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Salvatore Quasimodo - 1959
letteratura   

Salvatore Quasimodo - 1959
Siracusa  1901 - Napoli  1968

motivazione

Per la poetica liricità con la quale ha saputo esprimere, con l’energia della classicità, le tragiche esperienze umane dei nostri tempi.


biografia

A Messina, dove la famiglia si era trasferita nel 1908, compì gli studi fino alle superiori, conseguendo il diploma di Geometra nel 1919. Nel 1919 si trasferì a Roma, iscrivendosi alla Facoltà di Agraria, senza però mai completare gli studi. Nel 1926 fu assunto al Genio Civile di Reggio Calabria. Nel 1926, recatosi a Firenze, ospite della sorella sposata con Elio Vittorini, entrò in contatto con lo stimolante ambiente letterario della città. Nel 1941 fu nominato, per “chiara fama”, professore di Letteratura Italiana presso il Conservatorio Musicale Giuseppe V, a Milano, dove insegnerà fino alla morte.

Per il suo antifascismo incontrò diversi ostacoli, anche nella valutazione critica della sua produzione. Nel 1956 fu colpito da un infarto mentre era in visita in Unione Sovietica.

Su candidatura di Carlo Bo e Francesco Flora, gli fu assegnato nel 1959 il Premio Nobel per la Letteratura. Nel 1960 ricevette la laurea honoris causa dall’Università di Messina; lo stesso prestigioso riconoscimento gli sarà tributato nel 1967 dall’Università di Oxford.


scheda di mostra

Siciliano di nascita, ma dall’età di diciotto anni vissuto in varie città del “continente” e infine per quasi quattro decenni a Milano, Quasimodo conserva sempre la Sicilia nel cuore. L’isola, di cui il poeta conosce bene, e spesso illustra, il carattere tragico, diviene per lui un mito in cui proietta la nostalgia della felicità perduta e la nascita della vocazione e dell’ispirazione poetica, un’«azzurra siepe» dalla quale guardare al resto del mondo, e in primo luogo a se stesso.

Costante infatti della sua poesia è il cupo pessimismo esistenziale. Quasimodo si afferma prestissimo come uno dei capifila dell’ermetismo poetico italiano, pubblicando già nella sua prima collezione, Acque e terre del 1930, due tra le liriche entrate a far parte del canone novecentesco: Ed è subito sera e Vento a Tindari. Prosegue sulla via intrapresa, sempre ispirato alla «poetica della parola», sino a Òboe sommerso (1932) ed Erato e Apòllion (1936), per distendere poi il suo ritmo e introdurre temi nuovi, come quelli civili, politici e storici, a partire dalle Nuove Poesie nella raccolta Ed è subito sera (1942) e, soprattutto, in Con il piede straniero sopra il cuore (1946) e Giorno dopo giorno (1947). Come proclamerà nella conferenza tenuta in occasione del conferimento del Nobel, compito del poeta è «rifare l’uomo».

Nel frattempo, lavora alla traduzione dei Lirici greci che, uscita nel 1940 e poi più volte ripubblicata, gli dà ampia fama tra il grande pubblico, ma lo immerge anche in vaste polemiche con i filologi e i classicisti. Le polemiche si fanno violente quando, nel 1959, gli viene conferito il Nobel per la Letteratura: preferito, fra i poeti italiani, ai “padri” della poesia moderna Ungaretti e Montale.


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