Valdarno Inferiore - Opere di ingegneria idraulica e militare
Il Valdarno Inferiore è un territorio la cui economia è stata per secoli legata all’acqua. Lo sfruttamento del corso dell’Arno come via di comunicazione privilegiata e la pesca nel padule di Fucecchio costituirono fonti di approvvigionamento e di ricchezza per i centri che sin dall’età medievale popolarono questo territorio. Le progressive opere di bonifica, che modificarono in parte il paesaggio della valle, ebbero conseguenze anche sul rapporto dell’uomo con l’ambiente circostante, dando vita ad uno sfruttamento agricolo intensivo che, ancor oggi, caratterizza quest’angolo di Toscana.
L’itinerario può avere inizio dai pressi di Vicopisano le cui imponenti strutture difensive, alle quali probabilmente collaborò lo stesso Brunelleschi, sono sufficienti da sole a giustificare una visita a questo suggestivo borgo.
Conquistato dai Fiorentini nel 1406, il castello di Vicopisano rappresentava un importante punto strategico-militare, essendo situato vicino al corso dell'Arno che, fino alla metà del secolo XVI, cioè fino agli interventi idraulici voluti da Cosimo I e Francesco I de' Medici, passava fra Calcinaia e Bientina. La rocca veniva quindi a trovarsi al confine tra Pisa e Lucca, rivestendo così un'importanza decisiva al fine del controllo delle vie commerciali fluviali. Questa è la ragione per cui la Repubblica pisana, sin dal secolo XIII, pose particolare attenzione al sistema difensivo del borgo che, di fatto, resse a numerosi attacchi lucchesi. Soltanto nel 1406 i fiorentini, dopo 8 mesi di assedio, riuscirono ad avere ragione della resistenza pisana, grazie anche al supporto, si dice, di unità navali che bombardarono Vicopisano dall'Arno. I conquistatori, comunque, non lasciarono il borgo in decadenza ma, anzi, provvidero a fortificarlo ulteriormente servendosi della consulenza di uno dei massimi architetti dell'epoca, Filippo Brunelleschi, noto anche come ingegnere militare. Il modello tecnico elaborato dal Brunelleschi nel 1435 non si discostò dai modelli militari del tempo, richiamandosi sostanzialmente agli elementi della tecnica militare medievale. Tuttavia, la perfezione geometrica del tracciato e il gioco delle proporzioni fra le singole parti mettono in primo piano il ruolo della geometria – grande tema dell'arte-scienza del Brunelleschi e della cultura umanistica quattrocentesca – come "arma" di difesa.
La Rocca era costituita da un mastio posto nel punto più alto dell'abitato da cui partiva un muro di collegamento alla Torre dei Selvatici. Il tutto era circondato da un'imponente cinta muraria interamente percorribile, inframmezzata da torri quadrate e semicircolari. Persa e nuovamente riconquistata da Firenze, la Rocca fu prima abbandonata e poi acquistata da privati. Dopo alcuni recenti interventi di restauro, il sistema difensivo che cinge il suggestivo paese è oggi pienamente fruibile anche dal punto di vista turistico-culturale.
(Elena Fani)
L’economia del paese fu per secoli legata all’adiacente lago di Bientina, un tempo il più grande lago della Toscana. Fra le strutture realizzate per la bonifica dell’invaso una delle più interessanti è senza dubbio la Botte di Manetti, raggiungibile tramite la SP1.
Nel 1852 il Granduca Leopoldo II di Lorena approvava il progetto di Alessandro Manetti per il prosciugamento del lago di Bientina, che prevedeva la deviazione del Canale Imperiale costruito poco meno di un secolo prima su progetto di Leonardo Ximenes. L'emissario così deviato doveva passare sotto l'alveo dell'Arno per mezzo di una cosiddetta "botte", cioè di un condotto sotterraneo lungo 255 metri.
La prima pietra di questa straordinaria opera di ingegneria idraulica fu posata il 16 settembre 1854. Il Granduca fu talmente colpito dall'imponenza del lavoro, terminato nel 1859, che ne descrisse le varie fasi costruttive nel suo Governo di Famiglia. Ancora oggi è possibile ammirarne l'ardita struttura.
