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Preistoria dell'invenzione del telescopio

1.1 - La tradizione perspettiva

G. Parigi, Specchio ustorio di Archimede, inizio XVII sec. (Galleria degli Uffizi, Sala delle Matematiche, Firenze) Witelo, Peri Optikes ..., 1535: antiporta Ibn al_Haytham & Witelo, Opticae Thesaurus ..., 1572: antiporta

L’interesse principale dell’ottica antica era spiegare il fenomeno della percezione visiva. Euclide (IV sec. a.C.) si era limitato al problema della visione diretta, mentre Claudio Tolomeo (II sec. d.C.) aveva esteso i propri studi alla riflessione dei "raggi visuali" su una superficie speculare e alla loro rifrazione attraverso la superficie di separazione fra due mezzi trasparenti. I risultati ottenuti furono rielaborati dal matematico islamico Ibn al-Haytham (965-1039), il cui Kitab al-Manazir costituì nel Duecento il testo di riferimento della tradizione perspettiva dell’ottica.

Come gli antichi, anche i perspettivisti erano interessati soltanto alla percezione delle immagini attraverso specchi e sfere di vetro. Ciò non vuol dire che i problemi associati al comportamento della luce riflessa da uno specchio o rifratta da una sfera di vetro fossero ignorati. In particolare, lo studio degli specchi ustori ricevette un forte impulso nel Cinquecento, soprattutto per le prospettate applicazioni militari ispirate al nome di Archimede (287-212 a.C.). Questo studio era però sentito come indipendente da quello delle immagini percepite in uno specchio o in una sfera di vetro.

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