di Leonardo da Vinci 1478*-2004**    
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Arturo Uccelli (1936)
 
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Facendo riferimento ai risultati dello studio del Semenza, Arturo Uccelli intervenne per la prima volta sul tema dell’”automobile” di Leonardo con una breve nota pubblicata su “La lettura” del marzo 1936 (L’automobile a molla e Leonardo da Vinci). Lo spunto per la nota era offerto da un articolo pubblicato il 5 gennaio 1936 sul “Corriere della Sera” dal Prof. Filippo Tajani - 729 Kb - (firmato con lo pseudonimo di Metron), il quale vi riferiva del progetto giapponese di produzione su larga scala di automobili a molla.
Uccelli colse l’occasione per rivendicare la priorità dell’idea vinciana sui tentativi giapponesi. La nota dell’Uccelli fu riproposta nello stesso anno in Francia da “Lu” (L’automobile à ressort de Leonard de Vinci); l’anno successivo Jean Teck ne riferì i contenuti sul numero di aprile della “Revue scientifique”. Successivamente alla pubblicazione su “La lettura”, Uccelli ricevé diverse lettere da parte dell’Ing. Mario Bonavia, assistente del Politecnico di Zurigo. Sulla base di precisi computi, pubblicati nel saggio di Uccelli del 1936 (Leonardo e l’automobile), il Bonavia mostrò che il progetto di automobile a molla costituiva “una folle speranza” e che “bisogna relegare il problema dell’automobile a molla nel mondo dei giocattoli da cui esso è pervenuto” (pp. 197-9).
In un successivo saggio su Leonardo e l’automobile (1939), Uccelli, prendeva spunto dalla recente pubblicazione nella quale Jotti da Badia Polesine aveva avanzato un’interpretazione del disegno vinciano del f. 812r (296va) del Codice Atlantico diversa da quella del Semenza. L’attenzione dell’Uccelli si concentrava sulla funzione delle per Semenza misteriose piccole ruote angolari a pioli nella parte inferiore del veicolo schizzato da Leonardo nel f. 812r del CA.
Riprendendo l’intuizione del Semenza che si trattasse di un dispositivo di scappamento, e prendendo le distanze dall’ipotesi dello Jotti, Uccelli proponeva una nuova interpretazione del loro funzionamento. Ipotizzava, anzitutto che, invisibile sotto i pioli delle rotelline, si trovasse una corona dentata coassiale che ingranava le grandi ruote dentate b (v. fig.), spiegando così il meccanismo di rotazione delle ruote angolari (azionate dalle ruote dentate centrali, a loro volta operate dalle molle motrici a balestra a). In conseguenza della rotazione delle rotelline, i pioli operavano in successione sulle molle secondarie c, tendendole. Quando ognuno dei pioli lasciava la molla secondaria, essa scattava, tendendo a raddrizzarsi. Di conseguenza, il suo manicotto d andava a sbattere contro l’estremità della leva e. Quest’ultima tendeva la molla principale a tramite la corda che la collegava ad essa. In tal modo, secondo l’Uccelli, le rotelle angolari cedevano alle molle principali l’energia di quelle secondarie, che altrimenti sarebbe andata perduta. Come egli stesso concludeva, “la trasmissione dell’energia dalla molla principale alle ruote del carro viene ad essere moderata, e per così dire imbrigliata, dal fatto che una parte di essa ritorna a mezzo dei cavicchi e delle molle secondarie alle molle principali”.