Valdarno Superiore
Situato tra i monti del Pratomagno e le colline del Chianti, in un ideale triangolo formato da tre capoluoghi di provincia, Firenze-Arezzo-Siena, il Valdarno Superiore si è sempre distinto per la ricchezza dei suoi prodotti agricoli ed artigianali. A partire dal Medioevo questa porzione della vallata fu interessata dalla nascita di numerosi insediamenti pianificati detti “Terre nuove”. A questi rigidi criteri urbanistici rispondono, ancor oggi, i principali centri della zona: Terranova Bracciolini, San Giovanni Valdarno e Castelfranco di Sopra.
Usciti al casello Incisa dell’Autostrada del Sole (A1), dopo una decina di chilometri lungo la SR69/SS69 si perviene all’antico borgo di Figline. Qui meritevole di una visita è l’Antica Spezieria dello Spedale Serristori, che conserva una interessante collezione di strumenti storici e contenitori officinali.
Lo Spedale Serristori fu fondato nel 1399 da uno dei priori della Repubblica Fiorentina, Serristoro di Ser Jacopo. La struttura assistenziale fu gradualmente trasformata da ricovero di pellegrini in vero e proprio ospedale. La farmacia sembra sia stata aperta al suo interno agli inizi del Cinquecento. Nel 1724 fu sottoposta a un'opera di ristrutturazione: a questo periodo risalgono gli armadi in noce di manifattura fiorentina che ne costituiscono l'arredo. La spezieria cessò la sua attività nel 1856, con la soppressione delle congregazioni religiose in Toscana. Oggi la collezione è gestita dall'Ufficio Cultura del Comune di Figline Valdarno.
La collezione, formata da vetri e maioliche, rappresenta uno degli esempi più significativi di artigianato ceramico e vitreo toscano fra la fine del secolo XVI e il secolo XIX. Di particolare interesse una serie di ampolloni con beccuccio della manifattura di Montelupo Fiorentino, recanti lo stemma domenicano e la data 1620, insieme ad alcuni albarelli con lo stemma dei Serristori, attribuibili al secolo XVIII e commissionati espressamente per la farmacia dello Spedale. Completano la collezione mortai, imbuti, alambicchi e numerosi oggetti officinali in vetro.
(Antonella Gozzoli)
Proseguendo su via del Cesto in direzione sud-ovest, si arriva, dopo circa 6 km, in località Gaville, dove la secolare storia del popolamento del territorio è descritta nel locale Museo della Civiltà Contadina.
Aperto al pubblico nel 1974 e situato nel complesso monumentale della Pieve di San Romolo a Gaville (XII-XIII secolo), il Museo raccoglie nelle sue sale oltre 5.000 oggetti e strumenti che documentano la vita rurale del Valdarno Inferiore, con particolare attenzione alla raccolta del grano e alla produzione di olio e di vino. Nel percorso museale è presente un frantoio del 1729 a trazione animale, perfettamente conservato. Inoltre nel Museo è custodito un interessante erbario che raccoglie erbe medicinali locali.
Nel 2000 è stata fondata l'Associazione Culturale "Museo della Civiltà Contadina di Gaville", i cui membri prestano l'opera di volontariato necessaria alla conduzione del Museo.
(Anna Toscano)
La tappa successiva dell’itinerario è Cavriglia, località raggiungibile in 20 km lungo la SP14, dove gli appassionati di botanica non potranno trascurare una sosta al Roseto Botanico Carla Fineschi, giardino unico nel suo genere, che vanta oltre 7000 specie di rose.
Il Roseto di Cavriglia è nato nella seconda metà del Novecento grazie alla lunga passione del professore Gianfranco Fineschi e della sua compagna Carla Fineschi, a cui è dedicato il giardino. Presenta circa 7.000 specie di rose, alcune delle quali si credevano scomparse. L'impostazione del roseto segue la tradizionale organizzazione botanica con le piante disposte in precisi spazi e suddivise in sezioni, specie, sottospecie e ibridi. Ciascuna pianta è individuata da un cartellino con il nome botanico, l'anno di introduzione in Europa e altri dati identificativi.
