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San Gimignano

Crocifissione con la Vergine, san Giovanni Evangelista, san Girolamo penitente, angeli ploranti e due profeti, Santa Maria Assunta a Barbiano, San Gimignano.

Crocifissione con la Vergine, san Giovanni Evangelista, san Girolamo penitente, angeli ploranti e due profeti, Santa Maria Assunta a Barbiano, San Gimignano.

Madonna dell’umilità tra i santi Andrea e Prospero, Museo Civico, San Gimignano.

Madonna dell’umilità tra i santi Andrea e Prospero, Museo Civico, San Gimignano.

Il primo soggiorno di Benozzo in Valdelsa risale al 1463, anno in cui fra’ Domenico Strambi commissionò al pittore un ciclo di affreschi per la cappella maggiore della chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano. Lo Strambi, teologo ed erudito laureato alla Sorbona, si era promosso riformatore di un severo rigorismo teologico dell’Ordine agostiniano ed aveva affidato a questa impresa pittorica il compito di rafforzarne lo spirito di osservanza attraverso l’esaltazione della figura di Sant’Agostino, maestro e studioso, nonché propugnatore della fede, che aveva saputo conciliare il Cristianesimo con gli studi classici.

In concomitanza di questo rilevante lavoro, Benozzo si trasferì a San Gimignano dove rimase fin verso la fine del 1467 facendo fronte ad una serie di nuovi impegni, tra i quali gli affreschi commissionati dai sangimignanesi a seguito dell’epidemia di peste che proprio in quegli anni colpì la città. I priori del Comune commissionarono inoltre all’artista il restauro della Maestà, opera eseguita nel 1317 da Lippo Memmi nel salone consiliare di Palazzo Pubblico.

I lavori eseguiti durante questo periodo furono per lo più realizzati ad affresco - tecnica che gli valse la fama di "ottimo maestro in muro" -, ma anche su tavola, e fortunatamente sono ancora oggi per la maggior parte conservati.

Presso Barbiano, una frazione di San Gimignano, Benozzo eseguì un affresco raffigurante la Crocifissione con la Vergine, san Giovanni Evangelista, san Girolamo penitente, angeli ploranti e due profeti nella chiesa di Santa Maria Assunta, appartenente all’antico monastero dei benedettini olivetani; con la consueta maestria compositiva riuscì a simulare una sorta di apertura sulla parete ambientando la scena in un paesaggio reale dove in lontananza si scorgono le torri di San Gimignano. Il livello esecutivo di alcuni dettagli ha indotto la critica ad ipotizzare una collaborazione della bottega.

E’ assodato che per la realizzazione di questa abbondante produzione di opere Benozzo si avvalse, secondo la normale consuetudine delle botteghe d’arte, di alcuni collaboratori. Tra questi si ricordano: Giusto d’Andrea, pittore fiorentino già autonomo che, come egli stesso racconta nelle autografe Ricordanze, aveva scelto di rimanere con Benozzo per perfezionarsi "nell’arte e nella virtù" della pittura murale; Giovanni da Mugello, nipote di Beato Angelico, anch’egli già attivo a San Gimignano e ricordato da Benozzo stesso in una lettera di ringraziamento a Lorenzo de’ Medici per aver intercesso a suo favore in una difficoltà giudiziaria; e infine, con tutta probabilità, anche se non testimoniato dalle fonti scritte, Pier Francesco Fiorentino, un prete pittore che in seguito lavorò assiduamente in Valdelsa come testimoniano molte sue opere, in parte datate e firmate, su tavola e a fresco. Fu quindi la presenza di questi collaboratori che, pur determinando una caduta di qualità soprattutto nelle opere minori e nelle parti secondarie di quelle maggiori, permise la realizzazione in un arco di tempo relativamente modesto di numerose opere di grande prestigio che andarono a distribuirsi capillarmente in questo territorio.