Pisa - Musei scientifici e luoghi della tecnica
La secolare attività dell’Università pisana, con i suoi studi di legge, botanica e medicina, ha lasciato segni importanti anche nella trama urbana e nel sistema museale della città. Visitare queste collezioni significa ripercorrere la storia della scienza europea dal punto di vista di uno degli osservatori più celebri e all’avanguardia sin dal XIV secolo. Pisa conserva, inoltre, preziose e rare testimonianze di architettura legate allo sviluppo industriale e manifatturiero che interessò la città a partire dagli inizi del XIX secolo.
Una fra le più antiche raccolte universitarie è il Museo Botanico dell’Università degli Studi di Pisa, il cui assetto attuale risale in massima parte alla fine del Settecento.
Una "Galleria" o Museo di Storia Naturale, contenente anche materiali vegetali, fu istituita presso l'Orto Botanico pisano verso il 1591 per iniziativa del Granduca Ferdinando I de' Medici, il quale contribuì ad arricchire le collezioni con pezzi preziosi e rarissimi, secondo il gusto del tempo. Oggi del Museo cinquecentesco restano solo alcuni locali, ai quali si accede dall'Orto Botanico, mentre i materiali sopravvissuti sono conservati nel Museo di Storia Naturale di Calci.
Verso la fine del Settecento iniziò l'organizzazione dell'attuale Museo Botanico, grazie all'impegno di Gaetano Savi, professore di Botanica e direttore dell'Orto fino al 1842. Attualmente il Museo conserva materiali vegetali e collezioni di piante raccolte fin dalla sua origine a scopo di ricerca, di studio e come ausilio all'attività didattica. In particolare, l'Erbario Generale è formato dalle raccolte universitarie databili dal secolo XVIII ad oggi, mentre altri Erbari Personali, costituiti da raccolte realizzate da diversi botanici, furono acquisiti dall'Università dalla fine dell'Ottocento al 1960 circa. Da segnalare anche tre collezioni: la xilologica, con sezioni longitudinali e trasversali del fusto di varie specie arboree; la collezione di campioni vegetali con campioni di frutti, fiori, infiorescenze e semi; la collezione di fossili provenienti dalla Toscana e dal Lazio, dispersa in seguito agli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale, e ritrovata negli anni Novanta.
Di rilievo sono anche i modelli ceroplastici di frutti, macromiceti e parti anatomiche di varie piante, eseguiti fra il 1830 e il 1840 dal celebre ceroplasta fiorentino Luigi Calamai, e le tavole didattiche, formate da grandi pannelli disegnati a matita o a inchiostro, talvolta colorati ad acquerello, realizzati prevalentemente da Enrico Cristofani nella seconda metà dell'Ottocento.
Il Museo condivide con l'Orto Botanico la Biblioteca e l'Archivio, conservati presso la ricca Biblioteca del Dipartimento di Scienze Botaniche.
(Francesco Marchetti)
Non lontano, nella centralissima via Santa Maria, è visibile la raccolta di ferri chirurgici e strumenti di diagnostica appartenuti all’Ospedale di Santa Chiara.
Il Centro è stato istituito nel 1994, nell'ex Ospedale dei Trovatelli di Pisa, con il compito di conservare e valorizzare il patrimonio storico-scientifico di competenza dell'Azienda Ospedaliera Pisana. Al primo piano è esposta la ricca collezione di strumenti medici (circa 800 oggetti). La raccolta, proveniente dall'Ospedale di Santa Chiara, comprende ferri chirurgici, strumenti di diagnostica e di terapia databili a partire da metà Ottocento, come uno sfigmografo per la registrazione del polso arterioso, un aspiratore Potain per praticare la toracentesi (puntura evacuativa della cavità toracica) e un apparecchio di Forlanini per la cura del bacillo della tubercolosi. Il centro conserva, inoltre, i documenti coevi inerenti al nosocomio, tra cui gli inventari dell'Azienda Ospedaliera Pisana e la raccolta di cataloghi delle ditte costruttrici. Gli archivi più antichi sono, invece, conservati nell'Archivio di Stato di Pisa. L'attuale patrimonio documentario dell'Azienda Ospedaliera è stato recentemente informatizzato ed inserito in un database comprendente più di 12.000 documenti.
(Elena Fani)
Per chi è interessato alla storia della ricerca medica è consigliata una visita anche al Museo di Anatomia Umana dell’Università degli Studi di Pisa, ubicato nella strada parallela a via Santa Maria e visitabile dietro richiesta. Qui è esposta una interessante collezione di scheletri e di statue anatomiche.
Ubicato nella Scuola Medico-Chirurgica di Pisa, presso la Sezione di Anatomia Umana del Dipartimento di Morfologia Umana e Biologia Applicata dell'Università degli Studi di Pisa, il Museo fu inaugurato il 15 novembre 1832 con il nome di Gabinetto Anatomico in una stanza degli "Stabilimenti Anatomici" degli Spedali di Santa Chiara. Promotore dell'iniziativa fu Tommaso Biancini, "dissettore e ripetitore anatomico", ma nel corso del secolo il Museo fu ampliato in modo determinante dal medico pistoiese Filippo Civinini, autore del primo e più importante catalogo delle collezioni. Oggetto di particolare attenzione da parte delle guide ottocentesche della città, gli "Stabilimenti Anatomici" accolsero i preparati utilizzati per le ricerche e le lezioni tenute nello scenografico e suggestivo "Teatro Anatomico" da alcuni dei protagonisti della scuola medica pisana (Paolo Mascagni, Pietro Duranti, Filippo Civinini, Filippo Pacini, Guglielmo Romiti). Nel 1856 la collezione contava già 1617 pezzi. Nel 1884 una parte del materiale patologico fu trasferita nel museo del nuovo Istituto di Anatomia Patologica.
