Piana lucchese
Sebbene la Piana lucchese abbia subito, soprattutto nel secolo scorso, un forte processo di industrializzazione, molte sono le attrattive di carattere storico-naturalistico offerte dal suo territorio. I comprensori di Lucca e Capannori, in particolare, conservano, accanto alle numerose ville cinque-secentesche, aree verdi di grande interesse botanico.
[ A causa delle limitazioni di traffico in vigore nel centro storico si consiglia di percorrere a piedi le prime tappe dell'itinerario proposto ]
Tra le residenze nobiliari presenti all'interno del circuito murario rinascimentale di Lucca, villa Bottini offre ancora un'eloquente testimonianza dello studio riposto dai trattatisti dell'epoca nella realizzazione dei giardini.
Costruita da Bernardino Buonvisi nella seconda metà del secolo XVI, costituisce uno splendido esempio di villa urbana con funzione di rappresentanza, situata in un'area poco edificata e ancora ricca di orti, fuori della porta San Gervasio del circuito murario medievale e all'interno delle mura rinascimentali di Lucca. L'edificio, a forma di parallelepipedo sormontato da una loggia-belvedere, presenta un raffinato disegno architettonico che risente dell'influenza dell'Ammannati e, per alcune parti decorative, del Buontalenti. L'interno, al pian terreno, e il portico sono caratterizzati da un suggestivo ciclo di affreschi, con scene mitologiche e allegoriche, eseguiti da Ventura Salimbeni e dalla sua scuola negli ultimi anni del Cinquecento. Particolarmente interessante è la Sala delle Scienze, dove sono raffigurati nel soffitto Poeti e Scienziati guidati al Tempio della Gloria, nei pennacchi le allegorie delle Arti (Musica, Aritmetica, Astrologia e Geometria, Grammatica, Retorica, Dialettica), e nelle lunette alcuni personaggi illustri, come Pitagora, Dante, Aristotele, Archimede, Esculapio.
La villa è circondata da un giardino a pianta rettangolare chiuso da un alto muro nel quale si aprono tre portali e una serie di finestre. L'impianto originario presentava una parte più ampia, suddivisa in quattro aiuole. A Nord era chiuso da un originale portale che serviva – e serve ancora oggi – da accesso al ninfeo di sapore buontalentiano, costituito da un'area a prato circondata da lecci, con una fontana addossata al muro di cinta. Il giardino era talmente bello da far chiamare "Buonvisi al giardino" il ramo della famiglia che ne era proprietaria. Quando, ai primi del secolo XIX, la proprietà passò a Elisa Baciocchi, furono apportate modifiche all'impianto del giardino e alla villa. Oggi, il giardino presenta la parte posteriore nuovamente divisa in quattro aiuole da viali rettilinei con vasca ottagonale nel loro punto d'intersezione. Ciascuna aiuola, che ha al centro una vasca circolare, è ricca di tassi, ippocastani, magnolie, lecci, platani e cedri del Libano. La parte anteriore è divisa da un viale in due spazi con fontane circondate da magnolie e conifere.
La villa oggi è di proprietà del Comune di Lucca ed è sede dell'Ufficio Cultura.
(Graziano Magrini)
Sempre all'interno delle mura, ancora maggiore interesse, da un punto di vista scientifico, riveste l'antico Orto botanico lucchese, ricco di piante autoctone e di specie arboree esotiche, a cui è stato affiancato, in anni recenti, un importante Museo Botanico.
