Firenze e piana fiorentina - L'arte della tessitura
Alle origini della potenza economica di Firenze in età medievale vi erano le corporazioni delle Arti e dei Mestieri, le cui sedi si concentravano nei pressi della zona oggi conosciuta come Loggia del Porcellino. Fra queste, che comprendevano l'Arte di Calimala, del Cambio e della Seta, si distinse, in particolar modo, la potente Arte della Lana.
[ A causa delle limitazioni di traffico in vigore nel centro storico si consiglia di percorrere a piedi le prime tappe dell'itinerario proposto ]
Dell'originaria sede dell'Arte della Seta rimane, oggi, solo il ricordo nel nome della via che la ospitava. La nuova sede, in via del Capaccio, è invece chiaramente riconoscibile dallo stemma presente sopra il portone.
L'Arte della Seta o di Por Santa Maria nacque alla fine del secolo XII, in concomitanza con l'ascesa delle altre arti, nella zona della piazza del Mercato Nuovo, oggi conosciuta come Loggia del Porcellino. Intorno ad essa si concentravano, oltre all'Arte della Seta, le sedi delle più ricche e potenti corporazioni di arti e mestieri, come quella dei Mercanti di Calimala, della Lana e del Cambio. Oltre ai mercanti, qui erano particolarmente attivi anche i banchieri, tanto che nel 1421 vi si contavano ben 72 banche. La sede primitiva dell'Arte di Por Santa Maria si trovava nella via che, ancora oggi, ne porta il nome: intorno al 1313, qui fu affittata una bottega ed adornata con un tabernacolo che conteneva l'immagine della Vergine e di due Santi. Verso la fine del Trecento, fu acquistata la sede di via del Capaccio, ancora oggi riconoscibile per lo stemma dell'Arte posto sopra il portale.
(Antonella Gozzoli)
A pochi passi da quest'ultima si trova il palazzo dell'Arte della Lana, ricco di opere d'arte, tra cui un interessante affresco raffigurante alcune fasi della lavorazione della lana.
L'edificio, costruito alla fine del secolo XIIl dalla potentissima corporazione dell'Arte della Lana, che ne fece la propria sede a partire dal 1308, come testimonia una lapide murata, è formato da una casa-torre cui si addossa una costruzione più bassa. Dal suo interno, che conserva affreschi trecenteschi, si accede ad Orsanmichele attraverso un cavalcavia realizzato nel 1569 su progetto di Bernardo Buontalenti. Agli inizi del nostro secolo il palazzo subì notevoli interventi di restauro e divenne sede della Società Dantesca. Particolarmente interessante è l'affresco trecentesco che raffigura alcune fasi della lavorazione della lana (oggi si trova in un negozio di via Calimala).
L'Arte della Lana sviluppò un'industria fiorentissima: nel periodo di massimo splendore, con i suoi 300 laboratori che lavoravano oltre 100.000 pezze di tessuto l'anno, occupava un terzo della popolazione attiva di Firenze. La lana grezza veniva battuta e lavata; quindi veniva sciacquata in Arno e posta ad asciugare su graticci di vimini. Dopo essere stata asciugata e pettinata, i "cardatori" procedevano ad ammorbidirla: a questo punto la lana veniva tessuta dalle donne anche a domicilio. Le ultime operazioni erano quelle che riguardavano il delicato processo della tintura.
L'industria della lana era legata anche allo sfruttamento delle miniere di allume. Questo minerale consentiva di fissare il colore sulla stoffa, mediante un procedimento in cui i laboratori fiorentini eccellevano, ma di cui si è perduto il segreto. Genova, che aveva il monopolio della diffusione in Europa dell'allume, lo importò dall'Asia Minore fino a quando la conquista turca non costrinse a cercare altre fonti di approvvigionamento. Nel 1461 fu trovato un nuovo giacimento a Tolfa, situato ad una settantina di chilometri a nord-ovest di Roma: i Medici riuscirono ad assicurarsene lo sfruttamento, ma nel 1476 tale diritto fu acquisito dai loro rivali, i Pazzi.
(Antonella Gozzoli)
Altra interessante testimonianza dell'importanza di questa attività manifatturiera nella Firenze del Trecento è costituita dalla formella del vicino Campanile di Giotto raffigurante l'Arte della Tessitura, il cui originale, ad opera di Andrea Pisano, è attualmente conservato nel Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore.
L'Opera di Santa Maria del Fiore sorse con la fondazione della nuova Cattedrale nel 1296 e nel 1331 l'amministrazione passò all'Arte della Lana. Fin dalle origini l'Opera fu un'istituzione laica e indipendente, con l'incarico di curare il patrimonio della Cattedrale. Da allora provvede alla salvaguardia del complesso e, per convenzione con il Capitolo della Metropolitana Fiorentina, sopperisce alle spese per il culto. Nel 1777 un decreto granducale affidò all'Opera anche il Battistero e diversi altri fabbricati. Con il Concordato del 1929 l'Ente ha assunto lo status di Fabbriceria.
Nel 1891 fu istituito il Museo allo scopo di conservare i manufatti non collocati nella Cattedrale e i diversi oggetti residuati dal cantiere. Nel 2001 il Museo è stato ristrutturato e le collezioni riallestite. Tra i beni scientifici, di cui l'Opera ha responsabilità, figurano anche il medievale marmo solstiziale del Battistero, l'orologio meccanico, gli gnomoni della Cattedrale e vari materiali utilizzati per esperimenti sulla rotazione della Terra nell'Ottocento.
