Pur non producendo opere astronomiche importanti, i Padri della Chiesa, così come gran parte dei teologi della cristianità, erano perfettamente consapevoli che il grande stupore suscitato dallo spettacolo del cielo contribuiva a radicare sentimenti di profonda devozione nei confronti dell’Ente Supremo, autore di quell’opera magistrale: "Coeli enarrant gloriam Dei" fu infatti parola d’ordine universalmente diffusa nella cristianità. Inni solenni vennero elevati a Dio anche dai geniali inventori delle spettacolari macchine planetarie che riproducevano perfettamente il regolare moto degli astri. I rappresentanti più illustri delle arti, d’altra parte, offrirono un contributo importante alla battaglia per purgare i cieli dalla folla ingombrante delle divinità pagane, sostituendole con l’immagine di un Dio in trono, circondato dagli ordini angelici, che imprime con un cenno della mano il moto all’universo. Cosmologia e teologia procedettero strettamente affiancate in un’epoca che non registrò sensazionali avanzamenti delle conoscenze astronomiche, ma che contribuì a rafforzare la visione classica di un universo creato per l’uomo e a sua perfetta misura. Una visione che trovò espressione sia nella cosmologia mistica di Ildegarda di Bingen che nella Commedia di Dante.