L'Orto Botanico di Lucca, inserito nel contesto urbano della città su una superficie di circa due ettari, fu realizzato nel 1820 durante il governo della duchessa Maria Luisa di Borbone, recuperando un progetto preesistente elaborato durante il principato napoleonico. Nel settembre 1843 – come ricorda una lapide – gli ambienti dell'Orto furono utilizzati per le riunioni dei botanici che parteciparono al Quinto Congresso degli Scienziati Italiani. Tra il 1860 e il 1907, sotto la direzione di Cesare Bicchi, ebbe un notevole sviluppo. Furono allora realizzate le attuali serre e il laghetto e furono aggiunte numerose piante vive e materiale essiccato. Dopo la Prima Guerra Mondiale l'Orto fu trascurato e in pratica abbandonato, per essere ripristinato nel 1956, sotto la direzione del titolare della cattedra di Scienze Naturali del Liceo Classico "Machiavelli". Negli ultimi venti anni ha riportato l'attenzione verso le specie officinali, riallacciando un rapporto ideale con gli antichi orti botanici privati della città, oggi non più esistenti.
L'Orto lucchese, che con quelli di Pisa, di Firenze e di Siena, fa parte degli antichi orti botanici toscani ancora attivi, è suddiviso in vari settori: l'arboreto, comprendente per lo più alberi e arbusti esotici; il laghetto, che ospita anche specie di fauna locale; le ericacee, collocate in due aiuole con oltre 200 specie; le felci, in corso di realizzazione; la montagnola, dove sono rappresentate specie delle montagne lucchesi e pisane; le specie spontanee di uso alimentare; le piante medicinali; le serre, che ospitano numerose specie delle regioni intertropicali; la spermoteca, con una raccolta di semi per lo scambio con altri orti botanici.
Il Cedro del Libano (Cedrus libani), con oltre 6 metri di circonferenza, un altezza di 22 metri ed una chioma che si estende per circa 500 metri quadri di superficie, è l'albero più importante dell'Orto e come tale è considerato la pianta simbolo. È stato piantato nel 1822 da Paolo Volpi, primo direttore dell'Orto lucchese.
All'Orto è annesso un interessante Museo Botanico, fondato nel 1985 e intitolato a Cesare Bicchi. Il nucleo principale è costituito dagli erbari creati dai primi direttori. L'Herbarium Lucensis nacque con le raccolte di Benedetto Puccinelli, direttore dell'Orto dal 1833 al 1850. Verso la fine dell'Ottocento fu notevolmente incrementato con l'acquisizione dell'erbario personale di Cesare Bicchi. Tra le principali raccolte sono da segnalare quelle di Flora Lucensis Exsiccata di Puccinelli, l'Herbarium Bicchianum e l'Erbario Anonimo C del secolo XVIII.
Nel Museo sono, inoltre, conservate altre interessanti collezioni: una raccolta xilologica con campioni di fusti di varie specie arboree, sezionati longitudinalmente; una pomologica costituta da modelli in gesso di frutta coltivata nelle campagne lucchesi nei secoli XVIII e XIX; una micologica con modelli in gesso di macromiceti databili all'inizio del XX secolo; una di modelli di macchine agricole (aratri, seminatrici, vanghe e zappe) in legno e metallo, donata dal Governo Provvisorio della Toscana nel 1859.
Presso la Casermetta sulle mura cittadine sono allestiti il laboratorio didattico e quello di preparazione delle piante. L'Orto e il Museo oggi sono gestiti dall'Opera delle Mura di Lucca.
(Graziano Magrini)
A soli 500 metri di distanza, un esempio peculiare di parterre urbano è costituito, invece, dal piccolo ma suggestivo giardino pensile posto alla sommità di Torre Guinigi, edificio trecentesco da cui si può ammirare il panorama circostante.
La Torre fa parte del palazzo appartenuto a Michele, Francesco e Nicolao Guinigi, membri di una ricca famiglia di mercanti. Edificato nella seconda metà del secolo XIV, il palazzo è un'elegante costruzione in cotto. La Torre costituisce una delle poche testimonianze del gran numero di torri e campanili che, nel Trecento, svettavano all'interno del circuito murario medievale di Lucca, a testimoniare, con la loro altezza, l'importanza della casata. La particolarità della Torre è dovuta alla presenza di un piccolo giardino pensile, sistemato sulla sua sommità, voluto dai Guinigi come simbolo di rinascita. Il giardino è diviso in tre aiuole dove sono piantati cinque lecci secolari. Dal giardino pensile della torre, passata, insieme al palazzo, al Comune di Lucca per volere dell'ultimo discendente della famiglia, si ammira uno splendido panorama della città e delle montagne circostanti.
