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Primo insegnamento (1589-1592)

ritratto di galileo

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  • La Torre della Verga d'oro a Pisa vista dal lato della chiesa di San Nicola in un'incisione di Bartolomeo Polloni (Raccolta di 12 vedute della citta di Pisa, disegnate, incise ed illustrate da Bartolommeo Polloni, s.l., s.n., 1834).
  • La Torre Pendente di Pisa.
  • Alla presenza del Granduca, Galileo effettua l'esperimento della caduta dei gravi dalla Torre di Pisa. Tempera su muro di Luigi Catani, 1816 (Firenze, Palazzo Pitti, Quartiere Borbonico o Nuovo Palatino, sala 15).
  • Copia del Capitolo contro il portar la toga (BNCF, Ms. Magl. VII, 358, c. 115r). Le correzioni interlineari sono attribuite a Galileo.

Tornato nella sua città natale dopo aver fallito più volte l'obiettivo di una lettura universitaria, grazie all'intervento di Guidobaldo del Monte e del potente fratello, il cardinale Francesco Maria, Galileo poté salire alla cattedra di matematica dello Studio di Pisa, guadagnando abbastanza per vivere e garantendo anche un'entrata provvidenziale per le finanze dissestate della famiglia.

 

In controtendenza con i suoi predecessori, non affrontò nei suoi corsi tematiche astrologiche, ma in tutte e tre gli anni di insegnamento lesse Euclide (il primo e il quinto libro degli Elementi). I primi entusiasmi, però, si raffreddarono presto. «Io non resto compitamente satisfatto, perchè la vorrei veder più contenta e meglio trattata, secondo li meriti suoi», gli scriveva Guidobaldo, in risposta a qualche lamentela per la paga piuttosto scarsa. Galileo si assentò ripetutamente dall'insegnamento e venne addirittura multato, vedendosi ulteriormente ridotti i già magri emolumenti.

 

L'ambiente accademico, poi, era lo stesso abbandonato repentinamente qualche anno prima e non era certo favorevole allo sviluppo delle sue ricerche, che da qualche tempo concernevano il moto dei gravi. Sempre l'apologetico Viviani descrive le «replicate esperienze, fatte dall'altezza del Campanile di Pisa con l'intervento delli altri lettori e filosofi e di tutta la scolaresca», con le quali Galileo dimostrò false «moltissime conclusioni dell'istesso Aristotele», cui era estranea la nozione di peso specifico, centrale invece nell'interpretazione galileiana dei fenomeni del moto.

 

Che le esperienze di caduta dei gravi effettuate dalla Torre di Pisa rispondano o meno a verità (e potrebbe anche essere plausibile, visto che il lancio di corpi variamente pesanti dalla torre pendente era fra gl'intendenti della materia prassi piuttosto diffusa), sta di fatto che le teorie galileiane sul moto già in questo periodo contrastavano profondamente con alcuni punti cardine della fisica aristotelica riguardo ai concetti di velocità, di gravità, di vuoto, i quali, inseriti in un quadro teorico nuovo, assumevano connotazioni diverse da quelle tradizionali. Sottolineando inoltre la totale ignoranza di Aristotele nelle discipline matematiche e geometriche, la cui conoscenza unicamente permette di «discernere il vero dal falso», Galileo si poneva in aperto contrasto sul piano del metodo scientifico con i peripatetici dello Studio pisano, alcuni dei quali, una volta suoi insegnanti, erano divenuti suoi colleghi.

 

Si comprende perciò bene la metafora "vinaria" con cui il Galileo frequentatore delle osterie pisane,

 

alle Bertuccie , al Porco, a Sant' Andrea
al
Chiassolino o alla Malvagia,

 

conclude il suo Capitolo contro il portar la toga, per sottolineare la differenza fra l'apparenza e la sostanza, fra indossare la veste di scienziato ed esserlo davvero. Gli uomini, dice, sono come i fiaschi. Alcuni, a un primo sguardo talmente malmessi che neppure un robivecchi li vorrebbe, contengono un ottimo vino.

 

Gli altri, ch' han quelle veste delicate,
se tu gli tasti, o
son pieni di vento,
o di belletti, o d'acque profumate,

o
son fiascacci da pisciarvi drento .

 

Nel 1592 Galileo lasciò Pisa per Padova e fu, evidentemente, scelta obbligata. Da questo momento in poi, a dimostrazione dei legami non saldi con la città, i suoi contatti con Pisa furono sporadici e irrilevanti. Anche quando, una ventina d'anni più tardi, ebbe l'incarico di Primario matematico dello Studio pisano, chiese la dispensa dall'insegnamento, e la ottenne senza resistenze, sull'onda della fama acquistata negli anni del soggiorno padovano, con la costruzione di strumenti come il compasso, e soprattutto il cannocchiale, che rese possibili le nuove scoperte celesti del 1609-1610. Scoperte che Galileo illustrò proprio a Pisa, dalla Torre della Verga d'Oro, davanti alla famiglia granducale e che gli consentirono, una volta ottenuto il titolo di Primario matematico e filosofo della persona del Granduca, di vivere con agio a Firenze.

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Scheda a cura di Sara Bonechi

Data aggiornamento 16/gen/2008