Siena e territorio
Il paesaggio delle Crete Senesi è il risultato di un secolare processo di rimodellamento ad opera dell’uomo. Già negli affreschi del Buono e Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Comunale di Siena troviamo raffigurata una campagna completamente antropizzata, dominata da filari di vigneti ed estesi campi di grano che ancor oggi accompagnano il visitatore che attraversi questo territorio. Per la sopravvivenza di una agricoltura così specializzata era necessario un efficiente sistema di irrigazione che sfruttasse le non abbondanti risorse idriche.
L’itinerario può avere inizio dal pittoresco borgo di Rapolano, noto sin dall’antichità per le sue fonti sulfuree, oggi sfruttate in moderni stabilimenti termali.
Le fonti termali di Rapolano, note fin dall'antichità, come testimoniano i recenti ritrovamenti a Campo Muri di un complesso termale di età romana, furono analizzate da molti chimici e naturalisti, soprattutto durante il periodo lorenese. Fra questi, ricordiamo Francesco Hoefer, Giorgio Santi e, successivamente, Antonio Targioni Tozzetti. I progressi compiuti dalla chimica dalla metà del secolo XVIII si dimostrarono essenziali per le indagini scientifiche sulle acque termali che venivano realizzate con il supporto di nuove teorie, nuovi metodi e nuovi strumenti. Lo studio di un'acqua prevedeva la determinazione delle caratteristiche fisiche delle acque alla fonte, di cui si valutava il calore, l'odore e il sapore. Prevedeva anche le analisi chimiche, eseguite con particolari reagenti per coglierne la composizione e, infine, la determinazione degli effetti terapeutici che permetteva di abbinare ad ogni acqua la cura di specifiche malattie. Ancora oggi le terme di Rapolano richiamano un gran numero di frequentatori grazie agli effetti benefici delle sue acque sulfuree-bicarbonato-calciche e alla bellezza del paesaggio che le circonda.
(Graziano Magrini)
Appena fuori dal paese lungo la strada provinciale del Sentino, sono visibili chiaramente le vaste cave di travertino sfruttate fin dal XVI secolo per le esigenze edilizie di Siena.
Situato nella valle dell'Ombrone senese, lungo la strada provinciale del Sentino, sopra una collina costituita da banchi estesi di calcare concrezionato, cioè composto da materiale eterogeneo sedimentato, il territorio di Rapolano presenta una natura costituita da due qualità di rocce sedimentarie, variamente estratte ed utilizzate come materiale da costruzione. Il fianco occidentale del monte di Palazzuolo, fino alle propaggini della valle dell'Ombrone, è costituito da rocce secondarie di arenaria, mentre i colli del territorio centrale di Rapolano sono formati da rocce terziarie ricoperte da banchi di travertino e di ghiaia collegata da un glutine calcareo siliceo.
Fu proprio l'abbondanza di travertino, insieme alla presenza delle rinomate sorgenti idrotermali, che decretò, nei secoli scorsi, la fortuna di Rapolano. L'attività estrattiva è, infatti, testimoniata fin dal secolo XVI, come dimostra un documento datato al 1597 concernente la cava di Noceto che doveva fornire il materiale per Santa Maria in Provenzano. Legata principalmente a commissioni contingenti relative alla costruzione di singoli palazzi, l'estrazione del travertino conobbe il momento di massimo fulgore tra gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi del Novecento, per continuare con alterne vicende fino ai nostri giorni.
(Anna Toscano)
Imboccata la SS73 si giunge dopo una trentina di chilometri a Siena. Nella centrale piazza del campo la Fonte Gaia costituisce il terminale di una titanica opera di sfruttamento idraulico che attraversa per oltre 25 chilometri l’intero sottosuolo della città.
La rapida crescita demografica di cui fu protagonista Siena a partire dal secolo XII acuì l'esigenza di un efficiente rifornimento idrico per la popolazione. A questa affannosa ricerca d'acqua, testimoniata dai documenti già nel 1176, si fece fronte con un sistema di gallerie, dette "bottini", che, con una rete di oltre 25 chilometri, si snodano nel sottosuolo della città. Questo sistema idraulico, realizzato progressivamente tra Medioevo e Rinascimento, era in grado di rifornire d'acqua, anche nei periodi di siccità, le oltre cinquanta fonti e i cinque pozzi pubblici esistenti.
L'opera, dettata soprattutto dalla necessità di garantire l'approvvigionamento idrico ad una tra le zone più povere di acque della Toscana, vide l'impegno di famosi ingegneri senesi come Mariano di Iacopo, detto il Taccola, e Francesco di Giorgio che lasciarono nei loro trattati la testimonianza di una vera e propria abilità tecnologica locale. In questi testi manoscritti sono registrati con precisione non solo le tecniche e gli strumenti impiegati per la realizzazione della rete dei bottini, ma anche progetti più o meno fantasiosi di ingegneria idraulica: dispositivi per consentire all'uomo di galleggiare senza sforzo in acqua o di rimanervi immerso a lungo, apparati per sollevare e addurre le acque, progetti di canalizzazione e di sbarramento fluviale.
Per consentire l'efficace funzionamento della rete idrica era, e continua ad essere, necessaria un'attenta e quotidiana manutenzione affidata in origine ad un "operaio", compito che nel 1469 e nel 1492 fu svolto dallo stesso Francesco di Giorgio. A lui, inoltre, fu affidato il progetto di aumentare la portata d'acqua alla fonte di piazza del Campo (Fontegaia) immettendovi il bottino di Fonte Nuova.
