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Giulio Natta - 1963Imperia 1903
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Bergamo 1979
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testo di catalogo
di Giovanni Paoloni
«Fatto il polipropilene»: così annotava Giulio Natta sulla sua agenda l'11 marzo 1954. Lo ha ricordato recentemente Paolo Corradini, all'epoca allievo e assistente di Natta, "strutturista" del suo gruppo e autore dello spettro di diffrazione ai raggi X che permise di determinare le caratteristiche del primo campione di polipropilene prodotto quel giorno nel laboratorio di chimica industriale del Politecnico di Milano. La reazione, racconta ancora Corradini, fu effettuata da un altro collaboratore di Natta, Paolo Chini, che «riempì un autoclave di polimero a partire da propilene, solvente idrocarburico, alluminio trietile e tetracloruro di titanio» (Maltese et al. 2003, p. 13). Natta amava dire, con understatement tipico di un carattere e di un ambiente: «ho trovato solo il modo di mettere in fila le molecole come soldatini in parata» (Maltese et al. 2003, p. 21). Ma mettendo in fila le molecole avrebbe ottenuto nel 1963 il Premio Nobel, insieme a Karl Ziegler, «per le loro scoperte nel campo della chimica e della tecnologia dei polimeri», come recita la relativa motivazione.
Fin dalla laurea in Ingegneria Chimica, conseguita al Politecnico di Milano con Giuseppe Bruni, Natta aveva indirizzato i suoi interessi verso le ricerche sulla determinazione della struttura delle sostanze chimiche mediante raggi X. Per ampliare le sue conoscenze in questo campo, Natta nel 1925 accettò una borsa di studio presso il laboratorio del prof. Seemann a Friburgo. Qui si sviluppavano tecniche di analisi delle strutture chimiche tramite diffrazione di elettroni. Questo periodo della vita di Natta fu determinante per i suoi futuri interessi scientifici. Qui infatti Natta entrò in contatto con il gruppo di lavoro di Hermann Staudinger che si occupava di macromolecole (era stato lui stesso a coniare il termine nel 1925), e che per i suoi studi in questo campo avrebbe ottenuto il Nobel nel 1953. In quegli anni lo studio sulle macromolecole era ancora pionieristico; Natta ne intuì l’importanza e le potenzialità e tornato a Milano iniziò uno studio sulle strutture cristalline di polimeri.
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I polimeri sono sostanze formate dall'unione di più molecole di uno stesso composto (dette monomeri) che si succedono costituendo una specie di catena in cui i vari anelli sono tenuti insieme da un legame chimico che si ripete con regolarità, e che in determinati casi hanno un orientamento spaziale ben ordinato (polimeri stereoregolari). Esistono polimeri naturali, come la cellulosa, l'amido, le proteine, gli acidi polinucleici, la cui struttura e funzioni sono state chiarite dai ricercatori, sino dalla fine dell'Ottocento. Solo a partire dagli anni Venti sono invece noti i polimeri di sintesi, quelli cioè preparati dall'uomo usando appositi procedimenti tecnologici che vanno sotto il nome generale di processi di polimerizzazione: tra i prodotti oggi di uso quotidiano si possono ricordare le poliammidi (nylon), il politetrafluoroetilene (teflon), il polivinilcloruro (PVC), il polistirolo, il polietilene, il polimetilmetacrilato (plexiglas), e molti altri. Le ricerche svolte negli anni tra le due guerre e l'ingente sforzo industriale durante la Seconda Guerra Mondiale avevano portato ad approfondite conoscenze sulla sintesi dei polimeri e sulle loro proprietà, ma all'inizio degli anni Cinquanta non era stato ancora ideato un procedimento per produrre polimeri con configurazioni spaziali dotate di un particolare ordine, corrispondente a particolari proprietà dei materiali polimerici stessi. La soluzione di tali problemi stimolò il decollo di questo settore industriale, che sembrava destinato a segnare il passo.
