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Ospizi marini in Toscana

Ospizi marini in Toscana

Solo agli inizi del XIX secolo si fece strada anche in Italia la consapevolezza dei benefici terapeutici offerti dal clima marino. Ai primi studi seguirono ben presto strutture appositamente concepite soprattutto per la degenza di fanciulli affetti da tubercolosi. Questi stabilimenti balneari, sorti inizialmente in Versilia, costituirono i prodromi di una catena di colonie marine edificate con sistematicità in epoca fascista.

Villa Paolina, sede dei Musei Civici, Viareggio.
Effetti benefici dell'acqua di mare

A partire dalla metà del Settecento gli effetti benefici della talassoterapia furono studiati da alcuni medici inglesi, che proposero i bagni e l’aria di mare a scopo terapeutico. Fra Settecento e Ottocento la grande nobiltà europea – da Giorgio III d’Inghilterra a Napoleone Bonaparte – avevano praticato immersioni in mare. Intorno al 1820 Paolina Bonaparte Borghese si era fatta costruire una villa di fronte al mare di Viareggio. Pochi anni dopo furono realizzati – fra i primi in Italia – due stabilimenti a pianta quadrata in legno, impiantati in mare su palafitte, formati da camerini, vani di servizio e scalette per scendere direttamente in acqua. Uno era destinato agli uomini e l’altro alle donne. Erano una sorta di isolotti per terapia marina che non avevano ancora guadagnato la posizione di luoghi di svago e di divertimento. Il 29 giugno del 1822 il governo granducale promulgò il primo documento ufficiale in Italia riguardante "coloro che si bagnano in mare all’aria aperta" dal titolo «Regolamento per il servizio e il buon ordine dei bagni di mare».

Ingresso di Palazzo Lucchesini, sede dell'Istituto di Istruzione Superiore "N. Machiavelli", Lucca.
La situazione italiana agli inizi dell'Ottocento

Agli inizi dell’Ottocento in Italia il pensiero comune disconosceva gli effetti benefici della talassoterapia. Renato Fucini nel racconto La strega narra di un medico della campagna pisana che aveva consigliato aria e acqua di mare per la cura di un bambino ammalato, ma fu considerato dai genitori un ciarlatano e gli fu preferito lo "stregone" del paese. Sotto il profilo scientifico, tuttavia, nel 1817 era stato tradotto e pubblicato a Pisa il Trattato sopra i bagni di mare dell’inglese Alexander Peter Buchan, il primo del genere ad apparire in Italia.

 

In questo contesto culturale e sociale si inseriva l’opera del medico lucchese Giuseppe Giannelli, professore di "Materia Medica" presso il Liceo Universitario di Lucca. Nel 1823, su consiglio di Giannelli, la Direzione degli Ospedali e Ospizi di Lucca aveva cominciato a sperimentare a Viareggio la "cura marina" per i bambini dell’orfanotrofio. Ma fu solo dieci anni dopo, nel 1833, che il medico lucchese pubblicò un lavoro sistematico sugli effetti dell’acqua di mare sul corpo umano, intitolato Manuale per i bagni di mare. L’opera segnò l’avvio di una stagione che, di lì a breve, avrebbe portato alla proliferazione di un’articolata letteratura scientifica. Dopo un breve cenno storico sull’uso dei bagni di mare, Giannelli analizzò la composizione dell’acqua marina, segnalandone i benefici effetti per la cura di alcune patologie (scrofolosi, rachitismo, reumatismo, epilessia, febbri intermittenti e malattie della pelle).

 

Comparò le sue ricerche con quelle riportate nelle principali pubblicazioni scientifiche. Rivolse particolare attenzione alla scrofola – una forma tubercolare extrapolmonare che si esteriorizzava con ascessi nelle zone del collo, delle ascelle e dell’inguine. Si trattava di una malattia molto diffusa, soprattutto fra i ragazzi, che colpiva il sistema linfatico con esiti spesso letali. Si contraeva specialmente in ambienti molto poveri ed era favorita dalla malnutrizione.