(Graziano Magrini)
Fra Bientina e Altopascio il visitatore può vedere quanto resta dell’antico specchio d’acqua che, sin dalla metà del XVIII secolo fu oggetto di sistematici interventi. La testimonianza più significativa di questa fase di lavori è costituita dalle Cateratte di Ximenes, erette nel 1757 in località Riparotto alla periferia di Vicopisano, vicino alla SP2.
Le due fabbriche di cinque cateratte furono costruite, su progetto di Leonardo Ximenes, in occasione del suo intervento di bonifica del Lago di Bientina, iniziato a partire dal 1757. Le cateratte avevano la funzione di regolare lo sfocio nel fiume Arno delle acque del lago di Bientina mediante il canale della Serezza Vecchia e, in particolare, del Canale Imperiale, aperto dallo stesso Ximenes. Per consentire una navigazione continua del Canale Imperiale furono, inoltre, previsti due "sostegni" o chiuse che consentivano il passaggio alle barche in prossimità delle cateratte. I due canali sono oggi interrati e gli edifici necessiterebbero di un opportuno intervento di restauro.
(Graziano Magrini)
Seguendo la SP2 si perviene ad un ancor più antico monumento legato all'ingegneria idraulica, l'Acquedotto Mediceo di Asciano, costruito nel Seicento per volere dei Granduchi di Toscana.
Il progetto di un acquedotto in grado di rifornire la città di Pisa della benefica acqua dei Monti Pisani fu voluto da Cosimo I de' Medici. Si deve tuttavia al Granduca Ferdinando I la costruzione del lungo acquedotto che dal Bottino di San Rocco nella valle delle Fonti arriva sino alle mura di Pisa.
Iniziato nel 1592 su disegno dell'architetto Raffaello di Zanobi di Pagno, a cui successe il senese Andrea Sandrini, comprendeva più di 900 archi e si snodava su un percorso di 6 chilometri. Nel trattato Dei Bagni di Pisa del 1597, il celebre medico Girolamo Mercuriale considerava l'acquedotto di Asciano tra «le opere quasi divine di Ferdinando I». E l'incisore lorenese Jacques Callot raffigurava la Visita di Ferdinando I ad Asciano in un'incisione eseguita nel secondo decennio del Seicento, documentando il diretto interessamento del Granduca ai lavori.
Oggi, l'acquedotto si staglia nella campagna fra Asciano e Pisa e, in molti tratti, si può percorrere un suggestivo percorso pedonale e ciclabile.
(Alessandro Tosi)
Infine, sempre legate alla civiltà delle acque sviluppatasi nel Valdarno Inferiore, a 6 chilometri di distanza seguendo la SS12 dell'Abetone, si trovano le Terme di San Giuliano, sin dal Medioevo una delle sorgenti di acque curative più note e frequentate in Toscana.
I Bagni di San Giuliano, già noti agli Etruschi e ai Romani, furono ristrutturati nel corso del Medioevo. Agli inizi del Quattrocento, Ugolino da Montecatini raccomandava queste acque per la cura di varie patologie. Dopo una fase di decadenza, le terme furono ricostruite nel Settecento, durante il governo di reggenza di Francesco Stefano di Lorena, divenendo ben presto uno dei centri termali più importanti del Granducato e un luogo alla moda frequentato da importanti famiglie toscane e straniere.
Il rilancio settecentesco del termalismo fu accompagnato da una serie di studi scientifici sulle acque minerali. Uno dei più significativi era proprio legato a quelle di San Giuliano; infatti, nel 1750, il medico Antonio Cocchi pubblicava a Firenze un trattato (Dei Bagni di Pisa), nel quale le acque erano analizzate dal punto di vista chimico e in relazione agli scopi terapeutici. Come ricorda una lapide del 1908 collocata presso le terme, lo scienziato Giuseppe Orosi, direttore della Scuola di Farmacia di Pisa dal 1865-66 al 1875-76, iniziò qui le prime ricerche chimiche. Nel corso dell'Ottocento le terme di San Giuliano – insieme con quelle di Montecatini e di Bagni di Lucca – ebbero un ulteriore sviluppo sia come centro curativo sia come luogo di villeggiatura, diventando nello stesso tempo meta privilegiata nel colto e raffinato grand tour ottocentesco.
Oggi le strutture termali, che nel corso del tempo hanno accolto illustri ospiti, scienziati, letterati ed artisti, continuano ad essere un rilassante luogo di benessere.
(Graziano Magrini)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 26/gen/2008