Chi visita Siena può ammirare le numerosissime fonti, concepite come stupende strutture architettoniche, decorate da celebri artisti e alimentate tutte, ancora oggi, dai bottini. E può anche visitare una Siena sotterranea, che mantiene le tracce delle trasformazioni della città, gli ampliamenti delle condutture, il riferimento delle contrade alle quali l'acqua arrivava, fino ai numeri civici delle abitazioni.
(Antonella Gozzoli)
Lasciata Siena lungo la SS223 in direzione Monticiano si giunge a Bagni di Petriolo, paese che già nel nome testimonia la sua antica vocazione di località termale nota e frequentata sin dal XIV secolo.
Già nel Quattrocento, Ugolino da Montecatini, nel suo Tractatus de Balneis, indicava le qualità delle acque di Petriolo, suggerendo al tempo stesso le norme da seguire per la cura: «Altri bagni famosi sono quelli di Petriolo, ricchi di zolfo e composti di una sostanza alquanto grossa. Riscaldano molto, prosciugano, assottigliano e risolvono gli umori. Giovano per i dolori alle congiunture e per le malattie dei nervi causate dal freddo. Servono per le sciatiche e per coloro che hanno il capo pieno di umori. La cura si compie tenendo la testa nuda sotto l'acqua che esce dalla bocca del leone. L'acqua deve cadere prima sulla parte anteriore del capo, poi sulla posteriore, senza forza, asciugando così l'umidità della testa stessa. Di solito, reca in questi casi gran giovamento, sì da riscaldare e prosciugare per tre anni consecutivi».
La fama di Bagni fu ulteriormente accresciuta da illustri personaggi, come il pontefice pientino Enea Silvio Piccolomini (Pio II), che fu a Petriolo nel giugno 1460, nell'ottobre 1462 e nel maggio 1464. Alla fine del Settecento le acque di Petriolo furono descritte dal naturalista Giorgio Santi e nel XIX secolo dallo storico senese Giuseppe Giuli. Ancora oggi sono meta sia per la cura delle acque, indicate soprattutto per le vie respiratorie e l'apparato locomotore, sia per la bellezza del paesaggio, che offre motivi di grande interesse: addentrandosi nel bosco, lungo il fiume Farma, è possibile vedere l'acqua calda sgorgare dalle stesse rocce.
(Graziano Magrini)
In alternativa, imboccando la SR2 verso San Quirico d'Orcia si perviene a Monteroni d’Arbia dove, in piazzetta del Mulino, svetta l’imponente mole di un mulino fortificato del Trecento che conserva un interessante e complesso sistema idraulico.
Nel paese di Monteroni d'Arbia è conservato un bellissimo mulino fortificato risalente alla prima metà del secolo XIV. L'imponente edificio figura tra le proprietà della vicina grancia di Cuna, come testimoniano alcuni documenti del secolo XVI, tra cui uno del 1590 in cui è riportata la stima della quota d'affitto, ammontante a 8 lire. Da questo e da un altro documento precedente (1552) sappiamo che il Mulino lavorava a due palmenti, pur avendone quattro, probabilmente a causa della diminuzione della portata delle acque che alimentavano la gora. L'affascinante sistema idraulico, con i suoi condotti con arco a tutto sesto, consentiva all'acqua di arrivare all'interno del mulino per la produzione di energia idraulica, restituendola all'esterno immutata nelle sue caratteristiche chimico-fisiche. Recenti studi hanno dimostrato come, nel periodo di maggiore attività, il Mulino potesse produrre fino a mezza tonnellata di farina al giorno.
(Elena Fani)
Da questa località, proseguendo verso sud ed oltrepassando San Quirico, una lunga deviazione consente di raggiungere Bagno Vignoni, attraverso gli incantevoli paesaggi dell’omonima valle. Il cuore stesso del paese è costituito da una grande vasca termale medievale attorno alla quale si è sviluppato l’abitato.
A Bagno Vignoni, incantevole borgo nel Comune di San Quirico d'Orcia, si trova una vasca medievale di acqua termale, attorno alla quale furono collocate le abitazioni, le locande e successivamente la chiesa di San Giovanni Battista. Dai numerosi reperti archeologici rinvenuti, risulta che le acque fossero già utilizzate in età romana. In seguito, a Bagno Vignoni trovarono ristoro personaggi famosi, fra i quali meritano di essere ricordati Lorenzo il Magnifico ed Enea Silvio Piccolomini (Pio II). Le acque furono analizzate e descritte dal naturalista Giorgio Santi, ma non ebbero – come segnala Emanuele Repetti – solo un effetto curativo: servirono, infatti, anche a mettere «in moto 5 o 6 mulini fabbricati l'uno sopra l'altro dentro le grotte di travertino».
Oggi, grazie ad una sistemazione dell'area effettuata dal Comune e alla conseguente istituzione del "Parco dei Mulini", è possibile ammirare alcuni degli edifici di cui parla Repetti, rimasti attivi fino alla metà degli anni Cinquanta del secolo XX. L'attività molitoria, infatti, ha rappresentato, con il termalismo, una delle risorse principali di Bagno Vignoni.
(Graziano Magrini)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 29/gen/2008