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Primario matematico e filosofo del Granduca di Toscana (1610-1611)

ritratto di galileo

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  • Ritratto di Galileo Galilei (Villa Le Selve, Lastra a Signa).
  • Le osservazioni astronomiche di Galileo: dettaglio con la raffigurazione di Saturno. Affresco di Ezio Giovannozzi (Firenze, Dipartimento di astronomia e scienza dello spazio, Edificio Garbasso).
  • Ritratto di Christophorus Clavius. Copia dalla Collezione Gioviana (Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze).

La ricerca di una casa a Firenze che gli permettesse di continuare le osservazioni telescopiche testimonia come Galileo fosse ormai totalmente assorbito dagli studi astronomici. Nel 1610 ne elogiava una, dotata di «un terrazzo eminente et che scuopre il cielo da tutte le parti». In effetti una lettera gli verrà indirizzata poco dopo «in Porta Rossa, nella Torre di quei del Meglio», ma non ci sono altri riscontri al suo trasferimento in questo quartiere. Frequenti erano invece i suoi spostamenti in collina, che lo facilitavano nel suo lavoro e gli garantivano anche una cura maggiore della sua salute cagionevole, sempre afflitta dall'aria fiorentina, umida, pesante e mentalmente opprimente. «Gli pareva che la città in certo modo fosse la prigione delli ingegni speculativi - noterà il Viviani col senno del poi - e che la libertà della campagna fosse il libro della natura, sempre aperto a chi con gl'occhi dell'intelletto gustava di leggerlo e di studiarlo». Antonio de' Medici lo ospitò nella sua villa di Marignolle, così come l'amico Filippo Salviati gli mise spesso a disposizione la sua villa delle Selve, presso Lastra a Signa.

 

E, complici o meno le ville degli amici, i progressi di Galileo in astronomia furono molti in questo periodo. Continuando con le osservazioni dei satelliti di Giove, riuscì, con l'aiuto di strumenti come il giovilabio, a stabilirne con esattezza impressionante i periodi di rivoluzione dal punto di vista della Terra e intuì di dover correggere i calcoli delle loro posizioni tenendo conto dell'orbita terrestre intorno al Sole. A chi andava per mare si aprivano così nuovi orizzonti nella misurazione della longitudine e Galileo avrebbe tentato più volte di vendere il proprio ritrovato alle potenze marittime, prima alla Spagna, poi, più avanti negli anni, agli Stati Generali d'Olanda. Il «negozio delle longitudini» non avrebbe però dato buoni esiti e le complicate ed estenuanti trattative sarebbero ogni volta sfumate nel nulla.

 

Ma Galileo non si fossilizzò sulla sua nuova scoperta ed estese le sue osservazioni a Saturno e a Venere. Se la potenza del suo telescopio non fu sufficiente a fargli distinguere l'anello di Saturno, pianeta che Galileo ritenne prima costituito da tre parti distinte, poi da tre lobi uniti fra loro, gli permise comunque di capire non solo che i pianeti non brillano di luce propria, ma anche di dimostrare «sensatamente», osservandone le fasi, che «Venere necessariissimamente si muove intorno al Sole, come anco Mercurio», a riprova ulteriore della insostenibilità di un sistema geocentrico.

 

Perciò nella primavera del 1611 Galileo chiese e ottenne dal Granduca il permesso di recarsi a Roma per estendere di persona il proprio sapere agli scienziati gesuiti del Collegio Romano. Inizialmente convintisi che non si trattasse se non di illusioni ottiche, astronomi come Cristoforo Clavio e Odo van Maelcote arrivarono non solo a riconoscere interamente l'attendibilità delle osservazioni telescopiche galileiane, ma addirittura a complimentarsene con l'autore, pur astenendosi sempre dalla benché minima considerazione sulle implicazioni che ne scaturivano in campo filosofico, riguardo alla struttura dell'universo, mettendo in pratica - loro sì - i consigli dati a Galileo dall'amico padovano Paolo Gualdo, che lo avvertiva, quasi presago di quello che sarebbe accaduto di lì a poco, di come «molte cose si possano dire per modo di disputa, che non è bene asseverarle per vere, massime quando s'ha l'opinione universale di tutti contra, imbibita, si può dire, ab orbe condito». Galileo fu ricevuto da papa Paolo V, che in segno di stima non gli permise di inginocchiarsi di fronte a lui; fu accolto con tutti gli onori nell'Accademia dei Lincei, il cui fondatore, Federico Cesi, era stato sedotto da quella «Luna montuosa, cavernosa, sinuosa, aquosa», da quella «Venere cornuta», dal «triplice suo Saturno»; e, visto il successo, si convinse di aver portato tutti dalla sua parte, salvo gli irremovibili Peripatetici, «più parziali di Aristotele che egli medesimo non sarebbe». Ma sotto la cenere covava il fuoco: all'interno dell'ordine dei Gesuiti si accesero i primi malumori e il Sant'Uffizio ordinò che si prendessero informazioni su di lui e sulla sua imprudente frequentazione padovana con l'ormai plurinquisito Cesare Cremonini.

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Scheda a cura di Sara Bonechi

Data aggiornamento 16/gen/2008