Giuseppe Giannelli, "Manuale per i bagni di mare", 1833. Frontespizio.
Un'immagine ottocentesca della scrofolosi

Giannelli si confrontò con la malattia non solo come medico, ma anche come marito, avendo assistito, impotente, alla morte della giovane moglie. Particolarmente significative, a questo proposito, sono le parole che egli utilizzò per descrivere lo stato, anche psicologico, della donna affetta da scrofolosi:

 

«La donna che porta dalla nascita una tale organica costituzione unisce per lo più alla bellezza molto spirito ed una squisita sensibilità: di guisa che divenuta quasi un’ombra in grazia di qualche affezione scrofolosa gravissima, è tuttavia interessante per carattere dolce e affettuoso, non che per la vivacità della immaginativa, e per una paziente e inalterabile rassegnazione. Per la qual cosa, trista e sommamente lacrimevole, è da stimare la condizione di quei che, o il dovere di professione, o i più sacri legami obbligano a prodigar le cure ad esseri cotanto amabili. E certo niuno più di me sel può sapere, più di me, che per tisi scrofolosa dovetti vedere la mia stessa sposa sul fior degli anni bere a lunghi sorsi la morte, senza poterla nemmeno ristorare da quelle pene compagne indivisibili di così inesorabile infermità » (G. Giannelli, Manuale per i bagni di mare, Lucca, Ducale Tipografia Bertini, 1833, pp. 87-88.).

Cortile interno dell'ex ospizio marino di Lucca (Palazzo Moretti), Viareggio.
Il primo ospizio marino di Viareggio

Nel 1842 fu istituito a Viareggio un ospizio marino, ubicato in via della Caserma, sotto la direzione dell’Ospedale di Lucca. Si trattava del primo istituto nato in Italia per la cura dei bambini affetti da tubercolosi extrapolmonare. I medici lucchesi Giuseppe Giannelli e Antonio Ghivizzani furono tra i promotori e i sostenitori dell’iniziativa. I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale non hanno lasciato traccia dell’edificio.

 

Nel 1872 la provincia di Lucca, constatata l’insufficienza dell’edificio di via della Caserma, decise la costruzione di un nuovo e più capiente edificio, intitolato a Umberto I. La struttura, ubicata tra il Palazzo delle Muse e la chiesa di San Paolino, poteva accogliere seicento bambini l’anno. Una lapide nell’ingresso del palazzo ricordava:

 

«PRIMO IN ITALIA

UN MODESTO OSPIZIO MARINO

APRI’ IN VIAREGGIO PE’ SUOI FIGLI

LA DIREZIONE DEI RR. SPEDALI DI LUCCA

PER DECRETO DELLA RAPPRESENTANZA PROVINCIALE

A SALUTARE BENEFIZIO

DEI FANCIULLI POVERI SCROFOLOSI

QUESTO SORGE DAI FONDAMENTI

L’ANNO 1874

COL MAGISTERO DELL’ING. ARCHITETTO COMM. P. POLI»

 

Nel 1911 fu creato anche l’ospizio permanente per ospitare i bambini più gravi. Per questo scopo fu utilizzata l’attuale caserma dei carabinieri, dove furono collocati circa settanta letti. Le strutture permanenti avevano solo funzione curativa, mentre le strutture temporanee avevano prevalentemente una funzione preventiva.

Palazzo delle Muse, sede dell'ex Ospizio Marino di Firenze, Viareggio.
L'ospizio marino di Firenze

Nel 1846, dopo solo quattro anni dall’istituzione dell’Ospizio Marino di Lucca, moriva a Viareggio Giuseppe Giannelli. Il seme che egli aveva gettato per la cura dei malati affetti da scrofolosi avrebbe trovato accoglienza nell’Accademia Medico-Fisica Fiorentina, soprattutto grazie al medico fiorentino Giuseppe Barellai.

