Prato
Emanuele Repetti definì Prato “città nobile, industriosa e bella”, cogliendone perfettamente i molteplici aspetti. Fiorente comune ghibellino sino al XIII secolo, passò poi nell’orbita fiorentina divenendo uno dei centri economici più importanti del Granducato. La secolare tradizione della lavorazione dei tessuti si sviluppò, già a partire dagli inizi del XVIII secolo, in una produzione a carattere industriale, ancora vitale ai nostri giorni.
[ A causa delle limitazioni di traffico in vigore nel centro storico si consiglia di percorrere a piedi le tappe dell'itinerario proposto ]
Ripercorrere la storia della lavorazione dei tessuti e della lana significa ripercorrere la storia stessa di Prato. Ecco perchè la visita al Museo del Tessuto costituisce una premessa irrinunciabile per il visitatore.
L'industria manifatturiera pratese vanta una tradizione che affonda le sue radici già all'inizio del secolo XII, periodo al quale risalgono le prime notizie sulla presenza di impianti per la lavorazione della lana. La floridezza economica del tessile culminò nel secolo XV. Dopo una battuta d'arresto dovuta al sacco di Prato del 1512 e alle rigide restrizioni dell'Arte della Lana, la manifattura ebbe un rilancio grazie agli efficienti provvedimenti legislativi dei Lorena. All'inizio del secolo XIX, le macchine tessili fabbricate nell'officina di Giovan Battista Mazzoni introducevano le tecniche più avanzate per l'epoca, portando l'industria pratese al passo con le maggiori produzioni europee. Nello stesso periodo fu istituita a Prato una scuola di matematiche elementari applicate alle arti, «scuola importantissima per cotesta città manifatturiera [che] - come ricorda Repetti nel suo Dizionario geografico fisico storico della Toscana - può dirsi la Manchester del Granducato e l'emporio manifatturiero della Toscana».
La grande tradizione manifatturiera pratese è oggi documentata dal Museo del Tessuto, unico in Italia per la ricchezza dei suoi materiali. Fondato nel 1975 a seguito della donazione di oltre 600 pezzi da parte dell'imprenditore e collezionista pratese Loriano Bertini, le collezioni furono poi ampliate grazie ad apporti pubblici e privati. Nel maggio 2003 il Museo è stato trasferito nella nuova sede dell'ex Cimatoria Campolmi, una fabbrica tessile del secolo XIX rimasta attiva fino al 1990 circa, acquistata e restaurata dall'Amministrazione Comunale di Prato.
Il Museo, che occupa una delle ali dell'ex complesso industriale, è stato completamente riallestito, proponendo un nuovo e più articolato percorso espositivo. La collezione storica comprende tessuti antichi (circa 5.000 reperti), dal III fino al XIX secolo, provenienti da diverse aree geografiche, sia europee che extraeuropee. La collezione contemporanea (circa 3.000 reperti) presenta tessuti e campionari dell'industria tessile pratese, che vanno dalla fine dell'Ottocento ad oggi. Infine, la collezione di strumenti per la tessitura (circa 100 reperti dal XVIII al XX secolo) comprende anche alcuni strumenti per la tessitura manuale, come filatoi, roccatrici e trespoli per la gramolatura della canapa. La raccolta è arricchita, inoltre, da dinamometri, fole di legno, forme da fez e una macchina stracciatrice del 1850 per il recupero di fibra tessile dagli stracci.
Il Museo è dotato di una Biblioteca che conserva pregiate e rare edizioni, oltre a ristampe anastatiche. L'istituzione pratese svolge un'intensa attività didattica e di ricerca, avvalendosi del laboratorio didattico destinato a scuole di ogni ordine e grado e ad attività formative per adulti.
La gestione dell'istituzione è affidata alla Fondazione Museo del Tessuto, i cui soci fondatori sono il Comune e la Provincia di Prato, l'Unione Industriale Pratese, la Camera di Commercio, Industria ed Artigianato di Prato e la Cariprato.
