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Franco Modigliani - 1985
economia   

Franco Modigliani - 1985
Roma  1918 - Cambridge  2003

testo di catalogo
di Luciano Segreto

Il problema di un rapporto con il mondo della politica è stato sempre al centro delle riflessioni di quanti, come Modigliani, hanno scelto come mestiere quello dell'economista. Per lo meno dalla fine della Prima Guerra Mondiale, quando qualcuno “osò” intitolare un pamphlet Le conseguenze economiche della pace (Keynes 1919) quando cioè impostò la discussione sugli effettivi vantaggi che avrebbero ottenuto i vincitori del conflitto dalla loro gestione del dopoguerra e delle condizioni imposte dal Trattato di Versailles sul piano economico – la questione di un rapporto tra gli strumenti analitici e soprattutto le conoscenze proposte dagli economisti e le letture della società che interessano al mondo della politica, ai governi, agli stati, ha rappresentato uno dei confronti intellettuali più interessanti – ma anche più frustranti, almeno per uno dei due interlocutori – che si sono sviluppati nel corso del XX secolo.

 

Il re Carlo XVI Gustavo di Svezia consegna a Modigliani il diploma e la medaglia del Nobel.

Modigliani ha attraversato diverse stagioni nei suoi rapporti con il mondo della politica, anche se i suoi interventi – o, meglio, l'eco dei suoi interventi – hanno raggiunto i momenti più rilevanti nel corso dell'ultima parte degli anni Ottanta e nel corso degli anni Novanta, non solo perché a quel punto era un Premio Nobel a parlare, a prendere posizione sulla situazione economica italiana, ma anche perché, come dire, la società italiana era “pronta” a sentire certe analisi e certe diagnosi, spesso impietose, come se fosse entrata in una sorta di età matura, nella quale anche questioni che, fino a poco prima, apparivano esoteriche o appetibili solo per alcuni selezionatissimi adepti, finalmente entravano in un circuito mediatico e quindi di diffusione di conoscenze o di opinioni molto più vasto ed articolato.

 

Cresciuto come studioso negli anni in cui il confronto era con un titano – l'autore della Teoria generale – Modigliani aveva già dato prova di sé offrendo a Schumpeter, attraverso un articolo del 1944 (apparso quando aveva solo 26 anni e non aveva ancora scritto la sua tesi di dottorato, che prenderà spunto proprio da questo lavoro pionieristico), le argomentazioni critiche (Modigliani 1944), ma gestite pur sempre da «mani amichevoli» (Schumpeter 1968, p. 630), per presentare le sue osservazioni di sintesi su alcuni aspetti delle idee di Keynes e dei suoi seguaci a proposito del ruolo giocato dal saggio d'interesse nella determinazione del rapporto tra l'efficienza marginale del capitale e la propensione psicologica al risparmio.

 

Modigliani in un disegno di Fabio Sironi.

E proprio da qui partì Modigliani nel suo contributo alla teoria del risparmio privato, sintetizzato per la prima volta in un articolo del 1954, nel quale il giovane docente e il suo assistente, Richard Brumberg, delinearono le loro ipotesi sul ciclo vitale del risparmio (Modigliani-Brumberg 1954), uno dei due pilastri su cui si sarebbe basata la motivazione per l'assegnazione del Premio Nobel nel 1985, un riconoscimento – affermò Paul Samuelson, amico e collega dell'economista italo-americano e pure lui vincitore del Premio Nobel – che Modigliani avrebbe potuto ottenere per numerosi e diversi soggetti di studio, tanto ricca ed imponente è stata la sua originale produzione scientifica (Story-Levis 2003). Quando scrisse quell'articolo erano gli anni del maccartismo e della caccia alle streghe, persino nelle università americane, e Modigliani, considerato un discepolo di Howard Bowen, che l'aveva voluto all’Università dell’Illinois e dalla quale venne cacciato con motivazioni politico-ideologiche (ma alla base delle quali stavano meschine manovre accademiche), non ne fu risparmiato. Modigliani resistette un altro anno, ma alla fine dovette lasciare quell'University, andando ad occupare una cattedra al Carnegie Institute of Technology (oggi Carnegie Mellon) di Pittsburgh, Pennsylvania.

 

Una lezione alla Sloan School of Management del MIT.