 

Sofferente egli stesso di tubercolosi, Barellai costituì nel 1853 a Firenze, nel palazzo del Bigallo, un Comitato per la realizzazione di un centro di cura per i bambini affetti da scrofola. Per la raccolta dei fondi, furono coinvolti vari intellettuali. Viareggio fu scelta come località nella quale costruire l’istituto elioterapico.

 

Barellai profuse molte energie per favorire la creazione di tali strutture, pubblicando molti articoli e partecipando attivamente ai vari congressi che venivano organizzati nella penisola. L’attività benefica del medico fiorentino è ricordata da una lapide apposta dal Comune di Firenze sulla facciata della sua casa in via de’ Neri.

 

Il 14 ottobre 1861 fu posta la prima pietra dell’Ospizio di Firenze a Viareggio, in Piazza Mazzini. L’edificio, noto come Palazzo delle Muse, fu terminato nel 1869. È lo stesso Barellai che spiega il significato del nome: «Questa fabbrica si chiama scherzevolmente fra i confratelli il Palazzo delle Muse, perché il denaro che è stato speso per costruirla è stato specialmente ricavato dalla opera e dai doni dei coltivatori delle arti belle, come architetti, pittori, scultori, musicanti, poeti lirici, poeti drammatici, illustri prosatori» (G. Barellai, Gli Ospizi Marini d’Italia, Firenze, 1867).

 

Nel 1893 il Palazzo delle Muse fu ampliato raggiungendo una capienza di cinquecento posti letto. Dal 1912 la struttura, che fino ad allora era stata attiva soltanto nel periodo estivo, si trasformò, secondo l’originario progetto di Barellai, in colonia permanente.

Lapide sulla facciata della casa di Giuseppe Barellai, Firenze.
Gli "sciancati" e i "gobbini"

La fortuna crescente cui andava incontro Viareggio nei primi anni del Novecento fu causa di polemiche sull’uso dell’area di piazza Mazzini che, a seguito della crescente espansione urbanistica della cittadina, stava acquisendo una posizione centrale. La destinazione della piazza per strutture turistiche cominciava a far breccia fra qualche cinico speculatore privo del sentimento della solidarietà e del rispetto per la sofferenza. Una netta minoranza guardava con enorme fastidio l’iniziativa di Barellai e cominciò a qualificare i fanciulli degli ospizi come "sciancati" e "gobbini" che andavano a salarsi nel mare. Barellai raccolse lo scherno e definì "gobbinologia" la materia medica di cui si occupava e "gobbinologi" coloro che la studiavano e la proponevano come cura terapeutica.

 

Nel 1939, dopo oltre mezzo secolo di attività, l’Ospizio Marino di Firenze fu trasferito al Cinquale, presso Forte dei Marmi, dove fu costruita una grande e moderna struttura, intitolata a Giuseppe Barellai. Nel luglio del 1944, il nuovo edificio fu minato e raso al suolo dalle milizie tedesche. Fra le macerie fu rinvenuto il busto di Barellai, opera dello scultore fiorentino Giuseppe Zocchi, unico resto materiale dell’ospedale.

Paolo Mantegazza
Diffusione degli ospizi marini fra Otto e Novecento

Sulla scia dell’esempio del comitato fiorentino, nacquero negli anni Sessanta del secolo XIX altri comitati che promossero asili marini in Toscana, in Liguria e lungo le coste dell’Adriatico. Nel 1882 erano attivi in Italia ventuno ospizi marini, molti dei quali sollecitati da Barellai. Deve tuttavia essere ricordata anche l’attività dei medici Gaetano Pini a Milano, Moisè Raffaello Levi a Venezia e Giuseppe Berruti a Torino. Altro illustre sostenitore dell’utilità della talassoterapia e dell’elioterapia fu il medico e antropologo darwiniano Paolo Mantegazza. Egli abbinò al momento terapeutico-salutistico, il momento di liberazione e di piacere, invitando gli italiani a risparmiare per andare al mare "almeno una volta ogni due o tre anni". La scienza medica, dunque, favorì il primo turismo balneare.

