Sin dall'antichità si tentò di comprendere la natura della luce e il meccanismo della visione. Ma fu soprattutto a partire dal Seicento che si stabilirono le basi dell'ottica teorica, mentre microscopi e cannocchiali si affermavano come strumenti indispensabili per l'osservazione scientifica.
Keplero chiarì alcuni concetti fondamentali dell'ottica geometrica ed espose una rigorosa teoria degli strumenti ottici. Snell studiò i fenomeni della rifrazione che Descartes ridusse sotto una precisa legge matematica. Il fenomeno della diffrazione, già osservato da Grimaldi, venne studiato da Hooke, che avanzò una teoria ondulatoria della luce. Huygens considerò la luce come la perturbazione dell' "etere", mezzo impalpabile composto di particelle elastiche capaci di propagare gli impulsi. La velocità della luce, considerata per secoli infinita, venne stimata con buona approssimazione da Römer nel 1676. Newton, i cui trattati risultarono fondamentali per lo sviluppo dell'ottica settecentesca, scompose mediante un prisma la luce solare nei colori dello spettro.
Nel Seicento e nel Settecento, l'ottica sperimentale si avvaleva ancora di strumenti di modesta qualità. Specchi di vario tipo, lenti, prismi, poliedri di vetro, fessure regolabili e diaframmi venivano spesso montati su appositi piedistalli o imperniati su rudimentali banchi ottici. Lasciava inoltre ancora molto a desiderare la qualità del vetro, spesso non omogeneo, leggermente colorato e ricco di bolle.
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