Il XIX secolo si aprì con la scoperta da parte di Alessandro Volta della pila elettrica, primo generatore capace di fornire una corrente elettrica di lunga durata. L'invenzione voltiana rese possibile una serie di osservazioni di eccezionale importanza fra le quali quella di Hans Christian Oersted relativa all'azione reciproca fra correnti elettriche e magneti o le scoperte di Michael Faraday e di Joseph Henry relative alle correnti indotte, mentre François Arago propose un'elaborata teoria matematica dei fenomeni elettromagnetici. Grazie a questi lavori la strumentazione elettrica per la ricerca, per lo studio e per la didattica si sviluppò e diversificò in maniera notevolissima. Nella prima metà del secolo, si ebbero le prime applicazioni pratiche delle correnti elettriche soprattutto nel campo dell'elettrochimica (come la galvanoplastica) e della telegrafia, mentre per l'illuminazione elettrica e per la trasformazione su scala industriale di energia elettrica in energia meccanica e viceversa sarà necessario attendere gli ultimi decenni dell'Ottocento. Nel 1867 James Maxwell, con un geniale lavoro di sintesi, definì le equazioni che permisero di spiegare i fenomeni dell'elettromagnetismo classico nella loro complessità. Una ventina d'anni dopo, Heinrich Hertz dimostrò sperimentalmente l'esistenza delle onde elettromagnetiche, che, previste dalle equazioni maxwelliane, verranno utilizzate, a partire dalla fine del secolo, per realizzare la telegrafia senza fili. Sul finire del secolo, lo studio delle scariche dei gas portò alla scoperta dei raggi X e dell'elettrone, che apriranno nuovi orizzonti alla fisica del Novecento.
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