Al centro del suo studio stava un'idea molto semplice, che metteva in relazione propensione al risparmio, consumi ed età dei soggetti economici: in sostanza, la gente risparmia per la propria pensione, accumulando somme di denaro negli anni in cui fa parte della popolazione attiva, per poi spenderli – cioè consumare – durante gli anni della pensione. Le novità rispetto alle teorie precedenti non erano di poco conto: Modigliani era in grado di dare una spiegazione convincente di quello che era stato definito il paradosso di Simon Kutzets. Questi aveva notato un'incongruenza nella teoria generale del risparmio di Keynes: i dati statistici americani dimostravano che la quota dei risparmi sul reddito nazionale non aveva intrapreso una crescita di lungo periodo, nonostante un enorme aumento dei redditi personali. Modigliani e Brumberg dimostravano coerentemente che la loro ipotesi portava ad una serie di conclusioni innovative rispetto alle teorie esistenti, la più rilevante delle quali era che il risparmio personale non è determinato solo dal reddito, ma anche dalla ricchezza, dalle aspettative sul reddito futuro e dall'età e, più in particolare, dal tasso di crescita del livello di reddito, dalla crescita demografica, ma anche dalla struttura per classi d'età della popolazione, dalla ricchezza aggregata complessiva e, infine, che l'effetto moltiplicatore di un aumento di spesa si avvicina al valore inverso del tasso d'interesse marginale.

 

Figurina della serie sugli economisti, stampata a cura di un gruppo di studenti della University of Michigan.

Le novità di tali formulazioni per un pubblico di non addetti ai lavori risiedevano soprattutto nella loro applicazione sia sul terreno delle politiche economiche governative, cui forniva nuovi elementi in base ai quali valutare gli effetti di certe decisioni di natura fiscale o monetaria; sia su quello, non meno importante (specie nelle società più avanzate, ma anche con una piramide demografica rovesciata), relativo agli effetti dei diversi sistemi pensionistici, per non parlare delle conseguenze di lungo periodo – cioè di quelle che vengono spalmate su più generazioni – dei deficit del bilancio statale. Le sue riflessioni su tali questioni furono giudicate sul “New York Times” da Paul Samuelson come «the best explanation of what actually happened in the great swing of American life since the 1950s». Ma si può anche andare oltre, poiché questi sono temi di scottante attualità per la gran parte delle società occidentali, nelle quali risparmio e pensioni sono al centro del dibattito e dello scontro politico-sociale. Averne delineato le variabili fondamentali circa cinquant'anni fa, quando tali questioni neppure erano all'ordine del giorno, non è stata cosa poco sorprendente. Non meraviglia, a maggior ragione, che oltre una trentina d'anni dopo, Modigliani avesse fatto di questi argomenti i motivi di un'appassionata discussione con i diversi governi italiani che, dall'inizio degli anni '90, cercarono di mettere mano alla questione della riforma del sistema pensionistico, invitando gli italiani – con crudezza, ma anche con gustosa ironia – a «rientrare nel genere umano» (Amato 2004).

 

Per certi versi ancora più attuale – e, si dovrebbe aggiungere, purtroppo – è il teorema che Modigliani definì insieme con Merton Miller, chiamato per l'appunto il “teorema Mo.Mi”, il secondo dei contributi teorici che gli valsero il Premio Nobel. I due studiosi delinearono tale teoria in due articoli pubblicati nel 1958 (Modigliani-Miller 1958-1 e 1958-2), spiegando che in un mercato dei capitali perfetto il valore di mercato dell'impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria, «una tesi che apparve inaudita a quell'epoca» (Modigliani 1999, p. 100). Anche in questo caso le novità erano di enorme rilievo. Prima del Mo.Mi. si riteneva che per un'impresa indebitarsi attraverso prestiti (bancari o obbligazionari) fosse meglio che emettere azioni, dato che il costo dei primi è di solito inferiore al rendimento delle azioni, anche perché si considerava che il costo del capitale era determinato unicamente dal tasso di interesse. In realtà, tale costo dipende dalla media ponderata dei costi dei due strumenti finanziari a disposizione dell'impresa, quello azionario e l'indebitamento. Modigliani obiettò, pertanto, che mentre gli azionisti si dividono profitti, ma anche perdite, il debito deve essere rimborsato con gli interessi, anche a rischio di una bancarotta e quindi di una perdita totale del capitale azionario. Non si poteva più affermare che un aumento di profitto atteso in cambio di un maggior rischio è veramente vantaggioso per gli azionisti. In conclusione, scrivevano gli autori del Mo.Mi., la regola d'oro per i dirigenti d'azienda non dev’essere la massimizzazione del profitto, bensì quella del valore di mercato dell'impresa. Infatti, in base alla loro teoria, se non vi sono effetti perturbatori del mercato (in sostanza se non esistono particolari vincoli ai movimenti di capitale o sono assenti imposizioni di natura fiscale sugli stessi), il valore di un'impresa non dipende dalla sua struttura finanziaria, bensì dal valore attuale dei suoi profitti venturi. Ne deriva che per l'impresa la strategia finanziaria diventa irrilevante: sarà, quindi, del tutto marginale ricorrere a forme di finanziamento che prevedano il ricorso all'indebitamento o all'emissione di nuovi titoli azionari.