Il Roseto di Cavriglia, che costituisce una delle più variegate raccolte di specie di rose, tra cui figurano anche specie rare, è destinato allo studio scientifico e ne presenta le caratteristiche tipiche di un laboratorio botanico con una propria attività di ricerca e di collaborazione con università e istituti di tutto il mondo.
(Graziano Magrini)
Il comprensorio di Cavriglia è anche sede di un’altra interessante istituzione museale, il Centro di Documentazione delle Miniere di Lignite, che conserva memoria dell’antica tradizione mineraria della zona.
Il Centro di Documentazione delle Miniere di Lignite ha lo scopo di illustrare l'attività praticata nelle miniere di Castelnuovo dei Sabbioni, che ormai hanno esaurito la loro forza estrattiva. Nelle sezioni del Museo sono esposti alcuni minerali, tra i quali si può osservare un grosso blocco di lignite, gli strumenti e i materiali necessari per lo scavo. Il Museo è dotato anche di una biblioteca, di un archivio e di una fototeca.
(Graziano Magrini)
A conclusione dell'itinerario si raggiunge, lungo la SP408, Montevarchi, che vanta l’istituzione museale più antica e celebre di questo territorio. Il Museo Paleontologico dell'Accademia Valdarnese del Poggio conserva, infatti, un’importantissima collezione di fossili rinvenuti, sin dal XV secolo, nella valle.
Istituita nel 1804, l'Accademia Valdarnese deve il suo nome e la sua origine a Poggio Bracciolini, insigne umanista, scopritore di manoscritti e raccoglitore di antichità varie, che dal 1434 era solito attorniarsi di studiosi e letterati, intraprendendo con costoro dotte conversazioni. A questa congrega di umanisti egli diede il nome di "Accademia Valdarnina"; sede stabile delle riunioni fu la villa di Terranuova, proprietà di Bracciolini.
Fregiata nel 1848 del titolo di "Imperiale e Regia Accademia" per volontà del Granduca Leopoldo II di Lorena, ebbe nel 1858 sede definitiva nell'ex convento di San Ludovico in Montevarchi, dove tuttora è ubicata insieme al Museo, alla Biblioteca e all'Archivio. L'Accademia vanta oggi una notevole attività nel campo della ricerca storica e scientifica, di cui è data testimonianza nelle pubblicazioni.
Il primo nucleo del Museo Paleontologico risale alla collezione donata all'Accademia Valdarnese dal monaco vallombrosano Domenico Luigi Mulinari; la raccolta consisteva in una cospicua collezione di fossili di ippopotamo, di elefante, di rinoceronte e di mastodonte ritrovati in Valdarno, e di una collezione di fossili di legno pietrificato, di conchiglie e di fossili marini provenienti dai territori di San Leo e di Montefeltro.
Attualmente, il patrimonio del Museo consta di circa 2.000 pezzi del pliocene e postpliocene valdarnese, sistemati secondo un allestimento tipicamente ottocentesco. La raccolta comprende fossili vegetali e resti di mammiferi (specialmente elefanti), uccelli, rettili, pesci e molluschi di acqua dolce, risalenti ad un periodo compreso fra tre milioni e 100.000 anni fa. I reperti provengono quasi esclusivamente dai terreni lacustri e fluvio-lacustri delle colline del Valdarno Superiore. Di particolare interesse sono gli esemplari di Elephans Meridionalis, di Hippopotamus Maior, di Histrix Etrusca, di Canis Etruscus e di Equus Stenonis. La collezione include anche una raccolta di campioni di rocce del Valdarno.
La Biblioteca possiede quasi 20.000 volumi, tra i quali un settore consistente è legato ai temi del Museo Paleontologico. Anche l'Archivio è di particolare interesse e conserva, tra i manoscritti, un trattato di ottica del Settecento, vari cataloghi, registrazioni di doni e acquisti.
(Anna Toscano)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 16/giu/2011