(Graziano Magrini)
Fuori città, numerose sono le ville storiche che conservano giardini di grande suggestione scenografica, spesso dotati di complessi sistemi di giochi d'acqua. Tra le più note merita di essere ricordata la villa Reale di Marlia, raggiungibile percorrendo la SS 12 in direzione nord e deviando verso destra per poi imboccare via Fraga Alta.
Acquistata nel 1517 dalla famiglia Buonvisi, la villa passò nel 1651 a Oliviero e Lelio Orsetti, ai quali si deve la sistemazione seicentesca del giardino e la costruzione della Palazzina dell'Orologio, così detta per la presenza di un orologio a pesi che domina la facciata. Nel 1806 l'intero complesso fu acquistato da Elisa Baciocchi Bonaparte, sorella di Napoleone e principessa di Lucca e Piombino. Elisa raddoppiò la proprietà con l'acquisto della Villa del Vescovo dalla Mensa Arcivescovile e di altri terreni confinanti. Nel 1811 iniziarono i lavori di ristrutturazione del giardino e del palazzo tardo rinascimentale, al quale fu conferito uno stile neoclassico. L'anno successivo la sala da ballo fu affrescata da Stefano Tofanelli con La danza delle ore. Inoltre, Elisa fece edificare un sontuoso ingresso al parco e alla villa caratterizzato da due palazzine gemelle in stile neoclassico fronteggiate da un cortile semicircolare.
Il giardino, realizzato nella seconda metà del secolo XVII, ha conservato l'assetto e l'impianto originali nella parte alta. Caratterizzato dall'ampio piazzale posto davanti al palazzo, mantiene, dietro la villa, lo spettacolare e scenografico Teatro d'acqua, disposto attorno alla vasca semicircolare arricchita da vasi di fiori, da statue di divinità (Giove, Saturno, Adone, Pomona), da getti e cascate d'acqua. Due assi paralleli a quello d'ingresso conducono uno alla Palazzina dell'Orologio, l'altro al giardino dei limoni. Perpendicolare a quest'ultimo è l'asse che conduce al vestibolo e al teatro di verzura per la commedia. Il giardino di limoni è suddiviso in due parti: quella inferiore è occupata da quattro aiuole rettangolari; quella superiore dalla grande peschiera delimitata da una semplice balaustra e conclusa da una esedra in tufo e pietra liscia. Sul bordo della peschiera si trovano due statue di Giganti, rappresentanti i fiumi Arno e Serchio, che gettano acqua. Il teatro di verzura, realizzato nel 1652, comprende anche un vestibolo di pianta circolare disposto intorno ad una fontana. I sedili di pietra e i palchetti per gli spettatori, disposti a semicerchio, le quinte e le suppellettili dello spazio scenico sono delimitati da siepi di tasso in alcune parti alte 5,50 metri.
La parte bassa risulta notevolmente cambiata rispetto al cinquecentesco giardino della Villa del Vescovo. La sistemazione voluta da Elisa si presenta, infatti, con serie di gruppi d'alberi disposti asimmetricamente e con prati in leggero pendio. Ancora più in basso fu creato un lago circondato da boschi popolati da daini, capre e pecore merinos. I boschi, attraversati da ruscelli e viottoli, presentano molte specie arboree, quali faggi, pini, lecci, querce, tigli, platani. Furono, inoltre, introdotte molte specie rare, come magnolie, salici piangenti, querce americane, mimose, procurate nel napoletano dal giardiniere Raimondo Grimaldi. Del giardino della Villa del Vescovo rimane il ninfeo, detto Grotta di Pan, che intorno al 1920 fu collegato al giardino dei fiori in stile decò di forma rettangolare e caratterizzato da una grande vasca da cui si partono diversi canali.
