Comete (1617-1619)
Nella Lettera a Cristina di Lorena Galileo era stato eccessivamente fiducioso nel credere che per neutralizzare la teoria eliocentrica non sarebbe bastato «serrar la bocca ad un solo», ma sarebbe stato necessario «proibir... il libro del Copernico e gli scritti degli altri autori che seguono l'istessa dottrina», «interdire tutta la scienza d'astronomia intiera», fino a impedire agli uomini di «guardar verso il cielo». Oggi sappiamo che alla fine non aveva torto, ma purtroppo certi processi storici eccedono di molto la durata della vita di un uomo. Qualche flebile segnale che la goccia stava scavando la pietra, però, emerse di lì a poco. Non riuscendo più a negare l'evidenza di quanto scaturiva dalle osservazioni telescopiche, ma non potendo d'altro canto far propria la ‘dannata' mobilità della Terra, molti astronomi gesuiti cominciarono ad abbracciare un sistema misto nato dalla creatività del danese Tycho Brahe, morto già dal 1601, che aveva tentato una mediazione fra i sistemi tolemaico e copernicano. Ne era scaturita una sorta di geo-eliocentrismo, dove il Sole avrebbe compiuto una rivoluzione intorno alla Terra insieme a tutti gli altri pianeti ruotanti a loro volta intorno a lui. Il sistema tychonico salvava solo alcune apparenze, ma lasciava la Terra salda e immobile al centro dell'universo, e tanto bastava ai Gesuiti, talmente atterriti dal moto terrestre, da sorvolare persino sul fatto che dal punto di vista dell'ortodossia cattolica il Brahe fosse un esecrando eretico di fede protestante. Galileo, dal canto suo, non aveva mai preso in seria considerazione gli sforzi di Tycho, ritrovando nel suo sistema cosmico «quelle massime difficoltà» che lo avevano fatto «partir da Tolomeo». Aveva perfino rifiutato - carattere deciso e spigoloso - di intrattenervi un rapporto quando era ancora in vita, non assecondando mai le sue richieste epistolari di uno scambio intellettuale.
Galileo continuava con discrezione i suoi studi. Dal 1617 si era ritirato in campagna, prendendo «a fitto» una villa sulla collina di Bellosguardo, dove si era trasferito col figlio Vincenzo, mentre le due figlie, entrambe monacate, vivevano già da qualche anno nel convento di San Matteo in Arcetri, anch'esso esterno alle mura della città. Alla posizione defilata sulle colline fiorentine, che per visitare le figlie Galileo percorreva in lungo e in largo sul dorso della sua mula, non corrispose, nonostante le cautele dovute all'incidente del 1616, un analogo isolamento intellettuale. Al contrario, il dibattito scientifico lo vedeva sempre protagonista, e protagonista a suo modo, pungente nei confronti delle ormai polverose filosofie scolastiche e appassionato difensore del proprio metodo di lavoro.
Occasione di nuove polemiche fu, fra il 1618 e il 1619, la comparsa di tre comete, che Galileo, fra l'altro, non poté neppure osservare direttamente essendo, al solito, ammalato e costretto in un fondo di letto. Questa volta il pensiero gesuita fu incarnato dal padre Orazio Grassi che pubblicò un trattato anonimo (De tribus cometis anni mdcxviii disputatio astronomica), al quale Galileo rispose nel 1619 con un Discorso delle comete, firmato con circospezione dall'allievo Mario Guiducci, ma di fatto ampiamente suo. La discussione sulla natura delle comete, sulla loro collocazione nelle regioni celesti, sul loro aspetto una volta ingrandite con l'occhiale e, soprattutto, sulla curvatura della loro coda e sul loro moto - che Galileo, al contrario del Grassi, considerava rettilineo, ma la cui «apparente deviazione», palese nelle osservazioni, doveva per forza avere una «cagione» - non esplicitava, ma sottintendeva lo scontro fra due diversi sistemi del mondo: lo snobbato Tycho contro l'innominabile, ma irrinunciabile Copernico. «A noi - si legge nel Discorso - conviene contentarci di quel poco che possiamo conghietturare così tra l'ombre, sin che ci sia additata la vera costituzion delle parti del mondo, poiché la promessaci da Ticone rimase imperfetta». Perché, in fondo, quale poteva essere la tacitata «cagione» di quella curva apparente del movimento delle comete? «Odo un non so chi, il quale, con sommesso timore, mi sussurra all'orecchio: il moto della Terra. Lungi da me questa locuzione falsa e sgradevole per le orecchie di un devoto!», suggerirà, malizioso, il padre Grassi, ripagando Galileo con una moneta ben più sonante, perché fusa con altri metalli oltre a quello della scienza.
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Scheda a cura di Sara Bonechi
Data aggiornamento 16/gen/2008