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Camillo Golgi - 1906Córteno 1843
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Pavia 1926
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testo di catalogo
di Paolo Mazzarello
«Lavoro molte ore al microscopio. Sono felice d’aver trovato una nuova reazione per dimostrare anche agli orbi le strutture dello stroma interstiziale della corteccia cerebrale. Faccio agire il nitrato d’argento sui pezzi di cervello induriti in bicromato di potassio. Ho già ottenuto risultati assai belli e spero di ottenere di più» (Mazzarello 1996, p. 87). Così scriveva Camillo Golgi il 16 febbraio 1873 all’amico Nicolò Manfredi, assistente nella Clinica Oculistica di Pavia. Era un accenno alla messa a punto della “reazione nera”, o “tecnica cromoargentica”, il metodo istologico che ha contribuito più di ogni altro allo sviluppo dell’istologia e dell’anatomia microscopica del sistema nervoso centrale, fornendo una base alla fondazione delle neuroscienze. Conosciuta anche come “metodo di Golgi”, avrebbe fatto ottenere al suo creatore il Premio Nobel per la Medicina nel 1906.
La tecnica, apparentemente semplice ma in realtà molto laboriosa, consiste in una prima fase di fissazione-indurimento dei pezzi di tessuto nervoso in bicromato di potassio, seguita dalla loro immersione nel nitrato d’argento. Il risultato che si ottiene è la precipitazione selettiva di un sale, il cromato d’argento, che colora in nero il corpo cellulare con tutti i suoi prolungamenti fino alle estreme diramazioni. La silhouette della singola cellula nervosa appare così in tutta la sua complessa morfologia con contorni precisi e perfettamente definiti. Caratteristica della reazione, tuttora non spiegata sul piano chimico-fisico, è la sua parzialità, per cui soltanto una bassa percentuale delle cellule assumono la colorazione bruna e spiccano nettamente nel campo microscopico emergendo dall’apparente caos del labirintico intreccio nervoso, rivelando regolari disposizioni spaziali e precise proiezioni a distanza.
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L’invenzione della reazione nera costituì un momento epocale nella storia della biologia e della medicina nella seconda metà dell’Ottocento. Da quel momento, ciò che sembrava un progetto impossibile da perseguire con i mezzi dell’epoca, la comprensione strutturale fine del tessuto nervoso, divenne un programma di ricerca iscritto all’ordine del giorno dell’impresa scientifica. Il Comitato Nobel riconobbe infatti nella messa a punto del metodo di Golgi e nelle sue prime applicazioni il contributo pionieristico fondamentale agli studi neuroanatomici che costituirono il presupposto indispensabile ai successivi sviluppi clinico-funzionali della scienza neurologica.
Golgi aveva quasi trent’anni quando mise a punto la reazione nera. Nato a Corteno in Valcamonica nel 1843, si era iscritto alla Facoltà di Medicina dell’Università di Pavia con l’unico scopo di ottenere il titolo accademico per esercitare la professione medica. Laureatosi nel 1865, aveva iniziato ad appassionarsi allo studio dell’encefalo diventando assistente di Cesare Lombroso, che dirigeva la Clinica Psichiatrica pavese. Nel tempo che gli lasciava libero l’attività ospedaliera, iniziò a frequentare il Laboratorio di Patologia Sperimentale, rimanendo affascinato dal giovanissimo patologo Giulio Bizzozero, sotto la cui guida diventò rapidamente un virtuoso delle tecniche istologiche. Se fu Lombroso che accese in Golgi la passione per il sistema nervoso, fu tuttavia da Bizzozero che intravide la via morfologica alla neurobiologia. Proprio questo doppio binario nella formazione scientifica del futuro Premio Nobel, gettò i semi del suo contributo metodologico fondamentale allo sviluppo delle neuroscienze: la messa a punto della reazione nera.