 

Alla cerimonia di premiazione.

Negli ultimi anni Modigliani andava ripetendo che il sistema economico-finanziario stava seduto sopra una bolla speculativa che prima o poi sarebbe scoppiata, con conseguenze spiacevoli, come amava ripetere con una notevole dose di understatement. Gli Stati Uniti non erano certo esenti dalle sue critiche: «We have a gigantic debt. It is conceivable that foreigners will refuse to lend to us at a certain point. They may refuse to buy shares of our companies. If the dollar depreciates – affermò nel discorso tenuto nel 2000 nell'ambito delle Ford-MIT Nobel Laureate Lecture Series, parlando con altri due Premi Nobel del MIT, Paul A. Samuelson e Robert M. Solow – there may be a run as everyone wants to get rid of dollars. At that point, we are no different from Malaysia» (Modigliani-Samuelson-Solow 2000). I recenti scandali internazionali (Enron, WorldCom e Parmalat) sembrano fatti apposta per rilanciare l'invito a leggere il Mo.Mi. Modigliani non li ha potuti commentare, ma probabilmente avrebbe risposto sostanzialmente allo stesso modo in cui gli si rivolse la moglie a proposito della continua sollecitazione di opinioni cui era sottoposto, specie negli ultimi anni, l'economista italo-americano: «Tutti ci chiedono che cosa pensiamo dell'Italia, ma poi non gli piace quello che noi pensiamo dell'Italia» (Forcellini 1999, p. 88). E meno ancora, probabilmente, della maniera di gestire sul piano finanziario certi gruppi industriali.

 

 

Letteratura citata

 

Amato 2004: G. Amato, La lezione di Modigliani ai manager di ventura, “La Repubblica”, 20 febbraio 2004.

 

Forcellini 2004: P. Forcellini, L'Italia salvata dai governatori. Visti dall'America/Parla Franco Modigliani, “L'Espresso”, 1 aprile 1999.

 

Keynes 1919: J.M. Keynes, The Economic Consequences of Peace, Londra 1919 (trad. it. Le conseguenze economiche della pace, Milano 1920).

 

Miller-Modigliani 1958-1: M.H. Miller-F. Modigliani, The Cost of Capital, Corporation Finance and the Theory of Investment, “American Economic Review”, vol. XXX, 1958.

 

Miller-Modigliani 1958-2: M.H. Miller-F. Modigliani, New Developments on the Oligopoly Front, “American Economic Review”, vol. XXX, 1958.

 

Modigliani 1944: F. Modigliani, Liquidity Preference and the Theory of Interest and Money, “Econometrica”, vol. 17, gennaio 1944, pp. 45-88 (trad. it. La preferenza per la liquidità e la teoria dell'interesse e della moneta, a cura di C. D'Adda, Bologna 1992).

 

Modigliani 1999: F. Modigliani, Avventure di un economista. La mia vita, le mie idee, la nostra epoca, a cura di P. Peluffo, Roma-Bari 1999.

 

Modigliani-Brumberg 1954: F. Modigliani-R. Brumberg, Utility Analysis and the Consumption Function: An Interpretation of Cross Section Data, in K. Kurihara (a cura di), Post Keynesian Economics, New Brunswick 1954.

 

Modigliani-Samuelson-Solow 2000: F. Modigliani, P.A. Samuelson, R.M. Solow, The US Economy: The Last 50 Years and the Next 50 Years, “MIT Tech Talk”, vol. 45, no. 6, 20 settembre 2000.

 

Schumpeter 1968: J. Schumpeter, Storia dell'analisi economica, a cura di C. Napoleoni, Torino 1968 (ed. or. History of Economic Analysis, a cura di E. Boody Schumpeter, New York 1954).

 

Story-Lewis 2003: L. Story-L. Levis, Franco Modigliani, 85, MIT Teacher, Nobel Laureate in Economics, “Boston Globe”, 26 settembre 2003.

 

 


 

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