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La duplice personalità di Natta, scienziato con una profonda preparazione teorica e tecnico attento alle applicazioni pratiche delle scoperte fatte, si era evidenziata già nel 1926 con lo studio della sintesi del metanolo. Con questi studi, tra l’altro, Natta affinò le sue conoscenze sulla catalisi. Negli anni successivi egli si dedicò a una intensa e proficua attività di ricerca applicata, senza trascurare di svilupparne anche la parte teorica. Tra queste attività si possono citare: gli studi sul metanolo, sulla formaldeide, sul butadiene (per la produzione di gomma sintetica) e sulla catalisi e l’oxosintesi. Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, Natta entrò in contatto con il mondo industriale statunitense. Qui lo sviluppo della petrolchimica stava trasformando radicalmente la chimica organica industriale, basata sino ad allora sul carbon fossile e sui prodotti di fermentazione. Natta comprese le nuove possibilità offerte dalle olefine (un tipo di idrocarburi insaturi cui appartengono anche l'etilene e il propilene) e iniziò, su questi temi, una collaborazione con la Montecatini. Dal 1948 approfondì gli studi sulle sintesi e le proprietà dei composti macromolecolari. Nel 1952, dopo una comunicazione di Karl Ziegler sulla polimerizzazione dell’etilene in presenza di composti alchilati di alluminio, Natta si convinse della possibilità di controllare la struttura della catena polimerica durante la sintesi, approfondendo le ricerche di Ziegler sull'impiego di catalizzatori metallorganici opportunamente modulati; egli decise inoltre di orientare le indagini verso la polimerizzazione delle olefine diverse dall’etilene, di cui esisteva ampia disponibilità a basso costo nell’industria petrolifera. Questi studi lo condussero in breve alla scoperta dei catalizzatori stereospecifici (capaci cioè di orientare nello spazio la struttura della catena polimerica) e alla preparazione del polipropilene isotattico nel 1954. Mediante un dispositivo fabbricato nell'officina dell'Istituto, il gruppo di Natta riuscì a produrre dal nuovo materiale una prima, rudimentale fibra. Natta comprese inoltre che la cristallinità del nuovo polimero era dovuta alla regolarità della struttura superficiale del catalizzatore, e decise di ricorrere a un composto del titanio diverso da quello utilizzato da Ziegler: la resa del processo di polimerizzazione passò di colpo dal 40% all'85%, e il polipropilene isotattico divenne un polimero industrialmente utilizzabile.
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Il polipropilene è una delle innovazioni che tra il 1930 e il 1955 hanno trasformato le materie plastiche e le fibre sintetiche in un'immensa realtà industriale, con ripercussioni incalcolabili sulla vita quotidiana e perfino sulla creatività artistica contemporanea; nella sua opera Miti d'oggi del 1957 Roland Barthes scrive: «Più che una sostanza, la plastica è l'idea stessa della sua infinita trasformazione, è, come indica il suo nome volgare, l'ubiquità resa visibile» (Barthes 1994).
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Intuendo le enormi potenzialità del nuovo polimero, Natta riuscì a convincerne anche Pietro Giustiniani, amministratore delegato della Montecatini. Nel 1951 il grande gruppo chimico aveva acquistato dalla Pirelli due impianti, collocati a Terni e a Ferrara, realizzati alla fine degli anni Trenta per la produzione di gomma sintetica con butadiene, attività nella quale Natta aveva ottenuto importanti risultati, anche se non era mai giunta alla fase industriale. Questi due impianti vennero trasformati in Centri di Ricerche e incaricati dal 1955 di seguire lo sviluppo industriale del polipropilene: il Centro di Ferrara venne incaricato dello sviluppo delle applicazioni per plastici e della ricerca per il miglioramento dei processi produttivi; quello di Terni dello sviluppo nel settore delle fibre e dei film plastici. Nacquero così i marchi commerciali per le applicazioni del polipropilene: Moplen (sviluppato a Ferrara) per la produzione di oggetti in plastica, Meraklon per le fibre sintetiche, Merakrin per il fiocco, Moplefan per gli imballaggi (sviluppati a Terni); a Ferrara venne anche messo a punto, vent'anni dopo, un nuovo processo produttivo basato sui catalizzatori ad alta resa, che ha rivoluzionato gli impianti di polimerizzazione. Su questi materiali è oggi basata una parte significativa dei prodotti di uso quotidiano che ci circondano, dalle confezioni della pasta agli assorbenti igienici, dai pannolini per neonati alla tappezzeria delle autovetture, dagli imballaggi industriali a innumerevoli oggetti in plastica.
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Nel giugno 1961 il "Journal of Polymer Science", dedicando il fascicolo a Natta, osservava: «Raramente un contributo scientifico ha sollevato un così profondo e fondamentale interesse ed è stato seguito da un tale rapido sviluppo come il lavoro di Natta e dei suoi collaboratori sulla polimerizzazione stereospecifica». La scoperta di Natta ha segnato il passaggio da un interesse prevalentemente orientato alla comprensione della struttura chimica dei polimeri a una vera e propria ingegneria dei legami chimici per l'ottenimento di strutture polimeriche con caratteristiche orientate su usi specifici, che è poi sfociata negli attuali tecnopolimeri a elevato valore aggiunto. Purtroppo, l'avventura del polipropilene e dei polimeri avanzati non è più un'avventura italiana: le numerose vicende societarie della Montecatini, poi Montedison, hanno portato alla graduale cessione di questo settore produttivo, definitivamente passato di mano con l'uscita di Montedison da Montell nel 1997. «A quanto dicono gli esperti – commentava la notizia Giuseppe Turani – la chimica che sta in Montell è tutto sommato una chimica di pregio, tecnologicamente interessante. Ma proprio per questo la Shell se l'è comprata. E oggi non è più nostra» (Turani 1997).
Letteratura citata
Barthes 1994: R. Barthes, Miti d'oggi, Torino 1994 (ed. or. Mithologies, Parigi 1957).
Maltese et al. 2003: P. Maltese, P. Olivieri, F. Protospataro, Il polipropilene: una storia italiana, Arrone (TE) 2003.
Turani 1997: G. Turani, Cronaca di una morte annunciata da decenni di sperperi politici, “La Repubblica”, 13 settembre 1997.
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