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Da Galileo a Newton

5.2 - La costruzione dei telescopi alla metà del XVII secolo

Pinze e forbici per tagliare dischi di vetro (C.A. Manzini, L'occhiale all'occhio, 1660) Tornio per preparare forme per molatura (C.A. Manzini, L'occhiale all'occhio, 1660) Tornio per molare e lucidare lenti (C.A. Manzini, L'occhiale all'occhio, 1660)

L’affermarsi del telescopio kepleriano richiese la definizione di raffinate tecniche per costruire le lenti e la creazione di una nuova figura professionale, quella dell’ottico specializzato, in grado di preparare ottimi strumenti su commissione. Fu in particolare a Roma che Eustachio Divini (1610-1685) e Giuseppe Campani (1635-1715) stabilirono le loro officine.

Come riferì Carlo Antonio Manzini (1600-1677) nell’Occhiale all’occhio (1660), la costruzione delle lenti per telescopi e microscopi passava ormai per varie fasi che esigevano utensili speciali e abile manodopera. La selezione dei vetri per le grandi lenti obbiettive, la fusione e lavorazione al tornio di speciali forme metalliche per la molatura, la selezione e l’applicazione dei materiali abrasivi e per la lucidatura costituivano spesso segreti professionali che si accompagnavano all’ideazione di soluzioni ottiche innovative. Tra queste vi fu lo speciale doppietto di lenti - detto "erettore" - che permise a Campani di raddrizzare in modo elegante le immagini capovolte del telescopio kepleriano. Egli, in particolare, non solo vendette telescopi in tutta Italia, ma divenne fornitore ufficiale dell’osservatorio di Parigi, diretto da Giovanni Domenico Cassini (1625-1712).

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