(Graziano Magrini)
Una breve passeggiata lungo via Pallacorda e viale Piave conduce al Castello dell’Imperatore, grandioso quanto singolare esempio di architettura militare federiciana nell’Italia centrale.
Eretto per volere di Federigo II di Svevia attorno alla metà del secolo XIII, il Castello dell'Imperatore, noto anche come Fortezza di Santa Barbara o Castello Svevo, costituisce un esempio unico nel suo genere in Italia centro-settentrionale. La rigorosa pianta geometrica dell'edificio e la tecnica costruttiva in blocchi di alberese accuratamente squadrati richiamano esempi dell'architettura militare sveva dell'Italia meridionale. A conferma di questo, le fonti ricordano che l'architetto, il siciliano Riccardo da Lentini, fece giungere dalla Puglia le maestranze necessarie all'edificazione del maniero. Il castello, concepito come sede del Vicario imperiale in Toscana non fu mai completato al suo interno. Alcuni capitelli scolpiti sul paramento interno delle mura sono l'unica testimonianza degli edifici che avrebbero dovuto essere eretti nel cortile quadrato del complesso. Da notare l'accurata disposizione delle feritoie concepite per garantire agli arcieri e ai balestrieri la possibilità di un tiro sia frontale che laterale. Unica concessione alle tradizioni architettoniche locali è il portale d'accesso, scandito da una bicromia di marmo verde e bianco, tipica del romanico toscano.
(Elena Fani)
Proseguendo su via Cairoli si perviene in breve al centro dell’antica vita politica della città, la piazza del Comune. L’invaso è dominato dal trecentesco Palazzo Pretorio dove ha sede il Museo Civico di Prato, il cui interesse scientifico consiste soprattutto nelle collezioni delle farmacie degli ospedali medievali pratesi.
Il Museo Civico, che dal 1912 ha sede nel medievale Palazzo Pretorio, costituisce la più antica istituzione culturale cittadina per storia e collezioni. Promosso dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena già nel 1788, con l'intento di creare una "scuola del gusto" per i futuri artisti, fu inaugurato nel 1858 nel vicino Palazzo Comunale.
Il Museo presenta alcuni grandi capolavori della stagione trecentesca, dipinti rinascimentali, opere del Seicento e Settecento, disegni ottocenteschi, opere plastiche dei della Robbia, sculture del pratese Lorenzo Bartolini e oggetti appartenenti alla produzione delle arti minori (ceramiche settecentesche, armi risorgimentali, costumi dei Gonfalonieri).
Nonostante il Museo abbia essenzialmente rilevanza storico-artistica, è di particolare interesse anche sotto il profilo storico-scientifico per la presenza della collezione appartenuta alla farmacia dello Spedale della Misericordia e Dolce.
Secondo alcuni storici, come il Pedrazzini e il Fracassini, la farmacia doveva esistere già a partire dal secolo XIII. Nel 1545 fu ricostruita con statuto di officina farmaceutica. Cessata l'attività verso la fine del secolo XIX, fu ricostruita nel 1933 in una sala trecentesca del Palazzo Pretorio di Prato, grazie all'opera del farmacista Tommaso Fracassini. L'arredo è costituito da un armadio in legno dipinto in azzurro con decori a rombi e profilature bianche. La collezione farmaceutica è composta da numerosi vasi in maiolica decorata, di varie forme, realizzati in parte dalla Manifattura Ginori di Doccia nel secolo XVIII. I vasi riportano i nomi dei più diffusi medicamenti. Fanno parte della collezione anche quattro scatole di legno dipinte con scritte di farmaci e dodici vetri.
Il Museo è temporaneamente chiuso per restauro, ma gli oggetti più significativi della collezione sono stati trasferiti presso il Chiostro di San Domenico (sede del Museo di Pittura Murale).
