Strati presenti su una tavola antica. A: strato di preparazione - Gesso grosso; B: strato di preparazione - Gesso fine; C: strato di imprimitura.
Strati di gesso su una tavola antica. A: gesso grosso; B: gesso fine
La pittura a tempera su tavola era un mezzo pittorico privilegiato, già in uso nel Medioevo. Il supporto, preferibilmente in legno di pioppo, veniva preparato applicando vari strati di gesso attentamente levigati prima di essere ricoperti di colla.
I colori, pigmenti di origine organica e inorganica, erano 'temperati' con rosso o bianco d'uovo e applicati sopra la superficie finemente levigata attraverso piccoli tratti accuratamente stesi con il pennello. La superficie dipinta diventava così compatta ed elastica. Spesso, per conferire un effetto particolare alla pittura, l'artista 'lucidava' la superficie con sottili strati di pigmento trasparente che rifletteva la luce in proporzione al numero e alla densità degli strati. Questa operazione è chiamata 'velatura'. In ultimo il pittore stendeva una mano di vernice per dare compattezza al dipinto e per salvaguardarlo da agenti esterni. In alcuni casi, soprattutto nei dipinti devozionali, nella realizzazione di certi dettagli veniva impiegata la foglia d'oro con funzione simbolica e in seguito anche come ornamento. L'uso di questo materiale prezioso cadde in disuso a partire dalla metà del Quattrocento. La pittura a tempera fu utilizzata per la realizzazione di pale d'altare, piccole pitture devozionali destinate alle abitazioni private, ritratti, cassoni ed altri mobili ed ebbe il suo massimo rigoglio nei secoli XIV e XV, cedendo gradualmente in Italia, verso la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, a dipinti che utilizzavano come medium l'olio.
La pittura ad olio, dove il pigmento è tenuto in sospensione nell'olio piuttosto che nell'uovo, divenne per gradi il mezzo privilegiato degli artisti che operarono dalla fine del XV secolo, e come tale fu utilizzato da tutti i successivi pittori fino alla metà del XX secolo.
Sembra che questa nuova tecnica abbia avuto origine nelle Fiandre: nel XV secolo quadri molto apprezzati di maestri fiamminghi (Jan van Eick, Rogier van der Weyden, Hugo van der Goes) erano conosciuti, ammirati e collezionati anche in Italia. Già in precedenza, alcuni pittori italiani avevano sperimentato questa tecnica, ma in un primo momento non ne trovarono la giusta commistione.
Sebbene le tavole su legno fossero talvolta usate per la pittura ad olio, le tele, la cui trama poteva variare da una superficie a grana molto fine ad una più grossa e granulosa, divennero il supporto di gran lunga preferito. Anche gli olii utilizzati mutarono e quello maggiormente adoperato fu quasi certamente l'olio di semi di lino. Tra i vantaggi dell'olio rispetto alla tempera c'è il fatto che il primo asciuga molto più lentamente, e questo permetteva al pittore di poter effettuare modifiche e cambiamenti in corso d'opera. Per quanto concerne il supporto, l'uso della tela in sostituzione alle tavole in legno permise una più facile conservazione e fruizione dei dipinti, soprattutto quelli di grandi dimensioni, in quanto potevano essere arrotolati e spediti agevolmente.
In Italia, comunque, entrambe le tecniche, olio e tempera, furono utilizzate contemporaneamente; l'abbandono della tempera, infatti, non fu improvviso, anche se tuttavia l'olio, quando divenne il principale legante, rimase di fatto l'unico mezzo per i dipinti mobili, mentre l'affresco continuò ad essere utilizzato per le pitture a parete.
Serena Nocentini