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Tuttavia l’apporto di Golgi non si esaurì nell’invenzione della nuova tecnica. In possesso di uno strumento di indagine così innovativo, egli si trovò infatti a esplorare un territorio completamente sconosciuto, dove ogni applicazione del metodo prometteva scoperte scientifiche e studi originali. Fondamentali furono infatti i risultati neurocitologici e neuroanatomici immediatamente ottenuti da Golgi, quali la dimostrazione della costante presenza dell’assone nella costituzione generale delle cellule nervose, l’osservazione della ramificazione di questo prolungamento nervoso (uno dei suoi contributi più duraturi alle neuroscienze), la classificazione delle cellule nervose, sulla base della lunghezza dell’assone, in cellule del I e II tipo (“di Golgi”), la scoperta di molti tipi citologici, come gli elementi del cervelletto che portano il suo nome, la descrizione originale di molte regioni dell’encefalo. Infatti nel suo discorso di presentazione, durante le cerimonie di conferimento del Nobel nel 1906, il clinico svedese Karl A.H. Mörner, rettore del Karolinska Institutet, pur evidenziando la grande importanza “tecnica” dell’opera di Golgi, fece anche un significativo accenno alle sue fondamentali scoperte neurocitologiche e neuroanatomiche che avevano evidenziato «punti essenziali dell’architettura del sistema nervoso centrale, così come molti dettagli strutturali importanti» (Mörner, in Nobel Lectures 1967).
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Con la messa a punto della reazione nera, la neuroistologia diventò un settore di studio maturo perché solo da quel momento divenne pienamente possibile l’identificazione della morfologia delle cellule nervose e gliali distribuite nel sistema nervoso centrale. Ma un progresso ancora più grande lo fece la neuroanatomia microscopica che, nell’accezione moderna, può dirsi proprio fondata dal metodo di Golgi. Soltanto con la reazione cromoargentica diventò infatti realizzabile la descrizione e la classificazione delle strutture nevrassiali nei termini di gruppi cellulari legati da precisi rapporti spaziali e collegati da ben individualizzate vie nervose.
Sulla base delle scoperte fatte con l’applicazione della reazione nera, Golgi diede un contributo fondamentale alle concezioni neurofisiologiche cellulari. Prima di lui si riteneva infatti che la trasmissione del messaggio nervoso avvenisse attraverso le ramificazioni dei dendriti e la supposta rete sinciziale, estesa a tutti i centri nervosi, derivante dalla loro ipotetica fusione. Fin dalle prime applicazioni del suo metodo, Golgi confutò l’esistenza di questa struttura reticolare interdendritica e puntò la sua attenzione sull’assone quale elemento centrale nella propagazione nervosa, capovolgendo quindi la concezione allora dominante della neurofisiologia cellulare. Solo con i suoi studi, l’assone assunse infatti la posizione privilegiata di elemento fondamentale attraverso cui avviene la comunicazione intercellulare a distanza nel sistema nervoso centrale.
La reazione nera ebbe un effetto dirompente nella comunità degli istologi e degli anatomisti, una volta che ne venne compresa l’importanza. La convinzione che con essa avesse preso origine una fase completamente nuova negli studi sul sistema nervoso è attestata dal grande biologo Rudolf Albert von Kölliker, che giungerà a suddividere le sue indagini neuroistologiche in ricerche eseguite con la tecnica cromoargentica e in studi effettuati con gli altri metodi.
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L’affermazione internazionale della reazione nera si realizzò, tuttavia, dopo una storia contrastata. I primi lavori di Golgi, completati sulla base del nuovo metodo, erano stati pubblicati su riviste dalla scarsa diffusione internazionale, anche se vennero poi ripresi da importanti periodici scientifici tedeschi e inglesi. In secondo luogo i risultati ottenuti applicando il metodo erano troppo in anticipo sui tempi, al punto che alcuni studiosi pensarono a degli artefatti quando osservarono i primi vetrini realizzati “alla Golgi” o videro le illustrazioni tratte direttamente dai preparati di reazione nera. La tecnica, inoltre, possiede un notevole grado di imprevedibilità: anche quando si rispettino rigorosamente tutti i passaggi metodologici prescritti, fornisce risultati non costantemente riproducibili. La capacità di utilizzare il metodo appare quindi il risultato di un laborioso tirocinio individuale, e la perizia tecnica richiesta si acquisisce soltanto dopo molti tentativi ed errori. Per tutti questi motivi, la reazione nera era stata considerata all’inizio con scetticismo e diffidenza dai neuroanatomisti e per circa quindici anni venne utilizzata quasi esclusivamente dalla scuola di Golgi. La situazione cambiò drasticamente verso la fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, quando alcuni studiosi, con in testa lo spagnolo Santiago Ramòn y Cajal, lo svizzero Rudolf Albert von Kölliker, il belga Arthur van Gehuchten e lo svedese Gustav Retzius, iniziarono a utilizzarla sistematicamente. Soltanto allora si inizierà ad apprezzare l’enorme potenziale esplicativo della reazione nera nel rivelare con precisione i rapporti neurocitologici all’interno del sistema nervoso centrale. Grazie a questo metodo, negli anni a cavallo fra Ottocento e Novecento, si realizzerà una delle imprese più entusiasmanti nella storia della biologia, la precisa determinazione e descrizione topografica dei principali centri encefalo-midollari.
