Villa Il Gioiello
La villa, le cui origini sembrano risalire al secolo XIV, fu ricostruita nel Cinquecento. Il nome “Gioiello” indicava la posizione favorevole della proprietà, situata verso ponente nelle colline di Arcetri. La facciata conserva, in ricordo di Galileo Galilei che vi abitò negli ultimi anni della sua vita, un busto del 1843 e due lapidi (1788 e 1942).
Fu la figlia di Galileo, Virginia, ad informare il padre, nell’agosto del 1631, dell’opportunità di affittare la villa confinante con il monastero San Matteo in Arcetri (entrambe le figlie di Galileo furono monacate in tale monastero: Virginia nell’ottobre del 1616 con il nome di Suor Maria Celeste, Livia nell’ottobre del 1617 con quello di Suor Arcangela.). Galileo stipulò il contratto di affitto nel settembre 1631. Come narra il biografo Niccolò Gherardini, Galileo «si tratteneva molte ore continue in un suo orticello, e tutte quelle pergolette ed anguillari voleva accomodare di sua mano, con tanta simmetria e proporzioni ch’era cosa degna d’esser veduta».
Dopo la condanna da parte del Tribunale del Sant’Uffizio, Galileo fu accolto a Siena dall’Arcivescovo Ascanio Piccolomini, non essendo prudente recarsi a Firenze dove imperversava la peste. Il 1° dicembre 1633 la Congregazione del Santo Uffizio concesse allo scienziato di far ritorno al “Gioiello”, ma gli proibì di ricevere persone con le quali discutere di argomenti scientifici. Negli ultimi giorni dell’anno ricevette la visita del Granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici. Soltanto nel gennaio 1639 gli fu permesso, per le precarie condizioni di salute, di ospitare il giovane Vincenzo Viviani, al quale, tre mesi prima della morte dello scienziato pisano, si aggiunse Evangelista Torricelli.
Qui Galileo terminò i suoi giorni, assistito dal figlio Vincenzo, da Torricelli e da Viviani. Quest’ultimo, nel suo Racconto Istorico della Vita del Sig. r Galileo Galilei, così descrive gli estremi momenti del maestro: «Sopragiunto da lentissima febbre e da palpitazione di quore, dopo due mesi di malattia che a poco a poco gli consumava gli spiriti, il mercoledì dell’8 di Gennaio del 1641 ab Incarnatione [1642], a hore quattro di notte, in età di settantasette anni, mesi dieci e giorni venti, con filosofica e cristiana constanza rese l’anima al suo Creatore, inviandosi questa, per quanto creder ne giova, a godere e rimirar più d’appresso quelle eterne et immutabili maraviglie, che per mezzo di fragile artifizio con tanta avidità et impazienza ella aveva procurato di avvicinare agl’occhi di noi mortali».
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Scheda a cura di Graziano Magrini
Data aggiornamento 01/dic/2010