(Graziano Magrini)
Dalla piazza del Comune, attraversando via del Porcellatico, si arriva in via Ser Lapo Mazzei, dove si erge Palazzo Datini, indubbiamente uno di più interessanti esempi di dimora borghese trecentesca in Toscana. L’edificio ospita oggi l’Archivio di Stato che ingloba l’importantissimo archivio Datini, preziosa testimonianza dell’attività mercantile pratese fra il XIV e il XV secolo.
La Sezione dell'Archivio di Stato di Prato fu istituita nel 1957 ed è ospitata al primo piano di Palazzo Datini, acquistato e completamente ristrutturato negli ultimi decenni del secolo XIV da Francesco di Marco Datini. Conserva il ricchissimo "Archivio Datini", ora anche interamente digitalizzato e disponibile in rete, che comprende la corrispondenza mercantile e privata dal 1382 al 1410 del celebre mercante e banchiere pratese. Alcune lettere recano allegati campioni di stoffa di lana. Di particolare rilievo sono anche l'Archivio Storico Comunale e quello dell'Ospedale della Misericordia e Dolce di Prato. Gli archivi notarili e delle corporazioni religiose e il Diplomatico sono conservati nell'Archivio di Stato di Firenze.
Da segnalare, inoltre, alcuni documenti relativi all'Accademia degli Infecondi, fondata intorno al 1712 come accademia teatrale e letteraria. Agli inizi del secolo XIX l'accademia assunse una nuova fisionomia, che mantenne fino alla cessazione dell'attività, nel 1841, cercando di coniugare scienze e lettere. Si discusse allora di storia patria e di letteratura, ma anche di idraulica, di vaccinazioni, di insegnamento popolare della geometria e della meccanica applicata alle arti e ai mestieri, di industria e di economia pratese.
(Graziano Magrini)
Infine, proseguendo a diritto lungo via Tinaia si giunge nella piazza del Collegio, dominata dall’edificio che ospita il Convitto Nazionale Francesco Cicognini, dove si formarono illustri personaggi come Gabriele D’Annunzio.
Istituito come collegio gesuita nel 1692, avviò l'attività didattica nell'attuale sede inaugurata, nel 1715, sotto la direzione dell'architetto granducale Giovanni Battista Foggini. Dal 1773 al 1862, a causa della soppressione della Compagnia di Gesù decretata da papa Clemente XIV, il Collegio fu retto da sacerdoti secolari con il nome di Imperiale e Reale Collegio. Tra il 1799 e il 1812, durante l'occupazione francese, furono intrapresi interventi di riforma dell'istituzione. Nel 1859, dopo il Plebiscito che allontanò il Granduca Leopoldo II dalla Toscana, divenne proprietà dello Stato con il nome di Reale Collegio Convitto e fu inserito nell'ordinamento scolastico nazionale. Un Regio decreto del 1882 istituì il Regio Convitto Nazionale. Nel 1950 assunse la denominazione attuale in onore del canonico Francesco Cicognini, grazie al cui lascito la struttura era stata avviata.
Sulla facciata del Collegio si trova un quadrante circolare in vetro con 12 cifre romane in ferro a rilievo. Benché la torretta con le campane e il quadrante della facciata risalgano al 1740, l'attuale meccanismo risale alla prima metà del Novecento, come recita la targhetta sul telaio orizzontale: «Messo in opera dalla ditta Icaro Gironi – gennaio 1932».
Il Collegio possiede una collezione di circa settanta strumenti e modelli didattici per l'insegnamento della Fisica e delle Scienze naturali, per lo più risalenti alla metà del secolo XX. Collocati nei laboratori di fisica e scienze naturali, gli strumenti sono in gran parte ancora utilizzati per la didattica. La collezione scientifica storica appartenuta al Collegio, si trova oggi presso il Liceo Classico "Cicognini" di Prato.
(Carlo Triarico)
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Scheda a cura di Elena Fani
Data aggiornamento 09/ott/2008