Nel 1814 la proprietà passava a Maria Luisa di Borbone che aveva commissionato a Lorenzo Nottolini la costruzione di un osservatorio astronomico (la Specola) all'interno del parco. Dopo essere passata prima al demanio e poi ai Borbone di Capua, il complesso fu acquistato nel 1923 dai conti Pecci Blunt, ai quali si devono i lavori di restauro della villa e del parco.
(Graziano Magrini)
Volendo proseguire alla scoperta delle emergenze architettoniche dei dintorni di Lucca, si consiglia una sosta in località Segromigno in Monte, a soli 5 chilometri di distanza, dove la villa Cenami Mansi offre uno splendido esempio di giardino composito.
Tra il 1634 e il 1635, la contessa Felice Cenami affidò all'urbinate Muzio Oddi, "ingegnere alle fortificazioni" della Repubblica Lucchese, i lavori di ristrutturazione dell'edificio cinquecentesco compreso nella proprietà che i Cenami acquistarono nel 1599 da Nicolao Benedetti. Nel 1675 la villa fu acquistata dai Mansi, ai quali si deve una seconda fase di lavori al palazzo. L'architetto abate Giovan Francesco Giusti fu, infatti, incaricato, nel 1742, di modificare la parte superiore della facciata chiudendone la loggia e arricchendola di statue. Da segnalare la decorazione pittorica del salone, commissionata sul finire del Settecento da Luigi Mansi a Stefano Tofanelli, massimo interprete del neoclassicismo lucchese.
La villa è circondata da uno splendido giardino, risultato di varie modifiche succedutesi nel corso dei secoli. Originariamente presentava nella parte a ovest un impianto rinascimentale con viali rettilinei, con aree adibite a orti, pomario, frutteti e bosco, con un giardino di limoni e con un ninfeo a pianta ottagonale. La parte a est, sistemata nella seconda metà del secolo XVII, era caratterizzata da una serie di viali a stella che si incontravano in un grande spazio centrale dominato dalla grande peschiera mistilinea. Un piccolo giardino chiuso di fiori, arricchito da fontane e statue, fungeva da elemento di raccordo tra il bosco, l'area della peschiera e la parte a ovest. Il parco fu risistemato tra il 1725 e il 1732 per volere di Ottavio Guido Mansi che ne affidò il progetto all'architetto messinese Filippo Juvarra. L'intervento dello Juvarra suddivise il giardino in quattro spazi trapezoidali (l'area ad ovest con vasche e parterre, il prato davanti la villa, l'area a est con la peschiera e il ninfeo di tufo, noto come Bagno di Diana, e la zona delle pertinenze con la scuderia), sostituì i dislivelli con pendii più dolci e riordinò la sistemazione idraulica. L'impianto che ne derivò era ricco di effetti scenografici dovuti alla forma trapezoidale che permetteva di dilatare prospetticamente lo spazio. Ai primi dell'Ottocento, nel giardino di villa Mansi furono introdotti alcuni elementi della tipologia all'inglese che in parte alterarono l'impianto barocco dello Juvarra. In questo periodo furono introdotte nuove specie arboree quali l'albero del tulipano, il cedro dell'Atlante, l'abete rosso, oggi diventati alberi maestosi. Nella parte ovest è presente un camelieto con alcune specie rare, mentre nel lato est un vialetto di palme e un boschetto di bambù conferiscono una nota esotica alla sistemazione. Delle specie vegetali risalenti all'impianto secentesco si possono ancora ammirare alcuni notevoli esemplari di querce e tassi, oltre a tratti di siepi di alloro e di bosso.
(Graziano Magrini)
Infine, sempre nei dintorni, si raccomanda una visita alla scenografica villa Santini Torrigiani, celebre per la sua ricca facciata barocca e l'interessante giardino all'inglese dai numerosi giochi d'acqua.
