A partire dalla seconda metà del Seicento la disponibilità di dati osservativi sempre più precisi forniti dagli osservatori consentì di realizzare rappresentazioni del cielo caratterizzate da una definizione e da un livello di esattezza che non avevano precedenti. Il catalogo stellare compilato da John Flamsteed all’osservatorio di Greenwich portò a ben 3300 il numero delle stelle classificate, raddoppiando così il pur cospicuo numero di stelle catalogate da Hevelius 35 anni prima. Questa massa di nuovi dati diede impulso alla produzione di atlanti e globi sempre più aggiornati e ricchi di informazioni; un’attività nella quale raggiunsero livelli di eccellenza lo stesso Flamsteed in Inghilterra, Vincenzo Coronelli in Italia (autore di globi celesti e terrestri straordinari) e John Gabriel Doppelmayr in Germania. Al genere estremamente fortunato della cartografia celeste contribuì anche Erhard Weigel, che propose una carta del cielo nella quale sostituì le figure delle costellazioni tradizionali con gli stemmi delle principali case regnanti d’Europa.