La collezione comprende diversi attrezzi di cantiere (argani, carrelli, canapi ecc.) e strumenti scientifici, databili a partire dal Medioevo, esposti nella sala del "Cantiere brunelleschiano" del Museo, insieme a modelli in legno della Cattedrale.
All'ultimo piano del Museo è collocata la sala didattica per non vedenti, che contiene riproduzioni di opere e modelli da percepire con il tatto.
(Carlo Triarico)
Prima di concludere l'itinerario con la visita ad uno degli opifici legati alla produzione laniera fiorentina, si suggerisce una sosta alla Fondazione Arte della Seta Lisio, nei cui locali sono conservati telai e tessuti antichi che si affiancano a moderni laboratori e ad una biblioteca specializzata. Vi si giunge uscendo dal centro di Firenze imboccando Lungarno del Tempio, traversando Ponte Giovanni da Verrazzano e proseguendo oltre viale Giannotti.
La Fondazione è stata istituita nel 1971 ad opera di Fidalma Lisio, figlia di Giuseppe Lisio, fondatore, nel 1907, di una delle più note manifatture di tessuti in seta lavorati a mano esistenti in Italia, con il compito di preservare le antiche tecniche di lavorazione.
La Fondazione conserva una collezione di telai e una di tessuti antichi e disegni tecnici. La collezione di telai comprende telai a mano del primo Novecento, in parte funzionanti, costruiti secondo la tipologia rinascimentale, con la sola integrazione di un sistema di schede forate di concezione ottocentesca per il cambio dei registri, che permette a un solo operatore di azionare la macchina. La collezione di tessuti antichi e disegni tecnici comprende circa 350 antichi tessuti in seta, databili prevalentemente tra i secoli XVII e XVIII, e i disegni tecnici della vecchia manifattura Lisio, utilizzati per la tessitura.
La didattica viene effettuata in un laboratorio informatico, utilizzato per la progettazione del disegno tessile, e in due laboratori dotati di telai a mano. Una parte dei telai manuali è stata adattata ad esigenze didattiche: la scuola della Fondazione dispone di sei telai Jacquard, uno per ogni diversa tipologia tessile: lampassi, damaschi, velluti, tessuti con doppi orditi.
La Fondazione è dotata anche di una biblioteca specializzata sulle tecniche e la storia dei tessuti. Conserva una piccola raccolta di fotografie del primo Novecento e un carteggio autografo con lettere di Gabriele D'Annunzio, Giuseppe Lisio e Giò Ponti.
(Carlo Triarico)
Da via Benedetto Fortini si rientra verso Firenze, si gira a destra su viale Europa e si prende la SP34 fino ad arrivare approssimativamente all'altezza dell'abitato delle Sieci. Qui si staglia la caratteristica sagoma delle Gualchiere di Remole, uno dei più importanti impianti industriali di epoca medievale della zona.
Nel Medioevo i mulini erano alla base del complesso sistema di produzione e, quindi, di commercio e di sviluppo economico. Nella città di Firenze, nei suoi dintorni e in altre città della Toscana se ne contavano molti. I piccoli mulini presenti nelle campagne macinavano grano, mentre i grandi impianti azionavano meccanismi in grado di tagliare alberi e pietre, frangere olive, fabbricare carta e lavorare il ferro battuto attraverso l'uso di magli.
Lungo il corso dell'Arno erano presenti complessi impianti produttivi composti da dieci o più mulini, da uno sbarramento o pescaia, realizzata nel letto del fiume per innalzare il livello delle acque, e da un canale, o gora, necessario a far giungere l'acqua ai mulini.
Numerose gualchiere erano ubicate, per esempio, a Rovezzano, Girone, Quintole e Remole. Le gualchiere – o mulini da follare – furono poste in uso per la prima volta in Inghilterra, nella metà del secolo XI. La loro meccanica si basava su un grosso cilindro orizzontale, mosso da una ruota ad acqua, sulla quale una fila di denti sfalsati imprimeva un movimento alternato ad una serie di aste incernierate, che in tal modo comprimevano i tessuti di lana all'interno di vasche, provvedendo anche ad un'azione di riscaldamento. La meccanizzazione del processo di gualcatura fu il segnale evidente del grande sviluppo raggiunto dalle manifatture nel Trecento.
Uno dei più rilevanti impianti di gualchiere, realizzato intorno alla metà del Trecento, è quello di Remole, situato lungo il corso dell'Arno, in corrispondenza dell'abitato delle Sieci. Le gualchiere di Remole costituiscono uno dei pochi esempi di opificio industriale di epoca tardo-medievale esistenti ancora oggi in Italia, documentando, al tempo stesso, lo sviluppo raggiunto dalla manifattura laniera fiorentina. L'intero complesso delle opere idrauliche è rimasto sostanzialmente inalterato.
Di proprietà delle famiglie Albizzi, Rucellai e Valori, nel 1541 l'edificio di Remole fu acquistato dall'Arte della Lana, che gestì l'attività delle gualchiere fino al 1728, quando, in seguito alla sua soppressione, gli impianti entrarono a far parte dei beni di Santa Maria del Fiore. In età napoleonica le gualchiere di Remole vennero prese in consegna dalla Camera di Commercio di Firenze, mentre attualmente sono di proprietà del Comune di Firenze, pur sorgendo nel territorio di Bagno a Ripoli.
(Anna Toscano)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 07/feb/2008