La villa, nelle sue parti più antiche, fu realizzata nel secolo XVI seguendo il modello architettonico della villa Buonvisi al giardino. L'attuale palazzo è il risultato dei lavori di ampliamento eseguiti dall'architetto bolognese Alfonso Torrigiani, all'inizio del secolo XVIII, quando la proprietà era della famiglia Santini. La ristrutturazione comportò la trasformazione della facciata principale in un bell'esempio di architettura barocca. La villa racchiudeva una ricca biblioteca, una collezione di ceramiche di Sassonia e di Capodimonte e una raccolta di opere d'arte e "diversi reperti naturali" collezionati dal cavalier Santini. La sistemazione del giardino fu coevo o di poco posteriore ai lavori del palazzo. L'ingresso alla villa è preparato dal lungo viale di cipressi (circa 700 metri), al cui termine è situato sui due lati un piccolo borgo, destinato al personale. Nella sistemazione originaria del giardino il palazzo costituiva il punto centrale della disposizione scenografica. Davanti alla facciata principale i giardini erano disposti attorno a due fontane mistilinee ancora conservate. Le facciate della villa sono state restaurate per volontà dei proprietari nel 1996-97.
L'attuale sistemazione del giardino è dovuta ai lavori eseguiti nel secolo XIX, quando i proprietari erano i Torrigiani, ai quali la villa era passata per successione nel 1816. Allora fu introdotto il gusto del giardino all'inglese che, comunque, non modificò il rapporto tra l'edificio e lo spazio circostante. Davanti alle due facciate furono realizzati due prati circondati da alberi ad alto fusto disposti in maniera simmetrica. Nella parte posteriore è stato mantenuto il rapporto con la collina. L'area a sinistra della villa fu mantenuta a selvatico con funzione di voliera nei pressi di una peschiera ottagonale e, nella restante parte, a riserva di caccia. L'area a destra della villa fu disposta secondo un disegno regolare che organizzava diversi comparti immessi uno nell'altro. Per prima si incontra la galleria verde costituita da una serie di absidi di diverse forme destinate a statue e fontane; poi si giunge ad un giardino chiuso usato come voliera per uccelli esotici. Si arriva così alla peschiera, caratterizzata da numerosi e alti zampilli e chiusa da cipressi. Dal viale che costeggiava la peschiera ci si poteva affacciare con grande meraviglia dalle finestre ovali di un muro (ora non più esistente) sul giardino segreto di Flora. Il giardino segreto, a cui si accede da una rampa arricchita con scherzi d'acqua, è concluso dal Ninfeo dei Venti, costruzione a pianta ottagonale realizzata con materiali diversi. Sormontato da una cupola che termina con la statua di Flora, il ninfeo è arricchito all'interno dalle Statue dei Venti e da un pavimento a mosaico. Caratteristico della decorazione è l'impiego del ferro battuto utilizzato sia all'interno del Ninfeo che per i fiori di Flora. In questo giardino numerosi sono gli scherzi d'acqua che sono dosati in maniera graduale: dai getti filiformi della scala, agli zampilli a ventaglio dietro le aiuole, alla parete d'acqua sulla porta del ninfeo, alla girandola di zampilli sul terrazzo belvedere intorno alla cupola. L'acqua necessaria ai giochi idraulici presenti nel parco è ottenuta per caduta da un grande serbatoio detto "il Bottaccio", costituito da una costruzione a volta visitabile mediante un camminamento a balconcino. La disposizione delle tubazioni presenti nel parco è illustrata in una stampa del giardino della fine del Settecento, conservata all'interno della villa.
La villa è ancora abitata dai discendenti del marchese Santini, essendo passata attraverso vari matrimoni prima ai marchesi Torrigiani e poi ai principi Colonna.
(Alessandro Tosi)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 17/ott/2008