 

L’origine tubercolare di molte manifestazioni di scrofolosi fu chiara con la scoperta del bacillo di Koch. Ciò comportò la distinzione fra rachitismo, tubercolosi e altre patologie, con la conseguente diversificazione delle colonie. Furono così creati, accanto agli ospizi marini, anche analoghe strutture montane e termali.

Veduta del basamento della Torre, Colonia Marina "Edoardo Agnelli" (Torre FIAT), Marina di Massa.
Le colonie per l'infanzia durante il fascismo

La storia degli ospizi marini imboccò la strada ideologica con il fascismo. Alla colonia estiva fu affidato il compito di contribuire alla salute fisica e morale degli italiani sotto il diretto controllo del Partito Nazionale Fascista e delle Federazioni dei Fasci locali. Il programma di inquadramento dei giovani balilla e delle piccole italiane prevedeva la scansione della giornata in momenti rigidamente definiti secondo un modello militaristico, con piccole variazioni da una colonia all’altra.

 

In breve tempo, in molte località marine e alpine italiane furono costruite, in qualche caso grazie ad alcune grandi industrie, delle cittadelle dell’infanzia. Durante gli anni Trenta furono realizzate ben oltre trecento colonie, molte delle quali erano dislocate lungo la costa marchigiano-romagnola. Imponenti edifici, tuttavia, furono costruiti anche lungo la costa tirrenica.

 

A Marina di Massa furono realizzate nel 1933 la Colonia Marina Edoardo Agnelli (ex Torre Balilla, poi nota come Torre Fiat) e, fra il 1936 e il 1938, la Colonia di Torino. Altri grandi complessi furono costruiti lungo il litorale fra Pisa e Livorno. Fra questi, si segnalano, a Calambrone le colonie marine Principi di Piemonte, Rosa Maltoni Mussolini, dei Fasci Italiani all’Estero, "Vittorio Emanuele II" e "Regina Elena".

 

Il forte indottrinamento fascista, impartito dalle signorine delle colonie, incideva drasticamente sulla formazione della personalità del bambino. Il regime cercava di coniugare l’assistenza pubblica, e dunque un aspetto proprio della scienza medica, con la possibilità di massificare l’educazione fascista con programmi di "riedificazione morale e civile". In questa prospettiva, l’aspetto scientifico che aveva animato i primi promotori degli ospizi marini scivolava gradualmente in secondo piano.

 

Agli inizi degli anni Quaranta, con l’entrata in guerra dell’Italia, molte colonie furono requisite e trasformate in ospedali militari.

Veduta dalla spiaggia del corpo centrale dell'edificio destinato al personale e all'amministrazione, Collegio del Calambrone, Calambrone, Pisa.
Le colonie marine nel secondo dopoguerra

Nel secondo dopoguerra, parallelamente alla destinazione di alcune strutture ad altri usi, si registrò un incremento dell’iniziativa privata. Nelle colonie delle grandi industrie, che mandavano i figli dei dipendenti al mare o in montagna per turni periodici, era stato abbandonato l’inquadramento ideologico dell’infanzia della vecchia e ormai invisa retorica fascista.

 

A Marina di Massa, alla metà degli anni Quaranta, fu realizzato anche il Soggiorno Marino Olivetti, destinato ai figli dei dipendenti della fabbrica di Adriano Olivetti, costruito su progetto degli architetti Annibale Fiocchi e Ottavio Cascio. E a Marina di Grosseto, alla fine degli anni Cinquanta, fu realizzata la Colonia Marina "Giuseppina Saragat".

 

A partire dagli anni Settanta iniziò il lento declino delle colonie marine. Permangono alcune strutture, ma molte hanno cambiato destinazione d’uso. La Colonia Torino di Marina di Massa, ad esempio, diventerà un ostello della gioventù, il Palazzo delle Muse di Viareggio è sede della Biblioteca Comunale, le grandi colonie di Calambrone sono destinate a strutture residenziali di carattere turistico.

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Scheda a cura Graziano Magrini

Data aggiornamento 11/gen/2008