La collezione anatomica, databile a metà Ottocento, comprende diverse raccolte: osteologica (ossa, scheletri interi di varie razze umane, scheletri fetali, crani), sindesmologica (articolazioni e apparati ligamentosi), angiologica (statue anatomiche, preparati sul cuore e sui vasi sanguigni), splanctologica (preparati in formalina degli apparati digerente, respiratorio, nervoso e urogenitale) ed embriologica (feti e annessi fetali). Ne fanno parte, inoltre, modelli anatomici in cera e una serie di straordinarie tavole anatomiche che Antonio Serantoni disegnò per l'Anatomia Universale (Anatomia Universa XLIV tabulis aeneis iuxta archetypum hominis adulti accuratissime repraesentata) di Paolo Mascagni, pubblicata a Pisa a partire dal 1823. La maschera mortuaria di quest'ultimo, in cera, è conservata in una teca di vetro. Infine il Museo conserva una collezione archeologica con materiale precolombiano proveniente da scavi effettuati tra il 1860 e il 1870 da Carlo Regnoli: mummie, crani e corredi funerari con utensili, stoffe e un centinaio di vasi delle culture Chimù e Chancay della costa peruviana risalenti ai secoli XII-XVI. Sono conservate anche due mummie egizie.
(Graziano Magrini)
Percorrendo via Roma e via Paolo Savi si incrocia via Nicola Pisano dove, dal 1989, ha sede il Museo degli Strumenti per il Calcolo, collezione unica nel suo genere, ricca di oltre 600 strumenti appartenenti a diverse discipline scientifiche.
Nel 1989 fu creato il Centro per la Conservazione e lo Studio degli Strumenti Scientifici con lo scopo di valorizzare gli antichi strumenti provenienti dal Gabinetto di Fisica Sperimentale pisano, che attualmente fanno parte del patrimonio del Dipartimento di Fisica dell'Università di Pisa. Il Centro si occupa del restauro degli strumenti e realizza mostre temporanee. Nel 1994 nacque anche il Museo Nazionale degli Strumenti per il Calcolo, gestito dalla Fondazione Galileo Galilei e destinato ad ospitare dal 2003 il Centro con le sue collezioni.
La raccolta di strumenti per il calcolo (circa 2.000 reperti) presenta dispositivi meccanici, elettrici ed elettronici, mentre la collezione di strumenti scientifici comprende oltre 600 strumenti relativi a varie discipline scientifiche (elettricità, acustica, elettromagnetismo, astronomia, misura, ottica e meccanica). Termometri, macchine pneumatiche, bilance, orologi e strumenti astronomici testimoniano lo straordinario sviluppo delle scienze a Pisa e in Toscana tra il secolo XVII e la fine del XX. Tra i nuclei più significativi, si segnalano gli strumenti di Carlo Alfonso Guadagni, primo docente di Fisica Sperimentale nell'ateneo pisano dal 1749 al 1795 e direttore del Gabinetto di Fisica di Lord Cowper a Firenze; la macchina pneumatica firmata e datata dal grande costruttore di Leida Jan van Musschenbroek; gli strumenti provenienti dall'antica Specola astronomica; gli strumenti ottocenteschi e il fondo del fisico Antonio Pacinotti, comprendente i cimeli, le macchine e la biblioteca (con manoscritti e carteggi). Recentemente ha avuto in dono un compasso galileiano del secolo XVII acquistato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa.
(Alessandro Tosi)
Attraversato l'Arno e imboccate via Cesare Battisti e via Francesco Bonaini si perviene, infine, all’edificio eretto nel 1841 per servire a stazione ferroviaria della città. Il complesso, che oggi ospita il mercato ortofrutticolo, è fra le stazioni toscane di epoca granducale meglio conservate.
Quando il Granduca Leopoldo II di Toscana decise di far costruire una linea ferroviaria che collegasse Livorno a Firenze, quattro furono i percorsi proposti, uno solo dei quali passante per Pisa. Fu l'ingegnere inglese Robert Stephenson, attivo nella prima metà dell'Ottocento, che convinse il Granduca dell'opportunità di coniugare le esigenze economico-commerciali con quelle della popolazione suggerendo un tracciato che, passando per Livorno-Pisa-Pontedera-Empoli-Firenze, potesse essere utilizzato sia per il trasporto merci, sia per lo spostamento delle persone. La realizzazione del progetto, per blocchi successivi, richiese sette anni: la costruzione del primo tratto, tra Livorno e Pisa, si protrasse da giugno del 1841 al 13 marzo del 1844, giorno della sua inaugurazione. In questo periodo si colloca, anche, la realizzazione della Stazione, che doveva accogliere il primo tratto della strada ferrata Leopolda. Progettata dall'architetto fiorentino Giuseppe Martelli, la struttura, ancora ben conservata, era articolata in due navate lunghe 66 metri, divise da arcate e coperte da un tetto a capriate. Declassata, dopo la realizzazione della nuova stazione centrale, a ruolo di scalo merci, la Leopolda fu destinata, dal 1929 al 1993, ad accogliere il mercato ortofrutticolo. Solo grazie all'interessamento di numerose associazioni cittadine, alla fine degli anni Novanta si decise di recuperare la struttura per trasformarla in un moderno centro multifunzionale. Oggi la Stazione, affidata all'Associazione "Casa della Città Leopolda", promuove, durante tutto il corso dell'anno, iniziative di carattere sociale e culturale.
(Elena Fani)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 09/ott/2008