Per la natura stessa della messa a punto della reazione nera, Golgi viene ad assumere una posizione particolare e singolare nella storia delle neuroscienze. Come abbiamo visto il metodo si presenta come l’applicazione di una particolare “ricetta” di sostanze chimiche che agiscono sequenzialmente nel tessuto nervoso. Niente in partenza farebbe comunque prevedere che, in particolari condizioni, il “miracoloso contatto” fra il bicromato e il nitrato d’argento possa generare la singolare precipitazione chimica intracellulare. Proprio per questo motivo la reazione nera appartiene a quella categoria di acquisizioni scientifiche non solo imprevedibili ma che forse non si sarebbero realizzate, se non dopo molto tempo, non fosse stato per il lavoro, in condizioni quasi uniche, di quel particolare ricercatore. Vi è una controprova storica della straordinarietà di questa realizzazione: nessun istologo riuscì a trovare qualcosa di paragonabile nei quindici anni successivi alla pubblicazione del metodo. Con il suo contributo Golgi cambiò dunque la direzione, il percorso storico della neurobiologia immettendo nella pratica neuroistologica una tecnica inaspettata che determinò un enorme progresso negli studi sulla struttura del sistema nervoso centrale. Il suo fu un contributo “strategico” per l’evoluzione delle discipline neuromorfologiche, sebbene, per sua stessa natura, la tecnica rappresentava più “un’arte di cucina” che il risultato di un programma scientifico condiviso.
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Al contrario tutte le scoperte e le concezioni teoriche che seguirono all’applicazione della reazione nera, a cavallo dei due secoli, erano largamente una “questione di tempo”, e spesso giunsero contemporaneamente da più ricercatori. Così fu per la teoria del neurone, proposta indipendentemente da Wilhelm His e August Forel, per la legge della polarizzazione dinamica delle cellule nervose, formulata nello stesso momento da Ramòn y Cajal e da van Gehuchten, e per la scoperta delle spine dendritiche, osservate ancora da Ramòn y Cajal e da M.J. Rossbach e E. Sehrwald.
La reazione nera ha dimostrato di superare la prova del tempo stimolando la messa a punto di innumerevoli altri metodi di impregnazione metallica delle strutture nervose. Il suo potenziale biotecnologico l’ha resa uno strumento versatile variamente applicato nei 130 anni della sua esistenza. Utilizzando questo metodo è stato scoperto l’apparato di Golgi della cellula eucariotica, il reticolo sarcoplasmatico e, attraverso suoi particolari adattamenti, il sistema endocrino diffuso. A lungo è rimasta l’unica tecnica in grado di evidenziare la cellula nervosa nella sua interezza ed è tuttora adoperata nei laboratori istologici in tutto il mondo. In tempi recenti ha trovato nuovi impieghi dalla sua dimostrata possibilità di applicazione alla microscopia elettronica (la cosiddetta “Golgi EM”). Di ben pochi metodi si può dire lo stesso a più di cento anni dalla loro realizzazione.
Con la reazione nera l’Italia otteneva il primo Nobel per la Medicina, e si apriva allora la lunga serie dei Premi conferiti a studiosi del sistema nervoso. A distanza di quasi un secolo, quello di Golgi è purtroppo rimasto l’unico di tali riconoscimenti conferito in campo biomedico per una scoperta fatta interamente nel nostro paese. Inutile sottolineare quanto gli uomini politici e i responsabili della ricerca scientifica dovrebbero meditare su questa circostanza e sulle sue cause sia prossime che remote.
Letteratura citata
Mazzarello 1996: P. Mazzarello, La struttura nascosta. La vita di Camillo Golgi, Bologna 1996.
Mörner, in Nobel Lectures 1967: K.A.H. Mörner, Camillo Golgi. The Nobel Prize in Physiology or Medicine 1906, in Nobel Lectures. Physiology or Medicine 1901-1921, Amsterdam 1967.
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