal Museo, fu istituita una cattedra di anatomia patologica nell'Ospedale di Santa Maria Nuova.
L'Istituto di Anatomia patologica e il Museo sono stati trasferiti a Careggi nel 1959. Attualmente le collezioni del Museo afferiscono al Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia, costituito nel 2000.
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Scheda a cura di Graziano Magrini
Data aggiornamento 11/feb/2008