di Leonardo da Vinci 1478*-2004**    
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Mark E. Rosheim (2001)
 
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Nella Lettura vinciana del 15 aprile 2000 (L’automa programmabile di Leonardo) pubblicata nel 2001, Mark Rosheim ha presentato una dettagliata ricostruzione, radicalmente diversa da quelle tradizionali, dei dispositivi che presiedono al funzionamento dell’”automobile” di Leonardo. Una sintetica anticipazione della sua nuova interpretazione era stata offerta da Rosheim nell’Appendice (Leonardo’s automobile) del suo saggio, Leonardo’s lost robot, del 1996 (pp. 109-10). Per Rosheim, il disegno del 812r (296va) del CA rappresenta un progetto di automa programmabile destinato a essere utilizzato come carrello semovente per destare sensazione in occasioni pubbliche speciali. Rosheim sottolinea come una di queste occasioni dovette verificarsi nel 1515 (cioè oltre 35 anni dopo aver schizzato il sopramenzionato disegno) quando Leonardo ideò, come riferisce Lomazzo, un leone meccanico che avanzava fino a disporsi davanti al re di Francia Francesco I, spalancando , in segno di omaggio, il petto “tutto ripieno di gigli e di diversi fiori”.
Rosheim ritiene che in alcuni disegni del Codice Atlantico vadano identificati i disegni costruttivi di alcuni particolari del carro; disegni in scala 1:1, che suggerirebbero, a suo avviso, le dimensioni reali del carrello, che risulterebbe dunque piuttosto piccolo: 50.8 cm x 50.8 cm, con ruote di 10.6 cm di diametro.
La nuova interpretazione di Rosheim dipende – come egli riconosce – dall’intuizione e dalle indicazioni ricevute da Carlo Pedretti. Rosheim ha escluso che le molle a balestra delineate nella veduta dall’alto del carrello nel f. 812r del CA abbiano funzione motrice. Il gruppo di destra ha per Rosheim il compito di governare lo sterzo, grazie al sistema di camme a forma di petalo, che si osserva nel disegno di Leonardo. Il gruppo di sinistra, viceversa, è dedicato alla regolazione della velocità del carrello. Sviluppando il suggerimento di Carlo Pedretti, Rosheim è convinto che la forza motrice doveva essere fornita da due grandi molle a spirale disposte al di sotto delle due grandi ruote dentate superficiali; i tamburi nei quali le molle a spirale dovevano essere contenute appaiono delineati debolmente nella parte superiore del carro. Le molle avrebbero sviluppato una forza non indifferente, “nell’ordine dei sottomultipli di un carrello vapore”, sufficiente cioè a far procedere il carrello per un buon tratto. Per evitare che le molle a spirale si scaricassero troppo rapidamente, Leonardo ha concepito un complesso sistema di regolazione, simile agli scappamenti “a foliot” impiegati in numerosi suoi disegni di orologi. La funzione di scappamento è garantita dalla interazione tra le ruote angolari a pioli e le molle a balestra: “Durante il funzionamento, le ruote dentate angolari girano in direzione delle proprie molle a balestra, con uno sfasamento di mezzo passo l’una rispetto all’altra … La propulsione del sistema è generata dalle due molle alloggiate nei tamburi e collegate direttamente alle due ruote più grandi, che comandano le ruote più piccole, a loro volta collegate agli alberi delle ruote dentate angolari“ (p. 22). Tali alberi comandano, tramite rocchetti cilindrici a pioli, le ruote del carro, facendolo avanzare. “La direzione e la velocità del carrello per automi sono regolate dalla serie di camme che si trovano sulla sommità degli ingranaggi a tamburo; la loro rotazione provoca infatti la rotazione di rulli di punteria a forbice. Questi rulli di punteria vengono mantenuti a contatto con le camme delle ruote di richiamo per mezzo di cavi incrociati”.
Sulla base della sua dettagliata ricostruzione del complesso dispositivo vinciano (corredata da immagini digitali statiche del dispositivo), Rosheim ha specificato il tipo di prestazioni del quale il carrello sarebbe stato capace: “Partendo da un punto iniziale, il carrello programmabile era quindi in grado di spostarsi in avanti, seguire un percorso programmato… Il suo programma era determinato dal numero, dalla forma e dalla collocazione delle camme sulla sommità dei due ingranaggi di maggiori dimensioni. Ciascuna camma rappresentava infatti un singolo messaggio di istruzione, o ‘riga di codice’” (p. 22-23).