Cavalcata dei Magi, parete destra, Firenze.
Corteo dei Magi, parete di fondo, Firenze.
Corteo dei Magi, parete sinistra, Firenze.
Cappella dei Magi, Angeli in adorazione, Firenze.
Già nel 1442 Papa Martino V aveva concesso ai Medici il permesso di costruire una cappella privata; questo ambiente, dedicato alla Santissima Trinità, fu realizzato da Michelozzo di Bartolomeo tra il 1449 e il 1450 e fu concluso entro la primavera del 1459, al primo piano della residenza privata che in quegli anni aveva fatto costruire la famiglia Medici in via Larga (oggi via Cavour).
La cappella comprende una sala principale a pianta quadrata dalla quale si accede, attraverso un gradino, ad uno spazio più piccolo ma di eguale forma, la scarsella, con altare e due minute sagrestie ai lati; i due vani sono separati, l’uno dall’altro, da due paraste sormontate da capitelli di ordine corinzio. Questo luogo era in origine costituito da un vestibolo che correva lungo la parete d’ingresso, proprio di fronte all’altare, ma l’architettura subì pesanti rimaneggiamenti durante la ristrutturazione attuata nel Seicento dalla famiglia Riccardi che divenne proprietaria dell’edificio. Di questa trasformazione rimane evidente la sporgenza dell’angolo sud-ovest verso l’interno dell’ambiente (da dove si accede attualmente), che interrompe il razionale spazio quadrangolare.
Piero de' Medici incaricò Benozzo Gozzoli, che era rientrato nel 1459 da Roma, di decorare le pareti di questa cappella; i lavori cominciarono certamente dopo il mese di aprile, cioè dopo che Cosimo il Vecchio ospitò presso la nuova dimora papa Pio II Piccolomini, Galeazzo Maria Sforza e Sigismondo Malatesta. A quella data, come documentano le fonti contemporanee, erano visibili soltanto il pavimento di marmi intarsiati, il soffitto ligneo intagliato dorato e dipinto e la pala d’altare di Filippo Lippi raffigurante l’ Adorazione del Bambino. Quest’ultima fu sostituita con una copia eseguita dalla bottega dello stesso pittore, mentre l’originale è oggi conservato allo Staatliche Museen di Berlino.
Il programma iconografico degli affreschi fu suggerito dallo stesso Piero con la collaborazione dell’amico e confidente Roberto Martelli. Benozzo impostò il lavoro probabilmente all’inizio dell’estate e dovette procedere spedito, come si può evincere dalla corrispondenza tra il pittore e il prestigioso committente, dove si garantiva che il lavoro sarebbe stato portato a termine entro il Natale di quello stesso anno.
Il soggetto principale di questo ciclo è il Corteo dei Magi, che occupa le tre pareti della sala principale, al quale si affiancano, sopra le porte delle sagrestiole, gli affreschi con I pastori in attesa dell’annuncio. La piccola scarsella è decorata con gli Angeli adoranti ai lati delle pareti e i simboli dei quattro Evangelisti dietro l’altare (con le manomissioni successive questi sono stati ridotti a due, l’aquila di san Giovanni e l’angelo di san Matteo). Tuttavia la narrazione ha inizio fuori dalla stanza, precisamente sopra la porta attraverso cui dal piccolo vestibolo si accede alla cappella, dove è raffigurato l’Agnus Dei.
Il viaggio parte da Gerusalemme, che Benozzo ha forse dipinto riferendosi al Mugello, patria d’origine dei Medici, e si dispiega in direzione di Betlemme, in questo caso verso la tavola collocata all’interno della scarsella. I Magi, che occupano ognuno una parete del vano principale, sono rappresentati secondo la tradizione: Gasparre è il più giovane, in abito bianco, Baldassarre, con abito verde, è l’uomo dalla pelle scura in età matura, Melchiorre, in rosso, è il più anziano in testa al corteo. In questa nobile sfilata sono stati riconosciuti molti ritratti di personaggi illustri dell’epoca legati alla famiglia Medici e, in particolare, di coloro che avevano partecipato al Concilio tra la Chiesa greca e quella latina svoltosi a Firenze nel 1439. Perciò nella parete est dove compare Gasparre - forse un ritratto ideale dell’ancora giovanissimo Lorenzo il Magnifico - seguito dal padre Piero e dal nonno e pater patriae Cosimo, sono raffigurati Sigismondo Malatesta e Galeazzo Maria Sforza, signori rispettivamente di Rimini e di Milano. Dietro di loro un corteo di filosofi, tra i quali gli umanisti Marsilio Ficino e Cristoforo Landino, oltre allo stesso Benozzo che qui eternò il proprio ritratto, riconoscibile dal tipico berretto rosso.
Nella parete a sud Melchiorre che cavalca una mula bianca, secondo la tradizione iconografica dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme, raffigura Giuseppe II, patriarca di Costantinopoli; infine nella parete ad ovest, si può riconoscere, in Baldassarre, l'imperatore Giovanni VIII Paleologo di Bisanzio.
Nella straordinaria complessità delle scene si riconosce la raffinatezza della tecnica esecutiva di Benozzo: la pittura prevalentemente a buon fresco è integrata con alcuni dettagli eseguiti a secco che hanno consentito al pittore di lavorare con cura meticolosa i preziosi gioielli, i sontuosi tessuti, le bardature dei cavalli ma anche gli alberi carichi di frutta, i prati con fiori, il variopinto piumaggio degli uccelli, e le ali multicolori degli angeli. Per produrre tale effetto di magnificenza, l’artista utilizzò materiali rari e costosi, quali il lapislazzuli destinato ai fondali azzurri, le lacche lucenti e le foglie di oro puro che brillavano al buio, nella penombra delle candele.
In questa rappresentazione compare una caratteristica insolita dal punto di vista iconografico: il corteo non arriva alla mangiatoia. L'adorazione di Gesù Bambino è stata infatti riservata agli osservatori presenti in sala, i quali portano le loro preghiere di fronte all’altare dove è collocato il dipinto eseguito dalla bottega di Filippo Lippi. Il soggetto raffigurato è la Vergine col Bambino, Dio Padre e lo Spirito Santo, la concezione della Santissima Trinità, mistero centrale della fede e della vita cristiana. Al tempo della realizzazione di questi affreschi il pensiero della Chiesa d’Occidente in merito al dogma dello Spirito Santo era che questo emanasse dal Padre e dal Figlio; un concetto che contrastava con l'opinione detenuta dalla Chiesa d’Oriente (ortodossa), per cui lo Spirito Santo emanava solo da Dio Padre. Tale rappresentazione rifletteva il dibattito sui principi stabiliti durante il Concilio delle Chiese che si era svolto a Firenze nel 1439, dove era stato chiarito che “Lo Spirito Santo ha la sua essenza e il suo essere sussistente ad un tempo dal Padre e dal Figlio e [...] procede eternamente dall'uno e dall'altro come da un solo principio e per una sola spirazione [...]”.
Recenti studi hanno inoltre identificato nel corteo rappresentato da Benozzo un’intenzione propriamente umanistica del tempo, vale a dire quella di rappresentare il “passaggio a Occidente della tradizione bizantina in tutto il suo splendore culturale e artistico. E forse il carattere più esaltante è il vero e proprio ritratto di gruppo che segnala con chiarezza una precisa componente del Concilio: i platonici e i più potenti membri del clan filobizantino.” (S. Ronchey, L’Enigma di Piero, 2006).
Serena Nocentini