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I filosofi e il cosmo

Con Anassimandro (V secolo a.C.) la Terra, immaginata come una colonna cilindrica abitata sulla faccia superiore, è per la prima volta dichiarata equidistante da tutti i punti della volta celeste, sospesa e priva di supporto. Essa è immobile al centro dell’universo, stazionaria nell’eterna rotazione dei cieli. A Pitagora e alla sua cerchia dobbiamo la nozione della sfericità della Terra, ormai acquisita all’epoca di Platone. Già nell’antichità, inoltre, veniva attribuita ad alcuni pitagorici l’intuizione della rotazione della Terra sul proprio asse, spiegando in tal modo il movimento quotidiano degli astri. Governato da precise relazioni matematiche, si compie tra celesti armonie il moto del firmamento e dei pianeti. Nel IV secolo a.C. Eraclide Pontico, discepolo di Platone, elaborò l’ardita ipotesi dei moti di Mercurio e Venere intorno al Sole, che seguitava tuttavia a orbitare attorno alla Terra.

Aristotele e i quattro elementi
Allievo di Platone, Aristotele riteneva che gli elementi fondamentali di cui è costituita la materia - terra, acqua, fuoco e aria - fossero dotati di un movimento rettilineo verso il basso o verso l’alto a seconda della maggiore o minore pesantezza. Ai corpi celesti, costituiti invece da una quinta essenza, l’etere, attribuiva il moto circolare uniforme.
La teoria dei quattro elementi esercitò a lungo forte influenza sulla cultura occidentale e araba. Venne riecheggiata frequentemente in numerose opere d’arte fino all’inizio dell’Età Moderna, come mostrano i due dipinti di Brueghel il Giovane.